Alcuni giorni fa ho letto un articolo sul Ghetto di Venezia e ho pensato di scriverci sopra qualcosa sul mio blog perchè tante volte abbiamo visitato questo luogo posto nel sestiere di Cannaregio, sede della Comunità Ebraica di Venezia. Questo proposito si è rinforzato quando l'altro ieri ci ha chiamato Jan. Era appena arrivato a Venezia da New York. Diceva che alloggiava in un albergo nel Ghetto e che aveva appena finito di mangiare un buon pranzo ebraico, dopodichè si era comprato in una pasticceria qualche dolcetto gustoso, anche ebraico. Sulla piazzetta c'era un gruppo di turisti con la loro guida che gesticolando raccontava la storia del Ghetto. Anche nel New York Times era apparso un articolo e adesso il Ghetto che noi ricordiamo tranquillo e poco frequentato viene preso d'assalto dai turisti di tutto il mondo. E' nello spotlight dei media mondiali perchè il 29 marzo era la ricorrenza dei suoi 500 anni di esistenza. Jan sentiva una certa nostalgia per i giorni che tutti insieme visitavamo il museo ebraico o assistevamo ad un servizio religioso in una delle 5 sinagoghe, le calli tranquille, la poca gente.
Con il solito aiuto di Internet scriverò qui un sunto sul Ghetto.
Il Ghetto di Venezia, il più antico del mondo, è nato il 29 marzo 1516 ed è un'area recintata e sorvegliata su un isolotto. Prima che arrivassero gli Ebrei era uno spazio malsano per via delle concerie e fonderie. Lo chiamarono Getto per via della gettata continua dei metalli fusi. I primi Ebrei di origine tedesca, gli Askenaziti, pronunciarono il nome alla tedesca, con la gh dura e quel nome è rimasto e si è sparso a Venezia, nel Mediterraneo e nel mondo.
Cominciò che gli Ebrei non potevano occupare le stesse case dei Cristiani e girare liberi notte e giorno. E così, su suggerimento del nobile Zaccaria Dolfin, tutti gli Ebrei di Venezia furono obbligati ad abitare nel Ghetto Nuovo che prima del loro arrivo fu in poco tempo svuotato degli abitanti originari. L'affitto era ad un prezzo maggiorato. I nuovi inquilini non potevano avere proprietà, far politica, accedere alle professioni, alle scuole e all'università. A loro era permesso di esercitare il solo mestiere di stracciaioli. Prestar denaro era diabolico secondo i dettami della Chiesa, dunque a Venezia come altrove l'usura fu lasciata agli Ebrei. Ed era ritenuta più conveniente del Monte di Pietà che riempiva le casse del Vaticano. Secondo la teoria dei Padri della Chiesa gli ebrei non possedevano un'anima e perciò non rischiavano neppure di perderla.
I giudei dovevano portare un segno di identificazione: un berretto giallo per gli uomini e per le donne un velo giallo. Già nel 1215 (tempo della quinta crociata), per individuare con facilità l'ebreo papa Innocenzo III introduce, col IV Concilio Lateranense, l'obbligo per tutti gli ebrei dai 12 anni in su residenti nei paesi cristiani di portare sui vestiti un distintivo: una rotella di stoffa gialla. Obbligo reintrodotto poi dai nazisti.
Le altissime case, fino a sette, otto piani, le più alte di Venezia, dimostrano quanto fosse aumentata negli anni la popolazione: non avendo spazio si aggiungevano nuovi piani con soffiti bassissimi. Sette metri quadrati a persona, oggi inimmaginabile.
Questo microcosmo delimitato da due portoni che venivano chiusi a mezzanotte e riaperti la mattina era sorvegliato da quattro custodi rigorosamente cristiani che gli Ebrei erano obbligati a pagare. Il ghetto veneziano precedette di 39 anni i ghetti di Roma e Ancona istituiti da Papa Paolo VI che, con la bolla "Cum nimis absurdum" (che significa poichè è oltremodo assurdo), ordina ghetti ovunque in Italia. Qui gli ebrei venivano spinti alla conversione con prediche forzate tutti i sabati da parte di predicatori che entravano nel ghetto.
L'antigiudaismo della chiesa ha prodotto lo sterminio.
Quando Napoleone conquistò Venezia nel 1797 i cancelli del ghetto furono aperti e gli ebrei furono lasciati liberi di decidere dove vivere.
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebreaiche Italiane, Renzo Gattegna dice: "Gli Ebrei non hanno alcuna nostalgia del ghetto. Il ghetto rappresenta segregazione. Per questo motivo non festeggiamo nulla, ma commemoriamo un fatto che rimane una tragedia. La nascita del Ghetto non è un problema ebraico, è un problema del mondo cristiano."
Ho conservato un articolo apparso sul giornale De Groene Amsterdammer del 24 febbraio 1988, sulla conferenza della visione biblica dello scrittore, psicologo e critico letterario Manuel van Loggem. Una frase mi ha colpito moltissimo: "La via di Damasco conduce direttamente ad Auschwitz."
Da leggere su internet: "I rapporti tra ebrei e cristiani dall'antichità all'età moderna" del Prof. Simon Epstein, Direttore del Centro Studi sull'Antisemitism dell' Università ebraica di Gerusalemme.