domenica 30 marzo 2025

Tornare in Olanda

Fin dal principio si sapeva che io sarei andata via dal Canada. Con Marten avevo una regolare corrispondenza e abbiamo deciso la data della mia partenza. E così ho dato le dimissioni, ho salutato i miei colleghi più vicini e anche il mio capo che mi ha detto: "It is a pity that people like you are leaving". Non era facile lasciare la mia famiglia ma sentivo di dover essere indipendente. L'incontro con Marten era un'incognita ma ormai avevo deciso e prima che io partissi mia madre ha pianto per una settimana. Nell'Agosto del 1956 cominciava la mia nuova avventura: il 18 mi sono imbarcata sulla nave Groote Beer e il 27 sono arrivata in Olanda dove sarei stata ospite di Marten e dei suoi genitori. Con loro sono stata bene. Marten studiava per diventare secondo ufficiale di bordo ma stava sempre attaccato alla radio ad ascoltare le partite di calcio. Con suo padre ogni tanto visitavo un museo mentre Marten non aveva iniziative, viveva rintanato in casa. Gli ho detto che avrei gradito fare una passeggiata ogni tanto, insomma, fare qualcosa, perchè in questo modo mi annoiavo. Per farmi contenta mi ha portato in un caffè a prendere un te, un'altra volta abbiamo fatto una passeggiata coi genitori sulle dune e un fine settimana siamo andati a trovare la sorella di mio padre Tante Jo (zia Jo), nelle sua fattoria modello a Blankenham, verso il nord. Gestiva la fattoria col marito Engbert, un omone alto più di due metri. Ma dopo poco Marten è ricaduto nelle sue abitudini sedentarie e casalinghe. Non me la sentivo di continuare con lui e ho messo fine al nostro rapporto. Frattanto avevo trovato lavoro in una grande agenzia di viaggio frequentata da molti stranieri. Ho pagato ai genitori di M. vitto e alloggio del periodo trascorso da loro. Ho preso una stanza in affitto con un pasto caldo al giorno compreso. Sulla Groote Beer un tavolo era assegnato ai passeggeri più giovani e uno di loro era una ragazza, Steny, che viveva all'Aia e faceva la segretaria, poi c'era un giovane americano, Bert, che abitava a Roma, in Italia, dove studiava all'università. Mi spiegava che aveva ricevuto la chiamata alle armi per andare a combattere in Vietnam e dover così interrompere gli studi. Tornando dal Vietnam a tutti i ragazzi-studenti nelle sue condizioni è stato dato un sussidio per poter riprendere gli studi. Lui ha cercato un paese dove questi soldi potessero durare più a lungo e così la scelta è caduta su Roma dove la vita e i corsi universitari erano più economici che in America. Quando già lavoravo all'Aia, all'agenzia di viaggi, mi è arrivato un messaggio da Steny che diceva che si sposava e col marito andava a vivere a Rotterdam lasciando così il suo lavoro di segretaria presso il Servizio Giuridico Militare. Ero interessata a prendere il suo posto? Ci sono andata e dopo un colloquio ho cominciato immediatamente a lavorare. Ero la segretaria del capo che era sia avvocato che colonnello. Il mio stipendio era ottimo e dal Canada non ci potevano credere. Ho trovato una bella stanza ampia e luminosa più vicina al mio lavoro. La sera mi portavano una buona cena in camera. Avevo una radiolina e mi godevo l'ascolto quotidianamente: musica e programmi radiofonici. Non lontano da casa c'era il museo Maurits Huis: un gioiello. Nelle ore libere ci andavo e non mi stancavo mai di visitare le sue sale piene di quadri. La cosa antipatica era che mi sono accorta che Marten mi seguiva. Una domenica sono andata a Utrecht per trovare Jack, l'inquilino dei miei in Canada, che prima di sposarsi voleva trascorrere una settimana con la mamma vedova e i fratellini. Aveva portato qualche pensierino per me dal Canada da parte dei miei. Alla stazione di Utrecht Jack mi aspettava. Incamminandoci ho visto che, nascosto dietro ad una pensilina, c'era Marten che mi spiava. Aveva preso il mio stessso treno. Vedendolo ho avuto un piccolo shock. Jack mi ha chiesto: "Che cosa hai?" Gli ho spiegato e lui mi ha chiesto se Marten fosse pericoloso. Io gli ho detto: "Non penso".
Con mia madre ci scrivevamo tutte le settimane. Ha saputo che anche Anneke era tornata in Olanda e mi ha dato l'indirizzo. E così è ricominciata la nostra bella amicizia: io sono andata un paio di volte a trovarla nella sua città, Schiedam, che offriva poco e perciò lei veniva sempre da me il sabato mattina e rimaneva fino a domenica sera. L'Aia era una grande città e c'erano sempre cose interessanti da fare. Andavamo in spiaggia a Scheveningen per fare il bagno e per fare lunghe passeggiate sul bagnasciuga. Prendevamo le biciclette per fare lunghi giri dentro e fuori città. Un sabato siamo andate ad un grande fiume dove abbiamo affittato una canoa: per la prima volta mi sedevo dentro ad una canoa. Un giorno, assieme ad un'amica di Anneke, l'abbiamo passato a Volendam dove ci siamo fatte scattare una foto in costume tradizionale. Insomma, facevamo mille cose. Io da sola, poi, con un gruppo organizzato, sono andata a Cannes.
 
 
Volendam  

 
In canoa

L'ufficio dove lavoravo era situato al pian terreno di una grande e bella villa. Le altre stanze erano occupate da personale in borghese ma anche in uniforme. Il lavoro era interessante.
Da sempre sognavo di andare in Spagna (conoscendo la lingua) ma lì non avevo nessun contatto quindi, ho pensato, "anche l'Italia è un paese del sud Europa, potrei andare lì". Ho scrirro a Bert se fosse possibile trovarmi una stanza a Roma. Mi ha risposto che si, c'era una stanza disponibile a Piazza Santa Maria in Trastevere. Così i primi di novembre del 1957 ho preso un treno per Roma. Il mio capo era molro dispiaciuto della mia partenza, mi ha scritto una bella lettera-attestato dove diceva che ero stata la segretaria ideale e che se fossi tornata mi avrebbe riassunta all'istante.
Sulla mia vita italiana ho già scritto in precedenti posts. L'Italia è stata l'ultima fermata del mio girovagare.
 
 
 
 
Al Lavoro




Groote Beer





Sulla Groote Beer dal Canada all'Olanda


Cannes 1957

Cannes 

 

Scheveningen


lunedì 24 marzo 2025

In Canada 2

Cominciava l'inverno e andavo al lavoro che era ancora buio, prendevo il bus. In famiglia abbiamo dovuto acquistare vestiario adatto al grande freddo. Vic ci ha portato up north, verso il nord, dai suoi genitori e sorella. Lì, per la prima volta, in mezzo alle montagne, ho messo gli sci ai piedi. La famiglia che ci ospitava era molto carina e si vedeva che la sorella di Vic, Eileen, e mio fratello Minze si piacevano. La mamma di Vic mi ha raccontato che avevano anche un'altra figlia. Durante un temporale erano tutti seduti intorno alla stufa a legna. Inaspettatamente un fulmine è passato attraverso il tubo di scarico del fumo e ha colpito la bambina, uccidendola sul colpo. Dopo la vacanza Minze e Eileen hanno continuato a scriversi ma l'enorme distanza che li separava ha impedito l'evolversi della storia.  

A fianco della casa c'era un rubinetto a cui era attaccato un tubo messo lì per annaffiare le piante ma anche per pulire la macchina. In lontananza si avvicinava veloce un temporale mentre Minze era intento al lavaggio dell'auto All'improvviso un lampo ha saettato colpendo un albero in fondo al giardino. Dall'albero la scarica si è propagata fino al rubinetto e Minze è stato colpito dalla forte corrente elettrica. L'albero si è bruciato mentre mio fratello pur sotto shock e tutto tremante e barcollante è riuscito a entrare in casa e a stendersi sul divano. Vivo per miracolo!

