Ieri sono stata al Cimitero Acattolico, conosciuto anche con i nomi Cimitero degli Artisti e dei Poeti e Cimitero dei Protestanti, che si trova ai piedi della Piramide di Caio Cestio (costruita fra il 18 ed il 12 secolo avanti Cristo). Il cimitero è incastonato tra le Mure Aureliane e Porta San Paolo nel quartiere Testaccio. Secondo le leggi vigenti nella Chiesa di allora nessun acattolico poteva essere sepolto in "terra benedetta", così, in questo angolo della città, le salme venivano tumulate di notte e in gran segreto per non suscitare le ire e le invettive del popolino, che spesso, fomentato ad arte, dalle parole passava ai fatti con vili aggressioni. Adesso questo bellissimo cimitero è un'oasi di pace e di quiete con piante e arbusti esotici, sentieri che salgono e scendono. Gatti felici sdraiati dappertutto. Non sembra un cimitero ma un giardino incantevole dove avvolti dal profumo dei tanti fiori, si passeggia sui sentieri e si ammirano monumenti, sculture e capelle stupendi con epitaffi in tante lingue. Non subentra tristezza, ma la serenità regna in questo posto dove Riposa in Pace sono parole che più adatte non si può.
Alle sei di sera faceva ancora un gran caldo ma in un angolo ombrato vicino alla tomba di Keats venivano messe delle comode panchine in semicerchio per il pubblico accorso ad assistere alla presentazione del libro di Percy Bysshe Shelley "La Necessità dell'Ateismo", tradotto in italiano. Intervenivano la direttrice del cimitero Amanda Thursfield, il poeta Franco Buffoni, la traduttrice Federica Turriziani Colonna e il segretario UAAR Raffaele Carcano.
E'stato un incontro interessantissimo che si è concluso con la visita alla tomba di Shelley. L'epitaffio sulla tomba dice: Cor Cordium, seguito da tre versi del canto Ariel dalla Tempesta di Shakespeare:
"Nothing of him that doth fadeBut doth suffer a sea-change
Into something rich and strange
Parole molto appropriate
Scriverò qualcosa su Shelley appreso ieri sera durante la conferenza nel cimitero e dopo, tornata a casa, su Internet.
Percy Bysshe Shelley (Field Place - Sussex - Inghilterra 1792 - Viareggio 1822), di antica famiglia facoltosa fu educato a Eton e Oxford da dove fu espulso nel 1811 per l'opuscolo "La necessità dell'ateismo" che scrisse insieme all'amico Thomas Jefferson Hogg, anche lui espulso. Poeta, vagabondo, anarchico, rivoluzionario, ribelle, visionario, sognatore assetato di infinito, Shelley lasciò l'Inghilterra per l'Italia ove morì appena prima di compiere 30 anni inghiottito da una tempesta nel golfo di La Spezia mentre tornava a casa nella sua goletta, il Don Juan fatta da lui costruire a Genoa. Il nome fu cambiato da lui e sua moglie Mary in Ariel.
Nel 1811 sposa Harriet Westbrook di 16 anni e dopo l'ennesimo conflitto con il padre rompe ogni rapporto con lui per trasferirsi nel Lake District. Harriet gli dà due figli: Eliza Ianthe e Charles. Shelley lascia moglie e figli, s'innamora di Mary Godwin, ragazza colta e intelligente, anche lei di 16 anni e va a vivere con lei in Svizzera nel 1814. Subito dopo la tragica morte di Harriet sposa Mary nel 1816. In Svizzera conoscono il loro grande contemporaneo George Byron. Diventarono anche amici di John Keats. A Shelley, Byron e Keats il destino consegnò una morte prematura, avvenuta in giovane età.
Fin dall'infanzia il poeta avversò ogni forma di tirannia e nutrì il suo amore per il meraviglioso con i romanzi di A. Radcliffe. Temerario nella poesia come nella vita (con Mary in breve tempo ebbe quatro figli) Shelley produsse la maggior parte dei suoi capolavori in meno di dieci anni. Annegò al largo della costa toscana all'età di 29 anni. Dopo dieci giorni il suo corpo fu ritrovato sulla riva dove era stato spinto dalle onde. Venne cremato sulla spiaggia di Viareggio. Il cuore venne poi estratto intatto dalla pira in cui era arso il corpo durante il funerale, e custidito da Mary Shelley fino al giorno della morte di lei, mentre le ceneri di lui vennero sepolte nel Cimitero degli Inglesi a Roma.
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