giovedì 6 febbraio 2020

La crocifissione


Giunta Pisano, Crocifisso di San Domenico - 1250 circa.


Il supplizio della crocifissione era diffuso presso molte popolazioni antiche, come gli Assiri e i Persiani, gli Indiani, gli Sciiti ed è stata portata in Occidente da Alessandro Magno. Furono forse i Romani il popolo che ne fece ricorso con più frequenza e spietatezza: in seguito alla rivolta di Spartaco, nel 71 a.C., sulla Via Appia oltre seimila ribelli furono giustziati in questo modo.
L'imperatore Tito, nel 71 d C, concluso con successo l'assedio di Gerusalemme, fece crocifiggere fuori della città gli sconfitti al tasso di 500 al giorno, fintanto che non ci fu più posto ove piantare le croci (così raccontò lo storico ebreo Giuseppe Flavio)
La crocifssione in epoca romana era una forma comune di pena capitale per schiavi e criminali. Era progettata per causare il massimo dolore per un periodo prolungato. I condannati subivano una morte lenta e agonizzante spesso soffrendo anche per diversi giorni. Normalmente questo rito veniva preceduto dalla flagellazione che lo rendeva ancora più straziante. Quando i carnefici dovevano accelerare la morte davano un colpo di lancia al cuore o rompevano con un bastone le gambe del condannato, in maniera che il soffocamento giungesse il prima possibile.
Soltanto con Costantino, nel 341, la crocifissione fu abolita.
Gesù Cristo fu crocefisso sulla collina Golgota, un rilievo di pochi metri appena fuori le mura di Gerusalemme. Gerusalemme e tutta la Giudea erano all'epoca parte dell'impero romano e Gesù fu condannato e giustiziato dai romani che usavano crocifiggere in luoghi alti e ben visibili da tutti.
Secondo l'usanza romana ai carnefici spettavano i vestiti del condannato. I capi di vestiario di Gesù erano di ineguale valore quindi li spartirono.
Seneca scrisse nel suo Consulatio ad Marciam: "Vedo lì vicino delle croci, ma non di un solo tipo, ma costruite da chi in un modo da chi in un altro; alcuni levarono in alto (i condannati) rivolti con la testa verso terra, altri infilano un palo per il retto, alcuni allungano le braccia sul patibolo".
Giuseppe Flavio nel suo Guerra Giudaica: "Spinti dal'odio e dal fervore, i soldati si divertivano a crocifiggere in varie posizioni, e tale era il numero che mancavano lo spazio per le croci e le croci per le vittime".
Secondo studiosi, storici, grecisti (William E.Vine), Gesù non è morto su una croce ma su di un'asta o un palo diritto sul quale i malfattori venivano inchiodati.
Il testo originale greco del Nuovo Testamento circa lo strumento di morte su cui Gesú offrí la propria vita, usa abitualmente stauròs e cinque volte xylon.
«Stauròs» significa: palo, palizzata, strumento di pena croce;
«Xylon» significa: legno legname per navi, pezzo di legno, tronco, trave, palo, bastone, clava, randello, collare di legno, asse o trave, la croce, tavolo o banco di cambia valute, pianta, albero;

In quella parte del mondo, già 2000 anni fa c'era carenza di alberi, perciò è molto probabile che per la crocifissione venisse usato solo un palo.
Gesù crocifisso nell'arte risale alla fine del IV e all'inizio del VI secolo. L'immagine della crocifissione come noi la conosciamo non si trova prima de VI secolo.
La crocifissione rappresenta la violenza, la crudeltà, la sopraffazione, la sofferenza, altro che amore e pace.



– Fyodor Andreevic Bronnikov, Il Sito dei Dannati, 1878. Il dipinto propone la Crofissione Romana con Stavro Composito, usato all’epoca del supplizio di Gesù

Crux simplex


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