Il mio lavoro andava bene e quando avevo dei dubbi su come rispondere ad un cliente chiedevo consigli al mio capo. Ogni tanto delle mie colleghe tornavano a casa con me per un te. Alla fine dell'inverno, quando è arrivato il primo caldo, a fine turno, scendendo le ampie scalinate del palazzo, poteva succedere che mia madre stesse lì ad aspettarmi: una bella sorpresa. Prendevamo la via principale, Dundas Street, che era piena di negozi. Ci divertivamo a provare cappelli e vestiti e poi facevamo la spesa. Tenevo una sporadica corrispondenza con le mie ex colleghe dell'Argentina, Velia e Carmen: raccontavo loro della mia vita canadese includendo sempre un saluto al mio ex capo e ai colleghi.

Una volta io e miei fratelli siamo andati ad un lago immenso, se ben ricordo il lago Ontario: sembrava di stare al mare, con la spiaggia, le onde e un lungo molo. Nell'acqua sono riuscita a superare le onde iniziali per poter nuotare nell'acqua calma. Ma poi, per tornare a riva, il tratto con le onde era per me impossibile da superare, i flutti mi portavano sott'acqua, contro la sabbia. E' stato Henk a salvarmi, con la sua forza. Si è tuffato tra le onde, mi ha preso e mi ha riportata sulla spiaggia. Tornando a casa Minze mi ha detto: "Aukje, guida tu". Io, dopo aver preso la patente non mi ero più esercitata, ero inesperta e insicura, ma non volevo deludere Minze e così mi son data da fare. Guidavo a velocità sostenuta superando le macchine per poi tornare in carreggiata. Alchè Minze mi ha espresso la sua ammirazione. Insomma, non so come, ma siamo arrivati a casa sani e salvi.

Il lago Ontario, uno dei cinque laghi più grandi del Canada

Anche qui in Canada mia madre mi ha cucito dei vestiti con la nostra vecchia e fedele Singer, anche lei emigrata con noi per la seconda volta. In un vecchio album ho trovato questa foto scattata da me ai miei genitori seduti in giardino il primo Ottobre 1955. 

Nel 1956 i miei fratelli si son messi a studiare dando poi gli esami finali a Toronto. Minze ha preso il diploma di elettricista professionista e Henk quello di tecnico del riscaldamento e aria condizionata.  Minze ha trovato un buon lavoro come elettricista in un modernissimo ospedale alle cui pareti erano esposti non manifesti ma quadri d'autore. Henk ha trovato un posto da responsabile in un grande palazzo comunale.


Mamma e papà in giardino nel 1955



sabato 22 marzo 2025

In Canada 1

 

Siamo arrivati a London Ontario a fine estate, faceva ancora molto caldo. Le estati lì erano caldissime e umide, forse per la presenza dei numerosissimi laghi sparsi per tutta la regione. Gli inverni erano gelidi, sempre con neve e ghiaccio (la temperatura può arrivare a freddi polari). Il grande ventilatore fissato sul soffitto del soggiorno dava pochissimo sollievo. Forse perchè eravamo giovani il caldo lo sopportavamo.

London era soprannominata Forest City per i tanti parchi presenti sul territorio. A poca distanza da casa nostra c'era un grande parco posizionato sulle sponde del fiume Thames: c'erano tavoli e panchine di legno per i picnics. Veniva spesso da noi Vic, il vicino di mio zio, che era molto solo e carcava da noi il calore della famiglia. Lui ci ha fatto un pò da guida dentro London portandoci, tra l'altro, alla biblioteca comunale dove abbiamo preso in prestito tanti dischi di musica classica a noi sconosciuta: che godimento ascoltarla! Ascoltando la musica country i tangos argentini sono caduti nel dimenticatoio. Una canzone mi è rimasta nella memoria: I'm in the jailhouse now. Il bel mercato coperto si trovava al di là di un ponte di ferro sul fiume, alla fine della nostra strada. Si passava accanto poi ad un bel museo dove, da sola, ho visto e rivisto le opere di tanti artisti canadesi. Di fronte al mercato c'era un negozio chiamato Holland Store dove vendevano oltre a merce generica vari articoli olandesi: oggetti, cibarie e altro. Sullo stesso marciapiede c'era un supermercato: il primo che ho visto in vita mia. Abbiamo comprato per 100 dollari una vecchia macchina di marca Kaiser e su questa macchina Vic ci ha insegnato a guidare: così, in poco tempo, io e i miei fratelli abbiamo preso la patente. Le distanze in Canada erano enormi e una macchina era necessaria. Intanto mio padre, Minze e Henk hanno trovato lavoro come manovali. Io, tentando di ottenere un lavoro nuovo, ho preso un autobus che mi ha portato all'aeroporto di London dove speravo di poter sfruttare la conoscenza che avevo di varie lingue. Il sovrintendente mi ha ricevuto nel suo ufficio e dopo avermi ascoltata mi ha detto: "Honey, i nostri piccoli aerei coprono percorsi regionali e non si spingono al di fuori del Canada, perciò non abbiamo bisogno di interpreti poliglotti." In Argentina in tanti mi avevano detto che avrei dovuto fare la modella. Ho aperto la guida telefonica e ho trovato un'agenzia di modelle. Ci sono andata. La direttrice mi ha osservato attentamente, mi ha fatto camminare nel suo salone e raccogliere un oggetto che lei aveva poggiato in terra. Si, andavo bene per la sua agenzia: se si fosse presentata l'occasione di sfilare a Toronto per qualche boutique mi avrebbe chiamata. La proposta mi sembrava alquanto vaga e così sono andata  alla London Life Insurance Company che occupava un intero isolato. Nell'ufficio del personale mi hanno accettata e ho immediatamente iniziato a lavorare nell'archivio, lavoro estenuante. Tornavo a casa stancchissima e mi sdraiavo sul divano. Nell'archivio si lavorava con tubi dove mettevamo le carte richieste che venivano spedite grazie all'aria compressa. Durante i primi giorni di lavoro ho dovuto sottopormi ad una visita medica generica, era la prassi. Solo allora sono venuta a conoscenza della mia effettiva altezza: 1,71 (five feet six and a quarter). Poco tempo dopo mi hanno sottoposta ad un piccolo test per mettere alla prova la mia conoscenza dell'inglese; mi hanno quindi assgnato una scrivania in un vasto ufficio con tante altre scrivanie. Il mio compito era quello di rispondere alle lettere dei clienti. Le risposte le dettavo ad una dattilografa e lei le batteva a macchina. Una volta sono andata in archivio per cercare alcuni documenti. Tornando al mio ufficio, sulla soglia, un giovane appena davanti a me ha aperto la porta e, invece di tenerla aperta per farmi entrare me l'ha sbattuta in faccia.

C'era un intervallo-pranzo di un'ora e, a mensa, per un prezzo simbolico di 20 centesimi potevi scegliere tra un piatto caldo o dei sandwiches che venivano preparati all'istante col ripieno a scelta. Per dessert una coppa di gelato oppure una fetta di dolce. Sui tavoli  bottiglie di Ketchup e un grande contenitore di gambi di sedano. Per me era una novità vedere la gente mangiare sedano col ketchup. Dopo ci si rilassava in un bel salone con poltrone, tavoli con riviste e un pianoforte oppure si poteva fare una breve passeggiata nel Victoria Park che era lì di fronte. Lì c'era un gazebo dove occasionalmente si esibivano delle orchestre. In questo parco, come dappertutto, c'erano numerosissimi scoiattoli.

