sabato 29 gennaio 2011

Programmata Coincidenza (seconda parte)

Tutti le vogliono un gran bene compreso suo marito Gilles che è francese e giornalista, e ormai vive da tanti anni negli Sati Uniti.
La gattina, che si sente nominare così spesso, si stiracchia e si mette davanti a me sul tavolo guardandomi fissa negli occhi, sbattendoli piano piano. La giovane signora che si chiama Akaia mi indica il computer portatile sul tavolo e dice: "Questo pomeriggio ho dovuto finire un lavoro da consulente. I miei bambini dopo scuola me li ha tenuti un'amica, è ora che li vada a prendere, vorrei tanto che lei li conoscesse. Non ci impiegherò molto, e dato che lei e Pussycat ve la intendete a meraviglia posso chiederle di restare finchè torniamo?" Io annuisco, sì, rimango con piacere. E poi c'è questa gattina con cui sento un legame. Akaia mi porta un'altra bibita e se ne va. Com'è bello che nella lingua inglese non ci sia l'imbarazzo del tu o del lei.
Bevo e mi guardo intorno, è un'oasi quest'angolino del mondo. Le mie mani carezzano la liscia pelliccia di Pussycat. Il suo freddo e umido nasino mi pianta di nuovo un bacio sulla guancia. Riprende a guardarmi con insistenza negli occhi. Quante volte ho desiderato conoscere l'opinione degli animali sugli uomini, comunicando attraverso la lingua del pensiero. E adesso, in questo momento, succede che questo sogno si realizza. Guardandoci negli occhi ci parliamo con i pensieri che viaggiano molto più veloci della lingua parlata. Mi dice la micia: "Non è una coincidenza il nostro incontro di questo pomeriggio, sentivo che saresti passata di qui e così mi sono messa ad aspettarti sul muretto. Una volta io ero Poesjemauw e stavo con voi in Italia, ero felice, facevo parte della vostra famiglia, sarei rimasta con voi per sempre, ma dieci anni fa sono passata dalla vita terrena alla vita dopo la vita e voi mi avete sepolta sulla collina di Monte Mario, la vostra preferita. Il distacco da voi è stato forte. Sono arrivata nel paradiso dei gatti dove, a dire il vero, non stavo male, fluttuavo beata. Ma il pensiero tornava spesso a voi e la nostalgia mi assaliva. Mi sono messa nel reparto che è un specie di sala d'aspetto. Se mi si fosse presentata l'occasione di tornare sulla terra in una famiglia che somigliasse alla vostra, l'avrei presa a quattro zampette. L'aspettare non mi pesava, in paradiso non c'è cognizione del tempo. Ad un certo punto mi si presentò una famiglia dove avrei trovato le stesse qualità della vostra: padre, madre due maschietti e una femminuccia. Addirittura i suoni dei loro nomi assomigliavano a quelli dei vostri. Questo lo noterai dopo, quando incontrerai i bambini, i nomi dei genitori li sai già. Mi sono catapultata sulla terra senza indugi e adesso sono felice come quando ero con voi. Oggi ho intuito che ti avrei vista ancora una volta e ti volevo rendere partecipe del mio destino fortunato. Akaia, Gilles ed i bambini sono amabili."
Sono emozionata fin quasi alle lacrime da questa storia di Poesjemauw/Pussycat. Rievochiamo tanti eventi degli anni passati insieme finchè un allegro vociare ci sveglia dall'incantesimo. I bambini di Akaia sono bellissimi, la loro carnagione è più chiara di quella della loro mamma. Mi salutano educatamente, ma salutano con più calore Pussycat. Damien, il più grande, carezzandola dice: "How was your day, Pussycat?". Jon le da un bacio sulla fronte come faceva Jan da bambino. La piccola Sybil Anne, dai capelli crespi raccolti in tante codine chiuse con delle perline colorate e con gli occhi insolitamente azzurri, non finisce più di coccolarla. Akaia ed io li osserviamo con tenerezza. Le do tanti complimenti per i suoi adorabili bambini. E' ora di salutarci, ci ripromettiamo di vederci ancora. Pussycat ed io ci scambiamo una complice occhiata. Questa gattina, scegliendo un'altra sua breve esistenza, ha trovato il paradiso in terra.
Akaia mi accompagna fino al cancelletto. Dice: " E pensare che la nostra conoscenza è cominciata con quel sacchetto di piselli secchi. Sai, siamo vegetariani e mangiamo molti legumi."
So che è il caso, almeno oggi, di non usare la parola "coincidenza". Con passo leggero torno a casa, non vedo l'ora di raccontare a Jan di Pussycat e della mia nuova amicizia.

