martedì 11 marzo 2025

Argentina 10 - Minze

Un pomeriggio in banca c'è stata una chiamata per me. Era mia madre che con voce ansiosa mi informava che un poliziotto era venuto a casa per dirci che mio fratello Minze aveva avuto un incidente ed era ricoverato in una clinica: mamma mi chiedeva se potevo andare subito da lui. Mi ha dato l'indirizzo e subito in banca ho avuto il permesso per uscire e ho preso un taxi. Ho trovato Minze su di un lettino in stato di incoscienza. Aveva la testa fasciata ed era stato appena operato. E' venuto a parlarmi il chirurgo che l'aveva appena operato dicendomi che Minze aveva subito una delicata operazione: una scheggia cranica era penetrata nel cervello ed era stata estratta con successo. Bisognava attendere per conoscere l'esito dell'operazione. Una lunga degenza avrebbe chiarito se Minze avrebbe conservato appieno le proprie capacità cognitive. L'incidente occorso a mio fratello si era svolto così: il treno per Ramos Mejia era  stracolmo in ogni ordine di posti e perciò Minze pur di poter viaggiare si era posizionato su un gradino all'esterno del treno. Lo facevano in tanti. Sotto un tunnel il vento ha mosso il suo impermeabile tanto da farlo impigliare in un chiodo piantato nella galleria. Minze è stato sbalzato fuori dal vagone e ha sbattuto la testa sul muro. Poco dopo un agente che passava in bicicletta sulla stradina accanto ai binari l'ha visto in terra privo di coscienza e con una ferita alla testa. Ha chiamato l'ambulanza che l'ha subito portato in questa clinica  specializzata in traumi della testa. Giorno e notte a turno abbiamo assistito Minze seduti su di una sedia accanto al letto. Quando poi si è svegliato, per lungo tempo è rimasto assente, con la mente altrove. Ad un certo punto dal nulla ha iniziato ad imprecare: parole forti, in olandese, spagnolo e persino in croato. Poi è stato il momento delle frasi bizzarre senza capo nè coda: "Mettete le mie scarpe al fresco!". Ci facevano ridere ma anche tremare. Il suo cervello avrebbe ricominciato a funzionare in modo normale? Ad un certo punto hanno tolto i bendaggi, la ferita stava rimarginandosi, i medici erano ottimisti. Le flebo che lo nutrivano sono state tolte e sostituite dal cibo che noi gli imboccavamo. A Buenos Aires era pieno di venditori di frullati: tu sceglievi la frutta e te la frullavano lì per lì. Io portavo i frullati a Minze, in ospedale, e lui gradiva molto. Poi ha cominciato a guardarci negli occhi e a riconoscerci. A turno andavamo in ospedale e tornavamo; mia madre, che era rimasta a casa, ci rifocillava con un buon pasto. Un giovane paziente che era stato appena dimesso dalla clinica doveva tornare a casa, dall'altra parte dell'Argentina, ma, in attesa del treno, non aveva soldi per un albergo. L'abbiamo ospitato noi, il letto di Minze era libero. Il suo treno sarebbe partito due giorni dopo: sembrava un bravo giovane ma dopo la sua partenza abbiamo scoperto che l'orologio di Minze non c'era più. In clinica le cose andavano bene. Minze migliorava a vista d'occhio e cominciava a parlare normalmente. Che sollievo! Dopo la luga degenza è tornato a casa e dopo la convalescenza è tornato al lavoro. Non ci sembrava vero.
 






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