 



 

                                                                In The Jailhouse Now  






martedì 18 marzo 2025

Verso il Canada


                           https://www.youtube.com/watch?v=jXFXXeoC4k0

 

Nel porto di Buenos Aires siamo saliti su una nave cargo battente bandiera olandese che ci avrebbe portato a New York. A bordo eravamo solo 12 passeggeri e si stava benissimo: si mangiava alla tavola del capitano e degli ufficiali. Le cabine erano bellissime, vecchio stile e con l'oblò. Siamo passati per il Brasile per scaricare delle merci, la prima tappa era il porto della città di Victoria e poi verso Santos dove però c'era uno sciopero del personale del porto. Non si poteva scaricare perchè tutto era fermo e quindi abbiamo avuto una bella vacanza a Santos durata circa 15 giorni. Abbiamo fatto lunghe passeggiate, anche sulle colline dove gli abitanti di una baracca hanno insistito perchè ci sedessimo con loro a bere una bevanda. Ci si capiva a gesti perchè di brasiliano non capivamo nulla. Abbiamo anche camminato per le strade di Sao Paulo, una città caotica dall'atmosfera completamente diversa da quella di Buenos Aires. Quello che mi ha colpito è che moltissime coppie erano miste. Poi si tornava a bordo e si trovava il pasto pronto: meglio di un grande albergo! Al mio fianco, seduto a tavola, c'era il terzo ufficiale, un bel giovane di nome Marten. Abbiamo chiacchierato e ci siamo stati subito simpatici. Mi ha detto che di lì a poco, sulla terraferma, in Olanda, avrebbe intrapreso il corso per diventare secondo ufficiale. Dopo alcuni giorni mi ha chiesto di andare a stare da lui e i genitori per tutto il periodo dei suoi studi: aveva serie intenzioni. Una volta giunti a New York abbiamo atteso un giorno intero la partenza del nostro treno per London Ontario. Nella Grande Mela ancora nuove atmosfere: le ragazze, molto graziose, indossavano vestiti colorati. Mio padre ci ha portato in un grande bar per ascoltare musica jazz suonata dal vivo: una grande novità per noi. L'impressione che ci ha fatto New York è stata molto positiva, tutto ci appariva brillante, chiassoso, allegro. Il treno ci ha messo ben dodici ore per portarci a London. Ci hanno accolto il fratello di mio padre, Wopke, e la sua famiglia: siamo stati loro ospiti per circa un mese. Un giovane vicino di casa di nome Vic veniva spesso a trovarli e poi ci ha aiutato a cercare una casa tutta per noi. Abbiamo trovato in affitto una vecchia casa in legno dove vivere momentaneamente. Dormivamo su materassi gettati su  di un pavimento in forte pendenza, avevamo pochissime cose ma una cosa non mancava mai: il nostro giradischi grazie al quale la musica riempiva la casa di suoni melodiosi. Sugli annunci abbiamo trovato una casa in vendita e siamo andati tutti insieme a vederla. Era deliziosa e situata in una bella stradina vicina al centro. Abbiamo deciso all'istante di comprarla. I proprietari, dopo le trattative, si son detti molto contenti di cedere la loro abitazione a noi. Abbiamo dato una caparra e con i soldi messi da parte con il lavoro in Argentina abbiamo aperto un mutuo. Poi abbiamo arredato la casa con mobili di seconda mano assai belli. Al pianterreno c'erano due stanze e la cucina, al piano superiore tre stanze da letto e il bagno e sotto al piano terra c'era il basement dove più in là abbiamo sistemato la lavatrice. Lì sotto, in un angolo, mio padre  ha costruito uno spazio doccia. Davanti e dietro alla casa c'erano due balconi e sul retro il giardino. A fianco della casa un sentiero asfaltato portava sul retro. Dalle piccole crepe nell'asfalto spuntavano i deliziosi fiori Cosmos. Anni dopo, alla fine di questo sentierino, mio padre e i miei fratelli hanno costruito un box per due macchine dove mio padre teneva anche i suoi attrezzi. In quel giardino ho visto per la prima volta un colibrì: in continuo movimento, danzava di fiore in fiore. Sugli alberi c'era un viavai di scoiattoli.




Cosmos flowers

La nostra casa: 85 Becher Street





venerdì 14 marzo 2025

2024 - visite graditissime. Fotografie.

Con Sigrid, al telefono, abbiamo calcolato che l'anno scorso è venuta a Roma ben cinque volte. Tre volte da sola e due volta accompagnata. In febbraio durante la settimana di vacanza scolastica è venuta solo con Flaminia perchè Livia aveva un impegno di lavoro a Milano e Kevin era ad assistere sua madre perchè il pdre era morto due giorni prima. Per il mio compleanno del 17 maggio c'erano con noi Sigrid e Jan. Abbiamo festeggiato con una torta di Regoli alle fragoline di bosco: squisita. In agosto Jan e Jennifer sono stati prima ad Haarlem e poi hanno usufruito di una casa di amici a Berlino. Hanno continuato per Borislava per poi passare per Vienna e poi Venezia.


Sulle dune del mare del nord, diretti a Naakstrand, con il laghetto del Cremermeer sullo sfondo.


Venezia, Sestiere di Castello.

 

Il 18 agosto son venuti a Roma Sigrid, Kevin e Flaminia dopo aver trascorso una vacanza in Sardegna, Isola d'Elba e Toscana dove sono stati raggiunti da Livia. David e la sua ragazza, che erano a Barbarano, hanno raggiunto gli olandesi in alto Lazio, al confine con la Toscana. Hanno esplorato posti molto belli tra cui una grotta e poi hanno pranzato tutti insieme in riva al torrente Fiora. Più tardi David ha offerto un gelato a tutti a Farnese. Come tutti gli anni David ha scattato foto di loro sulla terrazza condominiale. Queste foto sono ora sul frigorifero. In ottobre Jan è venuto a Roma, da solo, per due settimane. Come di consueto la sua è stata una vacanza-lavoro. Prima di Natale Sigrid e riuscita a venire qui per una settimana. Per David e per me è sempre una festa quando siamo tutti insieme. David e i suoi fratelli camminano per chilometri all'interno di Roma variando ogni volta gli itinerari. La città offre sempre tanti posti bellissimi che ci incantano. Io, nonostante il forte dolore ale gambe sono riuscita a preparare delle cene saporite. Sigrid ha cucinato pastina con la zucca e Jan finocchi ripassati in padella. Da cinque anni per via delle patologie iatrogene ho sempre dei malanni. Dopodomani vengono Sigrid, Kevin e Flaminia. Livia non può venire perchè non si può assentare dalla sua facoltà di Filosofia. David è qui in casa che prepara tutto per l'arrivo di sabato: letti, lenzuola, coperte, ecc. Sigrid, quando è qui a Roma, trova sempre il tempo per incontrarsi con le sue vecchie amiche.

 


 

 

 



giovedì 13 marzo 2025

Mia madre

 

 


Mia madre Antje Pijl è nata il dodici settembre 1908 a De Tike, un villaggio della Frisia dove tutti frequentavano la chiesa riformata. I suoi genitori erano Aukje Klompstra, la madre, e Oene Pijl, il padre. Sua madre è rimasta incinta di lei prima di sposarsi e quando la gravidanza era ormai evidente ha dovuto confessare la propria colpa in chiesa, davanti a tutti. Per quei tempi era un grave peccato, uno scandalo. Il fidanzato non era colpevole di nulla: gli uomini non avevano colpe. Poi mia nonna si è sposata con mio nonno ed è nata mia madre. Quando mia madre aveva pochi mesi di vita sua madre l'ha portata dalla propria madre chiedendo se potesse badare un pò alla bimba dato che lei doveva fare delle commissioni. Ha lasciato tutto il necessario, pannolini, latte, ecc. Ma nè la sera nè i giorni seguenti la madre di mia mamma è tornata a riprenderla. E così Antje è rimasta dai nonni, per sempre. Sua madre la considerava "figlia del peccato". Mia madre mi ha raccontato che quando lei aveva sei anni sua madre è passata davanti alla casa con un pacco sotto al braccio. Quando ha visto la piccola che giocava nel giardino le ha fatto cenno di venire al cancello. Ha aperto il pacco e ha mostrato una bellissima bambola. A mia madre brillavano gli occhi dalla felicità ma sua madre le ha detto "Non è per te, la porto alla figlia del predicatore, per il suo compleanno". 

Mia madre andava a scuola e il suo profitto era ottimo. Cantava come un usignolo: aveva una voce pura e squillante tanto che la maestra è andata a trovare i nonni dicendo che era il caso che la bimba chiedesse una borsa di studio per poter studiare canto e lei, come maestra, l'avrebbe aiutata ad ottenerla. I nonni hanno ascoltato la maestra con grande scetticismo: "Come può vivere con il canto, Antje deve imparare a cucire!". Finita la scuola elementare, che era durata sei anni, i suoi genitori, che nel frattempo avevano avuto quattro maschi, l'hanno chiesta indietro per avere un aiuto in casa. I nonni però hanno categoricamente rifiutato. E' andata quindi a vivere da zia Janke che le avrebbe insegnato a cucire in cambio di un aiuto in casa. Janke era una brava sarta e mia madre l'ha ben presto eguagliata. Dopo qualche anno mia madre ha intrapreso il mestiere di sarta a domicilio. Andava cioè in casa altrui a rammendare e cucire abiti nuovi, ecc. Così si sono conosciuti lei e mio padre. Si sono sposati, lei ventunenne e lui ventiduenne: erano una bella coppia. 

