giovedì 20 dicembre 2012

Settembre 1958 (7)

Un pò di tempo fa ho letto da qualche parte un'intervista allo stilista Ottavio Missoni, 90 anni, e  ne trascrivo due frasi.  "Anche lei pensa che con l'età si entra nel Paese degli Aneddoti? Cioè, viene una gran voglia di ricordare il passato?" "E' vero. Sono i ricordi che ti tengono in piedi. La vecchiaia è una brutta malattia. Si cura ma non si guarisce." Parzialmente trovo giuste queste parole, ma d'altra parte i ricordi ci sono sempre, anche da giovani. Basta delle volte sentire un certo profumo, ascoltare della musica. Oggi, il 16 dicembre 2012,  mi è capitato di sentire in un negozio un potpourri di canzoni natalizie americane che solo da pochi anni vengono trasmesse anche qui. Mi facevano tornare in casa dei miei in Canada, l'ultimo Natale passato con loro prima della mia partenza. Che bel Natale! Con la neve, una casa accogliente, tutti noi uniti con affetto. Rivivendo per pochi secondi quei momenti di mezzo secolo fa ero così commossa che avevo le lacrime agli occhi e un cuore nostalgico in subbuglio.
Altre parole lette di recente sono "Il presente diventa passato e il passato si allontana sempre di più, scivolando via."
Un'altra massima dice:" La perdita è un atto inevitabile della nostra vita ed è proprio il tempo a renderlo inevitabile."
E il filosofo Roberto Peregalli osserva: "Trovo sbagliato guardare avanti senza voltarsi indietro nè tenere conto di dove veniamo."
Nella sua lettera del 23 settembre 1958 Anneke mi scrive dall'Argentina dove è tornata a vivere e dove lavora in ufficio da Goodyear a Hurlingham.
"In una giornata raggiante primaverile mi aspettava in mezzo alla posta la tua lettera. Per risponderti impiego dieci volte il tempo che sarebbe veramente necessario, per via dei ricordi. Adesso  mi sorprendo di rivivere una domenica mattina nelle tua stanza all'Aia con quell'atmosfera speciale che è impossibile esprimere in parole. Posso usare parole a casaccio come: pane biscottato con marmellata, uno scialle che copre il disordine sul divano, un cavallino di corda, un coperchio-portacenere, tu con un pigiama rosso e peignoir celeste, un ventaglio sul camino di marmora nera. Ma no, quell'indefinibile profumo e quell'indefinito senso di felicità accompagnato da un leggero tocco di tristezza sono impossibili da descrivere. Ma tu non ti stanchi se in ogni lettera rievoco ricordi del nostro periodo olandese che forse tu non hai trovato bellissimo? Ragazza, spero tu ti sentirai spesso così felice come me quel sabato pomeriggio che sono venuta da te in bicicletta per poi insieme (tu lungona dietro di me sul portabagaglio) goderci il sole e il porto di Scheveningen scattando foto senza importanza. La stessa sera siamo andate al cinema, di nuovo in due sulla bicicletta, chiassose e ridacchiose come due ragazzacce." Poi Anneke continua descrivendo tutti gli aspetti della sua vita argentina.
Ero sempre molto felice quando arrivava una sua lettera. La mia risposta a questa sua epistola è nel prossimo spot.