Programmata coincidenza (prima parte)



Questo racconto l'ho scritto a New York, a maggio del 2004. Andavo spesso in giro da sola mentre Jan era al lavoro. Poi è venuta anche Sigrid a stare con noi per due settimane ed era bellissimo, lei ed io insieme a fare le turiste. Un giorno ho cominciato a scrivere questo racconto ed ero tanto presa a mettere ordine nel groviglio di idee che capitombolavano nella mia testa che la mia mente viveva momenti di ubiquità: godeva dello stare insieme ai miei figli, partecipava ai loro discorsi e nello stesso tempo era fissata nel costruire il seguito della narrazione. A volte mi sentivo uno zombie. Camminavo, prendevo la metro, parlavo con loro.
Vivendo contemporaneamente un'altra vita. Avevo con me carta e penna e ogni tanto mi fermavo ad annotare. Quando ho finito il racconto ero di nuovo presente al 100%.
Anche Pino aveva sempre carta e penna a portata di mano; succedeva spesso che di notte accendesse la luce vicino al letto per fissare un'idea per il libro che stava scrivendo. Ho un pensiero corrente: "Peccato che non abbia potuto far leggere a Pino i miei racconti, chissà che ne avrebbe detto, gli sarebbero piaciuti?"
Ecco il mio racconto newyorchese.

Programmata Coincidenza

Esco dalla metropolitana alla 125a Strada, seguo la  folla che sale le scale e mi ritrovo per strada, le mie gambe provate da più di cinque ore passate a girovagare per il centro della città non hanno ancora voglia di fermarsi. E' ancora presto, il clima è frizzante e dato che Jan torna tardi dal lavoro stasero decido di seguire un'altra rotta per tornare a casa. Non mi stanco di guardare l'architettura dei palazzi, osservo tutti i particolari. Anche la gente, che in questa parte della città  è prevalentemente afro-americana, cattura la mia attenzione. Arrivata al bel parco Morningside, verdissimo e curato, prendo una traversa. Anche qui le costruzioni sono di color marrone come nella strada che vediamo dalle finestre di casa di Jan. Delle scale marroni con le ringhiere nere portano all'entrata. A volte le finestre sono tondeggianti. Begli alberi rallegrano i larghi marciapiedi. Sulle scale, seduta sui gradini, la gente chiacchiera godendosi il fresco.
Ad un tratto mi fermo. Rimango di stucco. Che mi venga un accidente! A New York ho visto tanti cani, ma là sul muretto c'è il primo gatto che vedo in questa città ed è la fotocopia della nostra gattina, morta una decina di anni fa a Roma. Mi avvicino emozionata, sì è proprio lei, le macchie bianche e nere sparse sulla pelliccia allo stesso modo. Di gatti bianchi e neri ne ho visti a bizzeffe, ma mai uno identico tale e quale a Poesjemauw. I nostri occhi si fissano, lei li sbatte dolcemente in segno di saluto, si alza e la sua testolina cerca le mie mani per essere accarezzata. Non ne ha mai abbastanza. Ascolta le mie parole in italiano e in olandese come ero solita rivolgermi a Poesjemauw. Mette le zampette contro il mio petto e preme un attimo il suo naso freddo e umido contro la mia guancia, io le do un bacetto sulla fronte. Una voce ci sveglia dal duetto affettuoso: "Vedo che avete fatto amicizia."
Dallo stretto sentiero che conduce dal giardino dietro la casa alla strada viene una giovane signora. Ci sorridiamo e ci salutiamo con sorpresa perchè ci conosciamo di vista. La prima volta ci incontrammo al supermercato del vicinato, le nostre mani si allungavano contemporaneamente a prendere da uno scaffale in basso un sacchetto con dei piselli gialli secchi e ci venne da ridere. Da quel giorno ci salutiamo quando ci incontriamo. Non sapevo che abitasse qui. Mi dice: "Pussycat non viene mai a sedersi qui sul lato della strada, sta sempre in casa o nel giardino e non da mai molta confidenza alle persone che non conosce." Le voglio parlare della somiglianza con la gattina che avevamo anni fa a Roma. Lei con un grande sorriso sulla sua bellissima faccia color ebano, dove spiccano due grandi occhi egiziani, mi invita a raccontarle questa storia  nel suo giardino, per stare più comode. Apre il cancelletto e la seguo. Pussycat salta dal muretto e ci viene dietro. Grande è la mia sorpresa nello scoprire la parte del giardino non visibile dalla strada. Non è un giardino di grandi dimensioni, ma è un salotto accogliente. Nell'angolo c'è un delicato ginkgo biloba, un albero per cui ho un debole per via delle foglie dalla forma particolare; c'è un rododendro in piena fioritura e anche un'ortensia che mostra con orgoglio i suoi fiori bianchi. E poi sotto la finestra c'è una piccola aiuola di tulipani bianchi e rosa. Esprimo la mia meraviglia: non mi aspettavo un tale giardino nel retro. Si vede che a lei fanno piacere le mie parole di apprezzamento. Mi prega di sedermi su una delle sedie accostate al tavolo che sta vicino al basso muro che fa da divisorio fra una casa e l'altra. Pussycat, che mi sta girando intorno con grande impazienza, salta immediatamente sulle mie ginocchia, mi guarda in faccia e sotto le mie mani carezzevoli fa le fusa e si arrotola. La signora sorridendo guarda compiaciuta. Dice con la sua voce pacata ed elegante, come sono anche i suoi modi e la sua figura: "Vedo che Pussycat si sente a suo agio con lei." Si assenta un attimo salendo i pochi scalini che portano in casa e torna con delle bibite. Adesso le racconto di Poesjemauw e di tutti gli anni che è stata con noi. Lei a sua volta dice di come tre anni fa ha scelto Pussycat in mezzo ad una nidiata di gattini, o meglio di come i suoi figli hanno scelto questa gattina bianca e nera. Specifica che la mamma di Pussycat era una gatta proveniente dall'Europa.