 

P.S. 

Il fatto di rimanere incinta prima del matrimonio era considerato un atto riprovevole non solo in Olanda ma anche in altri paesi. Non tanto tempo fa ho riletto il libro Com'era verde la mia vallata di Richard Llewellyn, una storia di minatori del Galles. Anche lì una donna doveva confessare in chiesa, davanti a tutti, il grande peccato di essere in attesa di un figlio. Esattamente come era successo a mia nonna. Durante la confessione il ragazzino protagonista del libro era seduto assieme al padre sulle panche della chiesa e guardava meravigliato e perplesso suo padre, uomo pio e saggio, che esclamava: "Si! E' una donnaccia!" Il ragazzino pensava: "Perchè lei deve confessare ed essere umiliata in pubblico e l'uomo con cui ha fatto il figlio no?" 

In un libro che ho letto alcuni anni fa e ambientato nell'Italia del sud una ragazza rimasta incinta da nubile viene messa fuori casa dal padre ed è costretta a vivere in una baracca nel giardino, col suo bambino.

In un altro libro che sto rileggendo proprio ora, scritto da Olive Schreiner, a pagina 231 una delle protagoniste dice che per una coppia sposata i figli sono mandati dal signore ma quando non c'è un contratto legale che vincoli i genitori, chi è che manda i bambini? Il diavolo forse?




Argentina 11 - In partenza

Mio padre da un pò di anni gestiva una fabbrica di mattoni nelle vicinanze di El Palomar, cittadina vicina a Ramos Mejia; era socio di un olandese e da un pò ci lavorava anche Henk. Le piastrelle da pavimento erano molto belle e la clientela non mancava. Solo che i clienti pagavono con grande ritardo e i soldi erano necessari sia per vivere che per fornirsi di nuovo materiale. Questa situazione andava avanti da troppo tempo e mio padre era molto preoccupato, in casa ne parlavamo e lui aveva in mente di lasciare l'Argentina, paese bellissimo ma dalla cultura e mentalità troppo diverse dalla nostra. 

A volte, quando la mattina arrivavo in anticipo al lavoro (cosa molto rara) mi avviavo al porto che era lì nei paraggi della banca. Guardavo le grandi navi che entravano e uscivano e si insinuava in me la voglia di salire a bordo di una nave e partire non so per dove ma comunque lontano dal luogo in cui mi trovavo. Potrebbe sembrare dai posts precedenti che la vita in Argentina fosse tutta spensieratezza e allegria ma ci sono stati momenti bui e di grande abbattimento. Però noi eravamo una famiglia unita, attiva, volenterosa e vitale e abbiamo sempre superato le grandi avversità. Quando si parlava di lasciare l'Argentina, l'idea non mi dispiaceva. C'era la possibilità di andare in Canada dove mio padre aveva un fratello, Wopke, che viveva lì da diversi anni con moglie e figlio nella città di London, Ontario. Gli ha scritto e Wopke era disposto a farci da garante ed ospitarci per i primi tempi. E così fu Canada. Alla fine del 1955 ci siamo imbarcati su un cargo con soli 12 passeggeri ospiti per affrontare intrepidamente un paese con cultura e lingua diverse (il cane Kazan è stato adottato da una coppia austriaca).




martedì 11 marzo 2025

Argentina 10 - Minze

Un pomeriggio in banca c'è stata una chiamata per me. Era mia madre che con voce ansiosa mi informava che un poliziotto era venuto a casa per dirci che mio fratello Minze aveva avuto un incidente ed era ricoverato in una clinica: mamma mi chiedeva se potevo andare subito da lui. Mi ha dato l'indirizzo e subito in banca ho avuto il permesso per uscire e ho preso un taxi. Ho trovato Minze su di un lettino in stato di incoscienza. Aveva la testa fasciata ed era stato appena operato. E' venuto a parlarmi il chirurgo che l'aveva appena operato dicendomi che Minze aveva subito una delicata operazione: una scheggia cranica era penetrata nel cervello ed era stata estratta con successo. Bisognava attendere per conoscere l'esito dell'operazione. Una lunga degenza avrebbe chiarito se Minze avrebbe conservato appieno le proprie capacità cognitive. L'incidente occorso a mio fratello si era svolto così: il treno per Ramos Mejia era  stracolmo in ogni ordine di posti e perciò Minze pur di poter viaggiare si era posizionato su un gradino all'esterno del treno. Lo facevano in tanti. Sotto un tunnel il vento ha mosso il suo impermeabile tanto da farlo impigliare in un chiodo piantato nella galleria. Minze è stato sbalzato fuori dal vagone e ha sbattuto la testa sul muro. Poco dopo un agente che passava in bicicletta sulla stradina accanto ai binari l'ha visto in terra privo di coscienza e con una ferita alla testa. Ha chiamato l'ambulanza che l'ha subito portato in questa clinica  specializzata in traumi della testa. Giorno e notte a turno abbiamo assistito Minze seduti su di una sedia accanto al letto. Quando poi si è svegliato, per lungo tempo è rimasto assente, con la mente altrove. Ad un certo punto dal nulla ha iniziato ad imprecare: parole forti, in olandese, spagnolo e persino in croato. Poi è stato il momento delle frasi bizzarre senza capo nè coda: "Mettete le mie scarpe al fresco!". Ci facevano ridere ma anche tremare. Il suo cervello avrebbe ricominciato a funzionare in modo normale? Ad un certo punto hanno tolto i bendaggi, la ferita stava rimarginandosi, i medici erano ottimisti. Le flebo che lo nutrivano sono state tolte e sostituite dal cibo che noi gli imboccavamo. A Buenos Aires era pieno di venditori di frullati: tu sceglievi la frutta e te la frullavano lì per lì. Io portavo i frullati a Minze, in ospedale, e lui gradiva molto. Poi ha cominciato a guardarci negli occhi e a riconoscerci. A turno andavamo in ospedale e tornavamo; mia madre, che era rimasta a casa, ci rifocillava con un buon pasto. Un giovane paziente che era stato appena dimesso dalla clinica doveva tornare a casa, dall'altra parte dell'Argentina, ma, in attesa del treno, non aveva soldi per un albergo. L'abbiamo ospitato noi, il letto di Minze era libero. Il suo treno sarebbe partito due giorni dopo: sembrava un bravo giovane ma dopo la sua partenza abbiamo scoperto che l'orologio di Minze non c'era più. In clinica le cose andavano bene. Minze migliorava a vista d'occhio e cominciava a parlare normalmente. Che sollievo! Dopo la luga degenza è tornato a casa e dopo la convalescenza è tornato al lavoro. Non ci sembrava vero.
 






lunedì 10 marzo 2025

Argentina 9 - Piscine



 


Uscivo qualche volta con un giovane che avevo conosciuto sul treno. Abitava un paio di fermate dopo Ramos Mejia, studiava legge e il padre avvocato gli aveva procurato un lavoro part time. Nella sua cittadina c'era un bar ristorante che aveva un grande terrazzo con sedie e tavolini e al centro uno spazio per ballare. Era più che altro un ritrovo per giovani; tutti avevano i capelli scuri e si conoscevano tra loro, io ero l'unica bionda. Queste serate erano gratuite, non si pagava il biglietto ma solo l'eventuale consumazione. Tutti, ragazzi e ragazze, erano molto affabili e la sera l'aria si faceva più fresca. Un paio di volte abbiamo cenato a Buenos Aires in un ristorante economico ma con cibo molto buono. Quando si entrava nel locale si prendeva un menù stampato su cartoncino: accanto alla pietanza che sceglievi apponevano un timbro. Se per dessert ordinavi delle crepes arrivava al tavolo un cameriere con un carrello sul quale c'era tutto il necessario per friggere in diretta le frittelle davanti a te che, a seconda della scelta, erano farcite con miele o con dolce de leche: erano squisite. Uscendo portavi alla cassa il tuo cartoncino timbrato e pagavi. In Argentina ho mangiato per la prima volta carciofi, patate dolci e a Natale panettone che lì si chiamava Pan Dulce. Un pomeriggio abbiamo preso un bus fino ai margini della città dove in mezzo agli alberi c'era un grande stagno balneabile. Tutto intorno sedie a sdraio e tanta gente. Io per la prima volta indossavo un bikini cucito da mia madre. Allora il bikini era una rarità. Tranquillità e pace: un luogo inaspettato, di un altro mondo. L'acqua era limpida e sgorgava dalla profondità della terra. Lo stagno era profondo al centro e ci si nuotava bene. Federico, il mio amico, non sapeva nuotare, non era un tipo sportivo e si divertiva a spruzzarsi l'aqua addosso con le mani. Al crepuscolo siamo usciti dal cancello assieme alle altre persone e abbiamo aspettato il bus. Siamo stati assaliti da sciami di zanzare fameliche per le quali noi eravamo una bella cena. Maledette zanzare!