martedì 18 dicembre 2012

Settembre 1958 (6) lettera a Thea

Il 5 settembre ho scritto una lettera a Thea, sorella di Anneke.
"Mi dispiace che hai aspettato tanto la mia risposta ma la colpa è di una frase della tua ultima lettera. La riporto qui parola per parola: "Aukje non rispondermi prima che io ti spedisca le foto del mio matrimonio. Appena sono pronte te le mando, frattanto avrò anche racimolato delle nuove da raccontarti."
Anneke mi scrive che non capisci perchè non mi faccia viva. E così ho capito che soffri di memoria corta e dato che è un brutto male del quale anch'io soffro spesso, ti scrivo per consolarti. Come sta la sposina in Argentina, ha già imparato a parlare usando il termine "mio marito"? Sei ancora una scavezzacollo o hai acquisito maniere da signora?  Eri sempre così strapiena di energia spumeggiante che non ti posso immaginare posata. Pensate di stabilirvi in Olanda? Ti ringrazio ancora per la bella foto di te e Henk sposi. Eri una sposa incantevole.
Stamattina ho imbucato una lettera a Anneke dalla posta Vaticana i cui francobolli sono molto belli e anche se è abbastanza lontano da dove abito avevo voglia di vedere Piazza San Pietro sotto il sole. C'erano tanti turisti e mi danno un senso di possesso perchè abito qui. Dal Vaticano mi sono spostata a Castel Sant'Angelo lungo il fiume Tevere. Questo castello è stato costruito nel 137 e mi meraviglio di come sia ancora così forte e bello, come se fosse stato costruito da poco. Se oggi non avesse chiuso all'una e mezza mi troverei ancora là. A Roma ci sono tante cose belle da vedere e anche se abito qui già da dieci mesi, mi colpisce ancora. Peccato che non sia facile andare in giro da sola. Gli uomini quà sono dei terribili scocciatori, peggio che in Argentina. Naturalmente ci sono eccezioni alla regola e con una di queste sono andata la settimana scorsa a teatro. La cosa simpatica era che potevamo dare un'occhiata dietro le quinte e abbiamo visto come gli attori si vestivano e truccavano, uno di loro è amico del mio accompagnatore (e se mi ricordo bene si chiamava Silvio Spaccesi) e ci ha presentato a tutta la compagnia. Il lavoro era buono, consisteva in diverse commedie. Alla fine abbiamo fatto i complimenti agli attori.
16 settembre. Ho fatto sapere a Anneke che c'è una lettera per te nelle mia macchina da scrivere e, con razòn, ci sta già da ben dieci giorni. Ho avuto giorni pieni. Stasera ho finalmente il tempo di ridedicarmi alla tua lettera. Lavoro come mannequin in un'altra casa di  moda. Mi trovo meglio qui che in quella precedente, l'atmosfera è gradevole e tutti sono gentili. Hai un'idea di come si presenti una casa di  moda? Forse pensi che sia un grande negozio con vestiti e cappotti appesi agli stendini, ma non è cosi: apri la porta d'ingresso e entri in un piccolo salone con grandi specchi alle pareti poi attraverso pesanti tende entri in un grande solenne salone con ai lati bassi tavolini e comode sedie, il centro rimane libero. Quando una cliente si presenta tutte le luci vengono accese e la direttice o il titolare himself la riceve. Viene  chiesto che cosa le interessa vedere: un abito per la mattina, per il pomeriggio o per la sera, un tailleur o un cappotto? Un abito da sera? Le facciamo vedere la nostra collezione. Nella stanza dove sono appesi i vestiti mi svesto come un vento vorticoso, veloce come un fulmine entro in un abito da sera e con calma apparente scivolo nel salone. E questo si ripete finchè la cliente vede qualcosa di suo gusto e lo vuole provare lei, almeno se riesce ad entrarci. Queste clienti devono essere ben fornite di quattrini se ti dico che sento dei prezzi di 190, 240, 300, 350 dollari per un solo indumento. In questa casa nessuno parla una parola d'inglese e perciò con clienti di lingua inglese faccio l'interprete, anche la corrispondenza in quella lingua la svolgo io. Se hai visto il film "Roman Holidays" (La Princesa que queria vivir) ti ricordi probabilmente le scalinate di Piazza di Spagna, proprio lì vicino lavoro io. La maggioranza delle case di moda si trovano da quelle parti. Se ci passi verso le 19.30 fra i passanti distingui le mannequins per come sono truccate e per il loro portamento.
Le giornate al mattino e di sera si rinfrescano e questo mi rende melanconica: presagio d'autunno. O per favore estate rimani, ci tengo tanto a te. Qui l'estate è stata bellissima, come non ne ho mai vissuta una prima. Da voi comincia la primavera. Dovrei acquistarmi un  paio di ali per passare l'estate da voi. A te non piace l'estate se ricordo bene. I tuoi genitori stanno bene e anche Tom e Carola? Dai miei ricevo buone notizie. Come saprai da Anneke, Henk si è sposato. Come da voi il più giovane si è arreso per primo. Stamattina ho parlato finalmente olandese dopo tanto tempo. Dovevo mostrare abiti da sera alla moglie dell'ambasciatore del Brasile in Olanda. Mi diceva che questo vestito le sarebbe servito per una festa da Juliaantje-Giulianina. Mi piaceva parlare la mia lingua.
Qui si lavora fino alle 19.30 e anche il sabato si lavora dappertutto, eccetto nelle istituzioni straniere. Poi cucino e lavo e stiro i miei vestiti: giornate colme. Pensavo di fare tante cose la domenica, ma alcuni amici mi hanno convinta ad uscire con loro per avere almeno un giorno di riposo.
Theuccia finisco qui, la lettera ne ha abbastanza della macchinetta e brama una busta."    