giovedì 27 gennaio 2011

Central Park d'inverno








Qualche giorno fa Jan mi ha mandato una bella foto del Central Park Reservoir (serbatoio) ghiacciato.
Scrive che quel giorno, era domenica, alle otto del mattino la temperatura era di -14° Celcius. Più tardi, nel primo pomeriggio, lui e Jennifer hanno fatto una bellisima passeggiata nel Central Park. Nonostante un sole abbagliante non c'era quasi anima viva. Ed è una cosa fuori del comune camminare per i sentieri di quel parco nel silenzio assoluto. Vuol dire che la gente non aveva il coraggio di affrontare quel freddo forte. Poi hanno scattato questa foto. E la voglio mettere sul mio blog  perchè Central Park così non l'ho mai visto, ci sono stata a settembre/ottobre e una volta anche a maggio. Mi ricordo che quel maggio, era il 2004, è venuta anche Sigrid a stare due settimane con noi e mentre Jan lavorava noi facevamo le turiste e capitava che i nostri panini li mangiavamo nel Central Park sedute nell'erba vicino al lago, guardando le oche canadesi, gli scoiattoli e la gente che passava. Giorni felici. Per quelle vacanze io avevo interrotto il mio corso di Scrittura Creativa, ma camminando per le strade di Harlem mi è venuta l'ispirazione. Quel racconto lo scriverò nel prossimo paragrafo. Mi sono ricordata di quel racconto quando ieri, facendo visita a Barbara e Silvano, ho visto nel loro giardino il gattino bianco e nero (come Poesjemauw), loro ospite fisso, che si affacciava alla porta-finestra per reclamare la sua cena.
Con questa foto invernale nella mente ho fatto una ricerca e vedo che nel Central Park ci sono numerosi laghetti. Con questa prosopagnosia che mi ritrovo, non me ne ero mai accorta. Pensavo che ci fosse ùn lago e basta. Oltre al Reservoir (il più grande) c'è The Pond proprio davanti al Hotel Plaza. Poi c'è The Lake che confina con il giardino che Yoko Ono ha regalato a New York in memoria del marito John Lennon e che si chiama Strawberry Field. Un altro laghetto suggestivo è il Belvedere per la presenza, sulle sue rive, di un piccolo ma grazioso castello. Infine, nella zona più a nord del parco si trovano il laghetto Pool e l'Haarlem Meer, tra loro collegati da un piccolo, suggestivo torrente.
Intorno al Reservoir c'è una pista da jogging di 2,54 km. Vi è stato girato il film Il Maratoneta con Dustin Hoffman, la cui casa (Dakota Building), si affaccia proprio sul Reservoir, che è il luogo più suggestivo e panoramico di tutto il parco.
Stamattina, con una temperatura di 5°, attraversando Piazza Vittorio per andare al mercato, ho visto tra l'erba striminzita una famigliola di pratoline.