 


Più a nord di Ramos Mejia io e i miei fratelli la domenica a volte andavamo in una piscina. Scesi dal treno c'era una carrozza con cavallo che ci portava fino alla piscina, molto spartana e fatta di cemento, senza neanche le mattonelle. Quello che mi piaceva era che venivano trasmesse ad alto volume canzoni di crooners americani. Una volta è venuta con noi Thea, la sorella di Anneke: era un maschiaccio. Con i miei fratelli saltava dal trampolino alto esercitandosi a fare il salto mortale. Una volta che un giovane mi infastidiva mio fratello Henk si è tuffato, ha nuotato fino a me e ha intimato al tagazzo di lasciarmi stare. Per farmi uscire dall'acqua mi ha preso per la vita e mi ha messo a sedere sul bordo vasca, Henk era grande e grosso. 

Quando ero bambina, ad Haarlem, per la nostre vacanze estive di sei settimane i miei genitori ci compravano la tessera di una piscina all'aperto chiamata De Kleef che per il periodo delle vacanze era frequentata fino ad una certa ora solo da bambini. La piscina era divisa in due, da un lato c'erano i maschi e dall'altro le femmine. Solo il sabato non c'era la separazione e si nuotava tutti insieme. C'era una bagnina che aveva accanto a se una canna metallica protesa sull'acqua e alla cui estremità era appesa una corda con una cintura. Ho chiesto di potermi mettere la cintura tanto da poter stare sdraiata nell'acqua, galleggiare e imparare a nuotare sotto la guida della bagnina che mi ha insegnato gli stili rana e dorso. Poi, quando mi son sentita pronta e la bagnina ha dato il consenso mi son potuta iscrivere all'esame per prendere il diploma. C'era una commissione apposita davanti alla quale dovevi dimostrare le tue capacità. Insomma, in questo modo io e i miei fratelli abbiamo preso il diploma. Dopo la scuola superiore si andava regolarmente in piscina e l'istruttore ci insegnava a salvare le persone in difficoltà. Tra le varie prove c'era quella di salvataggio subaqueo che consisteva nel recuperare un manichino sul fondo della piscina. Eseguivo il compito di malavoglia però lo facevo. Ho sempre avuto un grande disagio nel mettere la testa sott'acqua. Un problema che ho avuto per tutta la mia vita. 


De Kleef

 

venerdì 7 marzo 2025

Argentina 8

Una domenica, giorno libero, ho preso il treno da sola e sono andata a Martin Coronado dove Anneke e la sorella mi hanno mostrato la loro cittadina. Con nostra grande sorpresa abbiamo visto una scrofa che attraversava una strada seguita dai suoi piccoli. Poi in un'altra strada una vettura si è fermata accanto a noi. La conducente rivolgendosi a me ha chiesto la strada per la stazione. Io che arrivavo da lì ho saputo indicarle il percorso con precisione. Thea mi ha chiesto: "Come hai imparato lo spagnolo in così breve tempo?" Con le due sorelle si parlava di tutto, ho raccontato della mia permanenza a Vicente Lopez, dei bagni nel fiume e della spiaggia. Loro hanno espresso il desiderio di vedere tutto coi loro occhi e così abbiamo deciso di andarci la settimana entrante. Il giorno prestabilito mi sono avviata prestissimo verso la spiaggia perchè c'era da prendere ben due metro e due treni. Sono arrivata molto in anticipo e mi sono seduta su un gradino di una scalinata dove potevo controllare l'ingresso della spiaggia che ancora era deserta: non c'era un solo essere vivente, una gran pace. Avevo davanti a me il fiume d'argento e  una gran quantità di fiori chiamati Brown-eyed Susan che crescevano tra i massi. Ero carezzata da un'aria matutina molto gradevole. Ero pervasa da una grande felicità. Felice come raramente ero stata nella mia vita. 

Brown eyed Susan



 

Spiaggia di San Vicente Lopez

 

Argentina 7

In banca ho conoscito Anneke. Uno dei suoi compiti era quello di portare in giro per gli uffici la posta. Una volta è entrata nel mio ufficio e le sono andata incontro per prendere in consegna la posta indirizzata a Cupones. Lei mi ha detto: "quando ancora lavoravi al piano superiore ti ho vista battere ad una macchina da scrivere enorme e mi son chiesta: come fa?" Da quel giorno, quando lei veniva nel mio ufficio, scambiavamo due parole. C'era nell'aria, tra di noi, una forte simpatia. Abbiamo deciso di vederci fuori dal lavoro. Lei abitava a Martin Coronado e non sapeva che mezzi prendere per andare dalla sua città fino a Ramos Mejia, perciò la domenica seguente sono andata a prenderla a Plaza de Majo. Lei mi aspettava in compagnia di sua sorella che si chiamava Thea, non si assomigliavano per niente: Anneke piccina e bionda e Thea più alta e castana. Abbiamo preso metro e poi treno fino alla mia cittadina. Abbiamo passato insieme una bella giornata lì, a Ramos Mejia. I miei fratelli hanno poi spiegato alle ragazze con che mezzi tornare a casa. La settimana dopo io con uno dei miei fratelli siamo andati in bicicletta a trovare loro. Abbiamo conosciuto i genitori e il fratello Tom. Io, da sola o con i miei fratelli, facevo sempre lunghe pedalate. 
A Buenos Aires c'era un cinema che proiettava cartoni animati per una settimana intera. Anneke andava matta per i cartoni e mi ha chiesto di andarci insieme dopo il lavoro. Durante la proiezione lei rideva a crepapelle ma io dopo un pò ho cominciato ad annoiarmi. All'inizio del terzo film (ne erano in programma 4) siamo andate via perchè la strada per casa era lunga. 
A volte io e i miei fratelli davamo una festicciola nella nostra abitazione: venivano amici che a loro volta portavano amici. In genere eravamo circa 10-12 persone. Si ballava, si parlava. Mio fratello Minze al tempo lavorava presso un elettricista e così ha messo luci tra gli alberi del giardino e ha fatto in modo che la musica fosse ben udibile anche all'aperto. Alle festicciole veniva anche Anneke. Gli ospiti non andavano via tardi perchè avevano una lunga strada da fare fino a casa e allora noi ci sdraiavamo sui letti e ascoltavamo musica classica e Anneke diceva che quella era la parte più bella della serata. I miei genitori nel frattempo nell'altro appartamento si intrattenevano con i nostri vicini croati. Anneke rimaneva a dormire da noi. Tempo dopo lei ha avuto dei biglietti omaggio per l'opera, al teatro Colòn, uno dei più grandi e bei teatri per l'opera del mondo. Avevamo l'appuntamento davanti al teatro, faceva fresco quella sera e io indossavo un completo appena realizzato da mia madre: una giacca double face, da una parte nera e dall'altra a quadretti. Quella sera la indossavo dal verso nero su di una camicia nera e una gonna a quadretti: tutto fatto da mia madre! Quando Anneke mi ha visto ha gridato dallo stupore e dall'entusiasmo. Era un tipo molto esuberante. 
 
Teatro Colòn

 
Tempo dopo, per far conoscere i rispettivi genitori, abbiamo organizzato una gita a Tigre, città al capolinea della linea ferroviaria che correva parallela al Rio della Plata. Da questa città partivano delle lance che portavano agli isolotti. Io ho scelto a quale isola attraccare, c'ero già stata. C'era una piscina, l'angolo giochi, un bar. Mia madre ha portato un dolce fatto da lei. E ' stata una giornata molto bella, i genitori andavano d'accordo. Eravamo lì presenti solo noi figlie femmine. 
 