Thea sposa.

venerdì 14 dicembre 2012

Settembre 1958 (5)

Nella lettera ad Anneke del 4 settembre 1958 racconto che ho imparato a ingrandire le foto: un lavoro di pazienza.
"Quando ho capito più o meno i trucchi del mestiere mi sono impegnata in camera oscura e mi  divertivo. Il mio orologio si era fermato e non mi accorgevo del tempo che volava. In un attimo erano le tre di notte. Adesso ti posso accontentare e mandarti qualche foto e ne manderò anche a casa.  Un'altra sera ho assistito Bert che aveva da sviluppare tanti rollini. La camera oscura era buissima. Tu sai che ho paura del buio e non avrei resistito a lungo se non fosse che per il gran caldo le persiane erano parzialmente aperte e un raggio di luna entrava attraverso le fessure. Non ho rivolto molta attenzione allo sviluppare ma più al raggio lunare. Perciò non ho imparato granchè.
Come tu vai in giro da sola a vedere posti belli, qui per una ragazza uscire da sola non è facile purtroppo. Incontri sguardi e commenti degli uomini, macchine che rallentano, fischi, osservazioni. Guardi davanti a te e dentro senti un gran fastidio e mandi tutti a quel paese. Sai che mi è capitato un pomeriggio?  Dato che Bert andava a fotografare il Colosseo che si trova a pochi minuti da Via Ruggero Bonghi, l'ho accompagnato per scrivere là la lettera settimanale ai miei. Mi sono seduta in un angolo tranquillo di un androne ed ero intenta a scrivere quando all'improvviso, chissà venuto  da dove, stava vicino a me un giovane, ansimando, la lingua fuori della bocca e il suo membro fuori dal pantalone. Mi guardava fisso. Non ero impaurita, più che altro sorpresa. Ho gridato: "Bert!" E come se fosse assorbito dalla terra l'uomo è scomparso. Quando mi sono alzata per guardare oltre la vicina colonna l'ho visto correre in lontananza per poi scomparire dietro l'angolo. Bert non ne ha visto neanche un barlume e quasi non mi credeva. E' anche una cosa inverosimile che qualcuno osa fare una scena del genere con i  turisti che circolano. Anneke se tu fossi stata qui gli avremmo dato una bella lezione.
Per quel che concerne il mio vestito baby-doll, quando si presenta una nuova moda  all'inizio la guardi con diffidenza,  ma poi il tuo gusto si adegua e lo stile nuovo ti può persino piacere. Così è successo a me e sono sicura che se tu abitassi quà e abituandoti a questa moda anche tu la troveresti carina. Già m'immagino di vederti muovere in un vestito ampio. Tu dici che nasconde troppo la figura? Rimane qualcosa da indovinare: parole di Mike.
Quel senso di inquietudine che ti assale quando leggi le mie lettere, lo posso capire. Le tue lettere possono provocare in me lo stesso sentimento. Il fatto è che quando si scrive a intervalli c'è molto da raccontare e colui che riceve la lettera dimentica che tutti questi eventi sono da collocare in un periodo lungo, anche se evocati in una sola lettera.  Io trovo che la mia vita sia piuttosto calma. Mi ha sfiorato anche il pensiero: "Mi piacerebbe lavorare di nuovo in un ufficio serio con uno stipendio fisso e gente onesta."  Ma  ho intrapreso questo sentiero tortuoso e continuo per adesso a  percorrerlo. E' anche un fatto che mi piace l'Italia.
A proposito Henk e Inge frattanto si sono sposati."