Bow Bridge - Sett. 1992
A casa di Jan - Maggio 2004

lunedì 24 gennaio 2011

Goetheanum, Libera Università di Scienza dello Spirito

Goetheanum II

Il Goetheanum è la costruzione monumentale disegnata da Rudolf Steiner che si trova a Dornach vicino a Basilea, Svizzera. Il primo Goetheanum (denominato Johannesbau - edificio di Giovanni) costruito interamente in legno, venne completamente distrutto in un incendio doloso il 31 dicembre 1922.
Dopo la morte di Rudolf Steiner venne ultimato il nuovo Goetheanum che, invece delle sculture scavate e modellate nel legno, fu costruito in cemento armato con soluzioni di assoluta avanguardia tecnica e artistica. Il modello fu creato da Rudolf Steiner stesso prima di morire.
Steiner definì il Goetheanum "un edificio vivente posto all'interno di un corpo plastico". Il suo nome è un omaggio al grande scrittore romantico, filosofo e scienziato tedesco Goethe; l'edificio è stato progettato come sede per la divulgazione dell'Antroposofia e la sua struttura è un vero e proprio libro nel quale si materializza il pensiero del filosofo attraverso gli elementi architettonici, ponendo le basi all'Architettura Organica.
L'edificio è un capolavoro di design. Non ha neanche un angolo retto. La forma è stata creata per armonizzarsi con la sua funzione e con l'ambiente circostante.
Oltre al Goetheanum, nel villaggio di Dornach, vi sono altri esempi di architetture espressioniste progettate e ispirate da Steiner, in particolare: l'atelier del vetro del 1914, la centrale termica sempre del 1914, le case degli euritmisti del 1920, il trasformatore del 1921 e la casa Duldeck del 1915.
Nel Goetheanum ogni anno si tengono 700 congressi, conferenze, visite guidate unitamente a rappresentazioni teatrali.
Interno
Goetheanum I

domenica 23 gennaio 2011

Biografia di Rudolf Steiner

Rudolf Joseph Lorenz Steiner (25 febbr.1861-30 marzo 1925) è stato un filosofo, esoterista e pedagogista austriaco. E' il fondatore dell'Antroposofia (Scienze dello spirito), di una particolare impostazione pedagogica (la scuola Steineriana), di un tipo di medicina (la medicina Antroposofica o Steineriana) oltre che l'ispiratore dell'agricoltura biodinamica, di uno stile architettonico e di uno pittorico. Ha posto anche le basi dell'euritmia e dell'arte della parola insieme alla moglie Marie von Sivers. Si è occupato inoltre di filosofia, sociologia, antropologia e musicologia. Si è laureato in chimica  a Vienna e in filosofia a Rostock.
Si mise in luce ancora studente curando gli scritti scientifici di Goethe. Dal 1890 al 1987 collaborò all'Archivio di Goethe e Schiller a Weimar. Dal 1902 ebbe una più intensa attività come scrittore e conferienziere, prima nell'ambito della Società Teofisica e poi di quella Antroposofica, da lui fondata nel 1913. Oltre a una trentina di opere scritte di carattere filsofico e antroposofico, sono rimasti i testi stenografati di quasi 6000 conferenze sui più diversi rami del sapere.
Rudolf Steiner morì nel 1925 a Dornach, Svizzera, dove aveva edificato, prima in legno e poi in cemento, il Goetheanum, centro di attività scientifiche e artistiche fondate sull'Antroposofia.
Si può dire senza esagerazone che l'opera da lui lasciata, sia nel genere che nella quantità, non ha uguali nella storia dell'occidente.
Al momento della sua morte, due elementi essenziali della sua opera, che solo più tardi dovevano rivelarsi in tutta la loro ricchezza, erano ancora poco conosciuti: i suoi cicli di conferenze e il bozzetto del secondo Goetheanum.
Nel suo libro "L'Iniziazione", Steiner scrive: "In ogni essere umano esistono facoltà latenti attraverso le quali egli può giungere alla coscienza del mondo dello spirito."
Nelle sue opere decrive l'uomo visibile e invisibile, parla della guida spirituale dell'umanità, afferma che la morte è un passaggio dalla vita terrena a quella spirituale. Presenta la dottrina della reincarnazzione nella sua forma odierna, compenetrata dal cristianesimo e adatta all'uomo occidentale. Caratterizza le gerarchie celesti ed apre l'accesso ai testi sacri cristiani in una maniera fino ad ora sconosciuta all'uomo moderno.

