giovedì 7 novembre 2019

Autobiografia David: Storie di plagi.

 
Due fotografie. Due fotografie iconograficamente similissime, concettualmente identiche perchè entrambe pervase da una buona dose di humor noir. Entrambe realizzate con cura e utilizzando gli stessi elementi: uno zampone (cotechino), un orologio, un piatto oblungo. Direbbe Breton: "Una raggelata allucinazione sottratta al tempo."
Le due immagini, gemelle nel pensiero obliquo e dissacratorio e sorelle nella forma, non sono però dello stesso autore. Un caso, si dirà, può succedere. No, non deve succedere. Non almeno quando una delle due foto è pubblicata tre mesi dopo l'altra e ne mantiene, seppur ingraziosite, le caratteristiche iconografiche. La volontà di copiare, anzi, il plagio, risulta poi conclamato quando la foto non originale viene utilizzata da una nota casa produttrice di orologi per pubblicizzare il proprio prodotto su scala nazionale. 


Il caso è emblematico e dimostra come molti autori di opere originali non vengano in nessun modo tutelati e incoraggiati ma anzi, spesso, danneggiati e beffati.
Ci si chiede infine perchè un'agenzia pubblicitaria a corto di idee e profumatamente pagata dal committente per il proprio impegno "creativo" debba appropriarsi indegnamente del lavoro altrui.

 
Egregio signor D'Amore, ho preso in esame il materiale da Lei trasmessomi con Sua del 9.10.2001.
Il caso rientra nella fattispecie del plagio ed è meritevole di tutela non soltanto civile (onde ottenere la cessazione dell'abuso e il risarcimento del danno materiale) ma anche penale (onde ottenere la condanna dell'autore del delitto e il risarcimento del danno morale).
Mi tenga informato sulle sue determinazioni.
Cordiali saluti
Italo Tomassoni
Avvocato patrocinante in Cassazione
 
 
 
 
 

 
 
 


Roma, Aprile 2001. Bella giornata, c'è il sole e sto percorrendo in sella al mio motorino il Lungotevere Flaminio. Supero una serie di cartelloni pubblicitari e.....accidenti! Inchiodo e torno indietro. Avevo visto bene: la copia di una mia fotografia campeggia perentoria su di un manifesto. E' un'imitazione davvero spudorata e chi l'ha realizzata non si è nemmeno preoccupato di apportare delle sostanziali modifiche. Si tratta dell'immagine di una bambina con le trecce sulla cui bocca e sui cui occhi sono stati applicati dei cerotti; la voce e la vista della bimba sono annullate. Lo spettatore è aggredito da un senso di ansia e di angoscia perchè i cerotti, invece di proteggere e di curare, impediscono di parlare, di respirare, di vedere. Un'icona di dolente denuncia che non ha bisogno di didascalia. Sarebbe tutto perfetto, peccato che l'ideatore e l'autore della foto originaria sia io.
 
 
 
 

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