 
Anneke

 
Anneke

mercoledì 5 marzo 2025

Argentina 6

Mia madre durante il giorno aveva molto da fare: sistemare la casa, fare la spesa, fare il bucato per cinque persone (non c'era ancora la lavatrice e si faceva tutto a mano). I panni lavati li appendeva ad un filo teso tra due alberi del giardino. Poi stirava tutto. Noi eravamo tutti fuori a lavorare e quindi non si pranzava assieme. Mamma nel tardo pomeriggio preparava la cena. Da sempre consumavamo molta verdura insaporita con spezie varie. Oltre a tutte queste faccende lei cuciva; dall'Olanda avevamo portato con noi la Singer col pedale e mamma cuciva vestiti per lei e per me ma anche camicie e pantaloni per gli uomini di casa. Era bravissima. Da ragazzina era stata allieva di sua zia Janke che le aveva insegnato i segreti della Singer con la quale realizzava anche delle cuffiette tradizionali olandesi per la mia bisnonna Beppe. Quando andavo alla scuola elementare alle femmine veniva insegnato il ricamo e il lavoro a maglia ma con quest'ultimo ero una schiappa. La mia maestra riprendeva i punti caduti esclamando: "Com'è possibile che tua madre è così brava e tu sei negata?" Crescendo però ho ripreso in mano i ferri e son diventata brava anch'io. Ho fatto mille maglie per me, per i miei figli e poi per le mie nipoti. Ogni tanto mia madre preparava una pappa che mi piaceva tanto, se ricordo bene era fatta così: bolliva del vino rosso con un pò d'acqua, dell'orzo, uva passa, zucchero e un pizzico di cannella. Quando l'orzo era cotto aggiungeva frutta fresca a pezzetti. Questa pappa non piaceva solo a me. L'abbiamo denominata Gezondheidspap (Pappa della salute).


 

 I vestiti che indossiamo mia madre ed io li ha cuciti lei.

martedì 4 marzo 2025

Argentina 5


 

Quando ero adolescente avevo tanta voglia di avere delle trecce. Finalmente i miei capelli erano cresciuti abbastanza da poter fare due treccine che col tempo diventarono treccione. A scuola, durante l'intervallo nel cortile, c'era spesso un ragazzo che non resisteva dal darmi una tirata di treccia. Mia cugina mi difendeva spingendolo via malamente. Crescendo ho cominciato a mettere le trecce in alto sulla nuca con delle forcine. Dopo circa due anni dal mio arrivo a Buenos Aires ho preso una decisione: non ho detto niente a nessuno e una mattina mi sono uscita prima del solito, sono andata da un  parrucchiere a Buenos Aires e mi sono fatta tagliare le trecce. Con un taglio semplice e liscio stavo bene. Quando la sera son tornata a casa a mio padre, vedendo il mio nuovo look, son venuti gli occhi lucidi. Lui amava i miei capelli che ormai superavano la vita. La sera a volte avvolgevo i capelli con delle strisce di stoffa e così di giorno li avevo  un pò mossi.

 

Ancora con i capelli lunghi

 

 

 

Argentina 4

Avevo la tessera mensile della metro e del treno. A a volte uscendo dal lavoro avevo voglia di camminare e andavo a piedi fino a piazza Once. Strada facendo potevo avevo appetito e per smorzarlo ad un chiosco compravo una barretta di cioccolato. I chioschi a Buenos Aires erano un'istituzione. Fornitissimi offrivano, giornali, libri, dolci, sigarette, cibarie e tanto altro. Una volta a piazza Once prima prendere il treno mi fermavo ad una friggitoria e compravo empanadas appena fatte da portare a casa. Eravamo ghiotti di questo tipico piatto argentino.

Mio padre allora lavorava in una piccola fabbrica di orologi e ci ha detto che a giorni ci sarebbe stata una festicciola del personale; mi ha chiesto di venirci con lui. Il giorno della festa ho preso la metro e sono scesa alla fermata indicatami da mio padre. Lui era lì che mi aspettava, l'ho preso a braccetto e lui ha tenuto la mia mano nella sua. E così ci siamo fermati ad un chiosco per comprare le sigarette per mio padre. Il negoziante, che conosceva mio padre, gli ha chiesto: es su novia? E' la sua fidanzata? Mio padre ha risposto: no es mi hija. No, è mia figlia. Alla festa c'erano poco più di venti persone tra personale e familiari, tutti molto carini. C'era un buffet con tanto finger food salato e dolce (cibo da mangiare con le mani), bella musica, alcuni ballavano, altri facevano conversazione. Serata molto piacevole.

Col tempo hanno cominciato a piacermi molto i tangos argentinos. Mi travolgevano e sentivo le vibrazioni in tutto il mio essere. Un pomeriggio, consumando la merenda offerta dalla banca, un collega mi ha detto: tu lo sai che fra tutti i tangos famosi ed apprezzati ci sono dei brani eseguiti e composti da un olandese? Io non lo sapevo. In confronto ai tanghi argentini, così spigolosi e ritmati, i tanghi europei mi sembravano sdolcinati.

 https://www.youtube.com/watch?v=NY7AX8IFePM

 

lunedì 3 marzo 2025

Argentina 3

 

 

Un giorno si affaccia nel mio ufficio il signor B. un dirigente di un altro reparto, giovane, tranquillo, mite. Ci incrociavamo nei corridoi, un saluto e due parole. Mi fa un cenno e io lo seguo nel corridoio. Aveva un favore da chiedermi. Il prossimo sabato lui e la moglie erano invitati a cena da amici e se io potevo fare da babysitter ai bambini. Ci ho pensato su al volo e no, quella sera non avevo impegni, potevo. Mi ha dato l'indirizzo. Il sabato seguente mi sono avviata con i mezzi verso casa loro.
Abitavano a Lomas de Palomar, una cittadina residenziale con villette, a 26 chilometri dal centro di Buenos Aires. Ho trovato i tre bambini, belli e tranquilli, già in pigiamino. La signora mi ha mostrato una grande stanza con i letti dei bimbi più un letto preparato per me. Ha chiuso le tapparelle per la notte poi mi ha indicato una pentola col minestrone e ha riempito un piatto per me, poi mi ha pregato di imboccare i figli prendendo la minestra direttamente dalla pentola, per non sporcare i piatti. Sono usciti. All'ora indicatami i bambini, molto educati, sono andati a letto senza storie. Quando sul tardi sono andata a letto ho trovato la stanza completamente buia. Ero abituata ad avere sempre un raggio di luce nella stanza perchè avevo paura del buio e perciò quella notte ho dormito pochissimo. La mattina, dopo una piccola colazione, la signora mi ha raccontato che giorni prima il figlioletto era andato ad una festa di compleanno e lei come regalo ha incartato un'arancia e poi ha messo un bel fiocco al pacchetto. Quando ero già sull'uscio mi ha detto: "mi spiace ma non ho soldi in casa. Sarà per la prossima volta". Mentre lei mi diceva così il signor B. guardava per terra. Più o meno un mese dopo B. mi ha chiesto un altro favore: la moglie per il sabato seguente aveva organizzato un pomeriggio di bridge con una decina di ospiti e se io potevo aiutarla a servire gli invitati. Mi sono avviata indossando una bella camicia che mia madre mi ha consigliato di indossare per l'occasione. Nel grande soggiorno i dieci ospiti erano seduti a cinque tavolini e con grande concentrazione giocavano a carte. La signora, in cucina, preparava bibite, salatini e dolcetti e io con un vassoio andavo e venivo servendo ai tavoli. Dopo un paio d'ore la festa era finita e come l'altra volta la signora mi ha detto di non avere soldi. Il marito era lì muto con gli occhi fissi sul pavimento. Io non ho detto niente e sono andata via. Avevo sacrificato i miei 2 giorni di libertà e avevo speso i soldi per il treno, andata e ritorno. 

 

 

domenica 2 marzo 2025

Argentina 2

 

Di fronte alla stazione c'era un negozio di dischi che mandava musica a tutto volume che si diffondeva nelle strade. Una volta che scendevo dal treno mandavano Eduardo Falù e mi sono fermata ad ascoltare questa musica struggente che mi colpiva profondamente. I testi parlavano della vita argentina, dei gauchos, della pampa. Ho comprato il disco. Che mi ha poi seguito di viaggio in viaggio, di casa in casa. Anche i miei figli da piccoli lo hanno ascoltato quando il giradischi di casa lo suonava. David lo conosce a memoria e lo trova sempre incredibile.