Colle Oppio (foto Bert Richner).

giovedì 13 dicembre 2012

Agosto 1958 (4)

Nella  lettera che ho scritto il 10 agosto alla mia amica Anneke (che si era trasferita per lavoro in Germania) ho  narrato le mie nuove vicissitudini.
"Devi sapere che attraverso Mike che vive a Roma già da cinque anni, e che ha amici in tutti  i campi, ho avuto l'opportunità di lavorare insieme a lui in un film documentario per la televisione americana  che verrà trasmesso anche in altre occasioni per mostrare alla gente come è bello viaggiare con la American Express e come è comodo usare i travelers cheques. Formavamo una giovane coppia americana che visitava Roma. Si cominciava presto la mattina. Come prima tappa c'era San Giovanni, dopodichè siamo andati a Castel Gandolfo, la residenza estiva del Papa. Venivamo filmati e fotografati sul lago in una barca con sullo sfondo il castello. Si pranzava in una trattoria lungo il lago. Poi abbiamo preso in affitto un costume da bagno per fare una nuotata. Nel pomeriggio toccava a Fontana di Trevi dove io lanciavo delle  monete nell'acqua e Mike un travelers cheque da dieci dollari che però veniva ripescato. Venivamo anche fotografati davanti e dentro negozi importanti. Ci spostavamo dappertutto in una grosso Cadillac e veniva provveduto ai pasti. Tutt'altra cosa che con gli italiani. Anche Bert è stato chiamato per due giorni. Mike ed io per quattro giorni.
Tutto sommato è stato un buon mese.
Per via di questo job ho perduto il lavoro nella casa di moda perchè non volevano che io mi assentassi per un pò di giorni. Ed io ho optato per questa occasione, dopotutto avevo le scatole piene di quegli avaracci. Il mese di agosto volevano cominciare a stipendiarmi ma con una cifra minima; è che qui vogliono quasi sempre approfittarsi di te. Casa Marucelli ha avuto una bella lezione perchè neanche Giuly è tornata da loro.
Finito il lavoro del documentario sono andata con Bert a fare una gitarella fuori Roma sullo scooter avuto in prestito da Mike. Che bella natura! In un paesino davanti a un casolare era seduto un gruppetto di donne. Stavano sbucciando fagioli e selezionavano rami. Chiaccheravano con noi senza interrompere il lavoro. Bert le ha immortalate. Quando una donna che era seduta un pò distante ha visto la camera puntata su di lei, è volata dentro casa con un grido di paura. Le sue compagne ridevano dicendo che era molto schiva. (Come è cambiato il mondo. Oggigiorno tanti vorrebbero apparire in televisone, anche per parlare dei propri problemi più intimi). Qualche giorno fa eravamo tutti invitati a cena nell'alberghetto dove alloggiavamo d'inverno. La cagnolina Diana ha avuto altri cuccioli, 5 questa volta. Ci dicevano che prima di partorire andava ogni giorno verso le nostre stanze e grattava alla mia porta. Questa volta la trattano bene, ha una sua cuccia e la danno da mangiare! 
Ho spesso appuntamenti di lavoro e ci sono diverse opportunità. Penso comunque di accettare l'offerta di un'altra casa haute couture, a pagamento, e in quel caso comincio già il prossimo lunedì."



lunedì 10 dicembre 2012

Ancora estate 1958 (3)