Euritmia



L'euritmia è una forma d'arte del movimento creata da Rudolf Steiner e la moglie Marie von Sivers. L'euritmia si può discrivere come un'arte di movimento che non va però confusa nè con la danza nè con la ginnastica. Nella sua forma artistica è praticata da solisti o gruppi come parte di rappresentazioni teatrali il cui scopo è rendere visibili le leggi della parola e della musica. Oltre a questo ha una importante applicazione nel campo terapeutico, come parte della medicina antroposofica. L'euritmia, come arte pedagogica, fa parte del curriculum delle scuole Steineriane (scuola Waldorf). Inoltre essa è applicata in campo aziendale, principalmente per ristabilire l'equilibrio e l'armonia nei lavoratori che svolgono mansioni meccanico- ripetitive o stressanti.
Il linguaggio parlato e musicale viene reso visibile attraverso il movimento del corpo: ciò che normalmente è sperimentato solo dalle laringe e dall'orecchio può così risuonare nell'uomo intero.
L'euritmia nasce nel 1912 in seno all'Antroposofia (o Scienza dello spirito). I movimenti euritmici liberano Parola e Musica cosmica esistenti nell'essere umano, riversati nel suo corpo eterico. Perciò, quando si eseguono gesti euritmici, la forma cristallizzata della figura umana si scioglie, si libera dall'irrigidamento imposto dalla materia e ridiventa suono.
Il lavoro euritmico risveglia ed affina la capacità di ascolto.
Rudolf Steiner e Marie von Sivers - 1908.
La mobilità interiore risvegliata dall'euritmia rinforza la vita animica, permettendo alle forze di pensiero di trasformarsi in impulsi volitivi sulla base di un sentire sano ed equilibrato.
Chi esegue l'euritmia ha il compito di porla dinanzi al mondo, deve penetrare l'essenza, come il musicista, il pittore, lo scultore devono penetrare nell'essenza  della propria arte.
L'euritmia giova all'uomo nei tre sensi: corpo, anima e spirito.




Le materie della scuola Steineriana

Nelle scuole Steineriane le materie artistiche e manuali hanno pari dignità rispetto a quelle intellettuali: la testa, il cuore e la mano hanno un'importanza qualitativamente uguale per lo sviluppo del bambino. Ecco perchè nelle scuole Steineriane vengono stimolate nella stessa misura le facoltà cognitive, pratiche e morali.
Accanto alle materie tradizionali compaiono: due lingue straniere, lavori manuali, canto, strumento musicale, pittura, modellaggio, disegno, euritmia (arte del movimento legato alle parole e alla musica), ginnastica Bothmer (ricerca ginnica di armonia del corpo con le leggi e le qualità del tempo e dello spazio), teatro, giardinaggio e falegnameria.
Tali materie non sono di "abbellimento" al programma, ma sono sostanziali. Attraverso, per esempio, il lavoro manuale (cucito, maglia, ricamo, tessitura) non solo si educa l'abilità delle mani, ma si pongono anche le basi per lo sviluppo di un pensiero agile e mobile.
Anche le materie più "intellettuali", come la grammatica o la matematica, vengono insegnate in modo da far scaturire l'astrazione e la formalizzazione da un processo artistico e pratico. Ciò avviene attraverso il racconto di storie che evocano immagini nell'interiorità del bambino e legano il contenuto non solo al suo intelletto, ma anche alla sua emotività, garantendo in questo modo una memoria più sicura e di lunga durata. Nel processo di apprendimento si fa spesso appello alla corporeità e al movimento, oltre che all'attività percettiva. Per esempio le tabelline si imparano con movimenti ritmici del corpo, il programma di geometria poggia su anni di disegno di forme e di disegno geometrico, lo studio della fisica e della chimica è basato sulla sperimentazione.
Le scuole Steineriane riguardano l'educazione del bambino fino alla soglia dell'Università.
(tratto dal sito
http://www.rudolfsteiner.it/)