 

                                        https://www.youtube.com/watch?v=7fOXfaTX_Xo&  list=PLL8EOw8e3WXo3YMH40FLhSqkBuERu_uHM 

Mio fratello Henk era un appassionato conoscitore di musica classica che tutti noi ascoltavamo con sommo piacere. Quando Henk veniva a sapere che io dopo il lavoro la sera rimanevo in città mi dava una lista di dischi da cercare in un grande e fornitissimo negozio di musica aperto tutta la notte. I cinema, con lo stesso biglietto, ti offrivano 2-3-4 films di seguito e durante gli intervalli sul palco c'erano dei piccoli shows di ballerini di tango e chitarristi. Nella piccola città di Ramos Mejia, dove abitavamo, sono andata con i miei fratelli al cinema. Non ci hanno fatto entrare perchè per via del gran caldo loro avevano i piedi nudi e i sandali. Casa nostra era vicina e così siamo corsi a mettere i calzini. Una volta tornati al cinema un usciere aveva un'altra obiezione da farci: i miei fratelli erano sbracciati e dovevano coprirsi. Un'altra corsa a casa per mettere le giacche. Poi, alla fine, una volta dentro, con grande piacere ci siamo sorbiti tre o quattro films intervallati da altrettanti spettacolini. Una volta, dopo essere scesa dal treno, mi sono avviata verso casa. Un giovane uomo che abitava nella mia zona e che conoscevo di vista ha fatto un tratto di strada insieme a me. Sull'altro marciapiede camminava mia madre che è entrata in un negozio di alimentari. L'ho indicata e ho detto: "quella è mia madre".Il mio accompagnatore ha esclamato: "ma è più bella ti te!". Io l'ho raggiunta nel negozio proprio mentre il proprietario con grande dedizione era intento a servirla. Qualche giorno prima in casa era successo questo: ho letto ai miei un articolo di una rivista che suggeriva di essere sempre gentili con gli altri, avere sempre il sorriso pronto e fare dei complimenti, ad esempio: che bei capelli che ha! Qualche giorno dopo mia madre mentre faceva la spesa nell'alimentari con tono ammirato ha detto al proprietario: "ma che bei capelli che ha!". Lui, che era completamente calvo, dopo il primo stupore è scoppiato in una risata che non finiva più. Mia madre era molto spiritosa. Quando ho cominciato a lavorare in banca scendevo alla fermata Plaza de Majo. Uscendo all'aperto il riverbero del sole sulle chiare mattonelle della piazza era accecante. Passando per Casa Rosada, la residenza di Juan Peròn, sbucavo in Via 25 de Mayo dov'era la sede della banca. In quei tempi i giornali parlavano di manifestazioni violente in quella piazza ma io non mi sono mai accorta di niente. La mattina presto, prima di uscire, aiutavo mia madre con le faccende di casa e poi a volte uscivamo assieme in direzione mercato dove lei si fermava e io proseguivo per la stazione. Quando però le borse con la spesa erano troppo pesanti io non potevo non riaccompagnare mia madre a casa perdendo così il mio treno abituale ed essendo costretta ad attendere il prossimo. Al lavoro timbravo il cartellino in ritardo ma venivo perdonata perchè quando c'era bisogno di rimanere un quarto d'ora in più lo facevo volentieri. La frutta in Argentina era eccellente, dolce e succosa. In famiglia ci siedevamo attorno ad una ciotola stracolma di mandarini e li mangiavamo come fossero dolci squisiti, mai mangiato più dei mandarini così buoni.. Il nostro cane partecipava allo spuntino con golosità. Perchè da un pò di tempo avevamo un cane, preso al canile di Buenos Aires. L'abbiamo chiamato Kazan. Aveva tutto il giardino a disposizione e poteva entrare in casa quando voleva. A volte quando avevo tempo lo portavo a spasso al guinzaglio e così ho conosciuto un ragazzo della mia età che portava a spasso il proprio cane. Il ragazzo si chiamava Roberto e frequentava l'Accademia di Belle Arti. I suoi genitori erano russi e lavoravano tutti e due. Ogni sabato Roberto andava a lezione di russo. Eravamo come sorella e fratello perchè assomigliava ai miei fratelli, sia d'aspetto che nei modi. Sono stata a casa sua e lui ha messo un disco di musica classica: ci siamo sdraiati sul tappeto ad ascoltare rapiti. Che bei momenti. Un giorno per strada ho trovato un giovane cane in preda agli spasmi, che non finivano più. Assieme a Roberto l'ho portato dal veterinario che ci ha detto che non c'era rimedio alle sue sofferenze, l'unica cosa da fare era sopprimerlo. Ed è stato fatto, con mio sommo dispiacere.

sabato 1 marzo 2025

Si va in Argentina 1

 

 

                           https://www.youtube.com/watch?v=gUFcPI3LOqw

Che coraggio hanno avuto i miei genitori a decidere di cercare fortuna in un paese totalmente ignoto e di cui non conoscevano neanche la lingua. Mio padre aveva 42 anni e mia madre 41. Noi figli li seguivamo con fiducia ed entusiasmo. Prima di partire ad Amsterdam abbiamo fatto le visire mediche per ottenere il visto. Un medico col quale abbiamo chiacchierato ci ha detto: "Peccato che gente come voi se ne vada dall'Olanda". Con un febbrone dovuto al vaccino abbiamo fatto una foto ricordo da lasciare ai parenti in Frisia.

 

Io mi sono dimessa da segretaria di redazione di una nota casa editrice di libri e riviste di fotografia a Bloemendaal (ero anche in possesso dei diplomi di dattilografia e stenografia). Mio padre ha costruito scatoloni di legno per il trasloco. Ci abbiamo messo le cose che sarebbero state utili dall'altra parte dell'oceano. Mia madre ha salutato le vicine (abitavamo allora nella Ripperda Straat). Una di loro le ha regalato un canovaccio che per mia madre era un grande regalo in tempi di grandi ristrettezze. L'ha conservato sempre come fosse una reliquia preziosa. Mio padre non aveva i soldi per il viaggio e suo padre, ancora in vita, per il viaggio gli ha dato in anticipo i soldi dell'eredità. Nel settembre del 1950 ad Amsterdam ci siamo imbarcati sulla nave Entre Rios, una grande nave principalmente per emigranti. A bordo gli uomini e le donne dormivano in compartimenti separati. I bambini stavano con le donne. Ad Amburgo sono stati imbarcati altri passeggeri e dalla nave si vedeva la città devastata dai bombardamenti. Abbiamo poi attraccato a Las Palmas, in Spagna. La temperatura si era alzata e abbiamo dovuto cambiare vestiti per alleggerirci. Entre Rios A Las Palmas potevamo scendere per qualche ora. C'erano varie bancarelle con gioiellini molto colorati, fatti a mano, una delizia per gli occhi. Infine siamo arrivati a Buenos Aires. 

 

Sulla Entre Rios

Al porto si è presentato a noi un impiegato dell'Ambasciata dei Paesi Bassi che diceva di chiamarsi John Taylor; il suo compito era quello di assisterci e di portarci, il giorno dopo, alla stazione. Ci ha portato ad un piccolo albergo non lontano dal porto che aveva di fronte un grande palazzo che si chiamava Lunapark dove venivano programmati concerti e incontri di lotta wrestling. L'uomo parlava fluentemente spagnolo e olandese; ci ha portato in giro per la città offrendoci da bere. La mattina dopo ci è venuto a prendere per accompagnarci ad una stazione secondaria dove prendere un treno locale che ci portasse al nostro villaggio, che si chiamava J. J. Almeira. Una volta arrivati ci hanno mostrato la nostra abitazione e il proprietario della fattoria ci ha dato il benvenuto. Il manovale che mio padre avrebbe sostituito gli ha mostrato i macchinari, alquanto fatiscenti, per mungere e il loro funzionamento. La casa assegnataci era deludente, il bagno non aveva il water ma un buco nel pavimento e la cucina, piena di grasso, era stata usata dai gauchos per friggere la carne, che era l'alimento base del luogo. Siamo andati all'emporio per acquistare pane, zucchero, te, caffè, marmellata. L'emporio era veramente sguarnito, c'era pochissima scelta. Il manovale di prima ha iniziato a spiegare a mio padre e ai miei fratelli come si sarebbe svolto il lavoro: la mattina, quando era ancora buio, si montava a cavallo (senza sella) e si andava a rintracciare e raggruppare le mucche nelle vaste pianure delle Pampas. Una volta, ne buio, il cavallo di Henk si è fermato di colpo, forse per un serpente,. Henk è caduto perdendo gli occhiali da vista. Il giorno dopo, alla luce del sole, hanno fatto una attenta ma inutile ricerca. Per i miei fratelli, ragazzi di città, si trattava di un enorme e duro cambiamento di stile di vita. Sotto una grande tettoia erano raggruppate le mucche, tutto molto alla buona. Quesi tutte le mucche erano malate di Afta epizootica. Durante la mungitura con le macchine erano agitate e recalcitranti per il dolore alle mammelle. Il manovale irritato e impaziente scalciava le povere mucche sofferenti e inermi. In confronto la fattoria del New Jersey era un paradiso. Dopo circa una settimana è tornato John Taylor, l'uomo che ci aveva accolto al porto. Era appena passato all'emporio per informarsi dei nostri acquisti e ci ha rimproverato perchè secondo lui le cose che compravamo erano troppo lussuose (burro, marmellata, zucchero). Poi, incredibilmente, ci ha chiesto indietro i soldi delle bevande e della notte passata nella pensione in cui ci aveva portato. Solo dopo ci ha restituito i passaporti che aveva tenuto con se per le pratiche burocratiche. Abbiamo saputo che non troppo lontano abitava una famiglia olandese. Raccolte alcune informazioni ci siamo avviati per cercarla. Durante la lunga camminata è sbucato fuori dal nulla un cane lupo. L'ho salutato "ciao Michiel!" Era molto affettuoso e ci ha seguito fino alla nostra meta. La famiglia era molto simpatica e mentre in casa chiacchieravamo da fuori sono arrivati il ringhiare di una lite tra cani. Mi sono affacciata e ho visto che alcuni cani stavano attaccando Michiel considerandolo un intruso Senza esitare sono saltata dalla finestra e li ho separati. Forse i cani hanno capito che non avevo paura, sta di fatto che non mi hanno morsa e si sono calmati. Sulla via del ritorno, nel punto esatto in cui lo avevamo incontrato, Michiel ci ha lasciato. Ciao Michiel. La vita nella estancia (fattoria) era troppo primordiale per noi e abbiamo deciso di non rimanerci. Mio padre, sempre intrepido e attivo ha preso un treno per Buenos Aires per vedere come sistemarci momentaneamente. Tutto questo senza conoscere la lingua. Ha trovato una pensione molto spartana sotto i portici di Plaza de Mayo dove siamo stati circa una settimana. Ogni giorno leggevamo e valutavamo gli annunci di lavoro. In città abbiamo trovato tutti un lavoro ma in posti diversi. Mia madre ed io presso una coppia tedesca a Olivos, una città in provincia di Buenos Aires. Lì governavamo la casa e mia madre cucinava. Poi abbiamo trovato un altro impiego, a Vicente Lopez, un comune poco più a nord, sulle rive del Rio de la Plata. Mia madre come governante presso una famiglia, lui olandese e lei tedesca, più un figlio. Nel giardino, attacato alla villa c'era un piccolo appartamento dove alloggiava una giovane coppia addetta alla pulizia della casa e del giardino. Io lavoravo nelle vicinaze presso una famiglia tedesca dove ero trattata alla pari e svolgevo mansioni di casa assieme alla signora: cucina, spesa al mercato, al suono della radio si rammendava, ecc. Alla radio, una volta trasmettevano il Valzer dei fiori e io ho detto: "come mi piace Tchaikovski". La signora era stupita: "come fai a conoscerlo?". Alla fine del brano la voce del presentatore ha confermato che si trattava dell'opera del grande compositore russo. Avevo la mia cameretta e la mattina presto mi alzavo per preparare la colazione ai figli che andavano alla scuola tedesca. Dopo il pranzo c'era sempre il dessert e ricordo che la figlia maggiore amava mangiare prima il dolce e poi il resto. Questa figlia a volte si vedeva con un amica nella sua stanza per leggere delle poesie e io ero invitata a stare con loro. Gradivo molto perchè amavo le poesie tedesche imparate a scuola. Un pomeriggio c'era una festicciola di carnevale in quella casa, io ero tra gli invitati e la signora per l'occasione mi ha vestita da olandesina con tanto di cuffietta in testa cucita da lei. C'era tra gli invitati un giovane ingegnere inglese collega del marito della signora che poi è tornato a casa più volte per vedere me. Mi ha anche invitata a prendere un te a casa sua assieme alla mamma. Mi ha chiesto di sposarlo. Io lo trovavo molto simpatico ma niente di più e gli ho detto di no. Come ogni giorno, dopo pranzo, una volta riassestata la cucina, ero libera e andavo da mia madre che lavorava in una casa poco più in là, girando l'angolo. In questa casa si sostava in giardino ed ho conosciuto il figlio avuto dalla padrona di casa dal primo matrimonio. Ci siamo innamorati: la mia prima cotta. Lui studiava da veterinario, era bilingue e con lui parlavo tedesco come anche con sua madre. A volte andavamo al Rio della Plata a fare il bagno. Il fiume era enorme, non si vedeva l'altra sponda. Una parte della spiaggia era fatta di grandi massi e noi saltavamo di roccia in roccia. A volte prendevamo la barca per arrivare ad un isolotto nel fiume e, a forza di remare, mi son venuti i calli alle mani. Nel frattempo mio padre ha trovato in una cittadina, Ramos Mejia, un grande loft in una ex clinica psichiatrica dove poter vivere di nuovo tutti assieme. Ho sentito dire che a Buenos Aires c'era una banca olandese, il Banco Holandes Unido, situato nella strada 25 de Mayo. L'orario di lavoro della banca era dalle 12 alle 19. Un pomeriggio ci sono andata presentandomi all'ufficio del personale e, grazie al mio curriculum, ho potuto immediatamente iniziare a lavorare lì. Così è iniziato un altro capitolo della mia vita: con rammarico da entrambe le parti ho lasciato la famiglia tedesca e ho cominciato a vivere con i miei a Ramos Mejia, in Calle Necochea. Il loft era al pianterreno e c'era un grande giardino; mia madre, con le sue mani d'oro ha cucito delle tende per separare le stanze da letto dal soggiorno e dalla cucina. Le casse di legno del trasloco dallOlanda sono diventate armadietti. I mobili li abbiamo presi di seconda mano. La casa è diventata molto accogliente. Nel giardino raccoglievo dei fiori che mettevo in un vaso sul tavolo, come si usa in Olanda. Nell'altra ala del palazzo abitava una famiglia Croata i cui membri ogni volta che entravano in casa nostra esclamavano: "Come siete ricchi!". Ogni giorno andavo al lavoro prendendo il treno fino al capolinea, Plaza Once, lì il treno procedeva in galleria. Poi da lì prendevo la metropolitana fino al capolinea: Plaza de Mayo da dove, passando davanti alla casa Rosada di Juan Peron, in pochi minuti ero in banca. Il personale era per lo più argentino ma in ogni ufficio c'erano uno o due impiegati olandesi preposti alle pratiche in lingua olandese. Ho girato vari uffici con la mansione di segretaria. L'ultimo ufficio era denominato Cupones, era situato nel seminterrato con sportelli per il pubblico in cui si discuteva di capitali, investimenti, ecc. Mi trovavo molto bene lì, andavo d'accordo con le mie vicine di scrivania. Si chiamavano Velia e Carmen. Verso le 13.00 ogni giorno arrivava un inserviente con appesi al collo dei grandi contenitori che contenevano caffè, te e mate. In più c'era un panino o un cornetto, il tutto offerto dalla banca. Io ormai mi esprimevo bene in spagnolo, lo capivo, lo parlavo fluentemente. E pensare che circa un anno prima, appena trasferiti a Buenos Aires, io e i miei fratelli camminavamo per la strada quando una signora ci ha chiesto informazioni stradali. Noi con rammarico abbiamo detto "Ci spiace, non parliamo spagnolo". Alchè lei, indignata, ci ha detto aspramente: "Qui non si parla spagnolo, si parla CASTIGLIANO!".

 

Henk sulla Entre Rios