La lettera che ho scritto a Anneke il 28 luglio 1958 è a tappe perciò non so con precisione la data dei prossimi eventi. Qui viene il dopo Firenze.
Racconto a Anneke che per due volte ho partecipato ad un programma radiofonico. La prima volta quattro attori italiani dovevano insegnare frasi in un dialetto italiano a quattro ragazze straniere. Io avevo un attore di origini sarde. Leggendo questa mia lettera mi vengono in mente ricordi e immagini. E cioè che il marito della direttrice della casa di alta moda Marucelli lavorava in RAI e aveva l'incarico di trovare quattro ragazze straniere per la trasmissione "La ventiquattresima ora" con Mario Riva. La direttrice ha proposto me e così ero una delle quattro. Per diversi giorni l'attore Gianni Agus è venuto nella casa di moda per insegnarmi delle frasi in lingua sarda. L'attore era molto simpatico e ci siamo divertiti. Lo spettacolo si svolgeva in una sala con pubblico a Via Oslavia e veniva trasmesso per radio. Aspettando il nostro turno di salire sul palcoscenico, noi ragazze aspettavamo sedute in prima fila. Molto tempo dopo Pino mi ha raccontato che era là che mi ha visto per la prima volta. E' successo così: mentre nel suo ufficio stava scrivendo il testo di un programma radiofonico, un amico dell'ufficio personale l'ha chiamato per telefono: "Pino ti consiglio di dare un'occhiata nella sala X, c'è un'olandesina coi fiocchi." Pino è andato subito giù e  nella sala ha visto le ragazze che aspettavano che Mario Riva le chiamasse una alla volta. Ha capito immediatamente che ero io l'olandesina. Mi ha girato intorno per farsi notare ma io ero tutta presa dal mio compito e non mi guardavo intorno. Quella volta è finita così, il seguito lo racconterò nel prossimo futuro.
Nella lettera a Anneke continuo a raccontare che con questo lavoro avevo guadagnato 10.000 lire e 100 litri di benzina perchè il programma era sponsorizzato da Agipgas. Cibo per i motorini dei miei amici.
Della seconda avventura radiofonica non mi ricordo proprio niente ma nella lettera ad Anneke scrivo che ero una di due ragazze turiste che ricevevano consigli da quattro giornalisti stranieri su dove fare acquisti, dove mangiare etc.etc. A conclusione siamo andati fuori a cena in un grande gruppo. Ma prima noi sei siamo stati immortalati alchè uno dei giornalisti, un olandese mi ha detto: "Wat een verduveld leuke snoet heb je." (accidenti, che musetto carino che hai). Chiaro che nessuno lo capiva. E lui a rompermi le scatole per tutta la sera che voleva andare a letto con me. Era addiritura peggio di un italiano. Questa volta ho guadagnato la stessa cifra della volta precedente.
Sul lavoro una cliente americana ha comprato un vestito per 160 dollari ed io ho preso una percentuale.
Finalmente mi stanno entrando un pò di soldi; ultimamente regnava la povertà.




L'estate 1958 continua (2)


Palazzo Pitti

Continuavo a cercare lavoro come modella o indossatrice, portando con me il book con le foto. Tornavo a casa spesso stanca e scoraggiata. Avevo cominciato a capire che qui era necessario avere amicizie e raccommandazioni. Coloro che erano interessati mi avrebbero assunta volentieri, ma avrei dovuto lavorare gratis. A casa ascoltavano i miei resoconti della giornata, mi consolavano e mi davano consigli. Bert, che era stonato, per farmi ridere mandava una canzone allegra piena di sbalzi di tonalità. Poi sono stata assunta come indossatrice nella casa di alta moda di Germana Marucelli. 
In una mia lettera del 28 luglio 1958 racconto a Anneke quel che segue.
La settimana scorsa era la settimana in cui tutte le importanti case di  moda andavano a Firenze per mostrare la loro collezione invernale. La settimana precedente è stata snervante, la collezione doveva essere pronta, tutti isterici, una situazione quasi insopportabile. Noi indossatrici dovevamo rimanere fino a circa le nove e mezza di sera. Oltre tutto questo sono venute due attrici, Mamie van Doren e Rosanna Schiaffino che volevano ampliare il loro guardaroba. Avresti dovuto vedere lo spettacolo. M.v.D. andava in giro nuda e toglieva dagli armadi tutti i vestiti che le piacevano. Si arrampicava persino su una scala per sbirciare nella parte alta degli armadi. Non è una bellezza, piuttosto volgare con i suoi capelli ossigenati; una bella figura, gambe così così.
Quel sabato ne ho combinata una grossa. Nella mia sfrontatezza ho chiesto direttamente alla signora Marucelli, che era venuta da Milano per ispezionare la collezione diretta a Firenze, quando pensava di cominciare a retribuirmi. Avresti dovuto sentire la direttrice, la sua rabbia, gli urli da matta: avrei dovuto chiedere a lei di parlarne con la signora Marucelli. Stanchissima dopo una giornata faticosa e anche di rabbia ho cominciato a piangere e le dicevo di tutto, anche che tante volte le avevo chiesto di parlare con la signora M. della questione del  mio stipendio e dato che lei non lo aveva mai fatto avevo preso la decisione di farlo io. Giuliana, l'altra indossatrice si è fatta sentire anche lei e pure lei si è messa a piangere; si trovava nelle stesse condizioni. Così siamo tornate a casa. Piagnucolando camminavamo per strada, poi ridevamo di questa nostra situazione per ricominciare a smocciolare piene di sdegno, capelli all'aria, non ci avevamo dato il tempo per pettinarci e avevamo in continuazione sfilato vestiti dalle nostre teste. Giuly per qualche giorno è stata ospite a casa mia usando la stanza di Mike che era in vacanza.
Quando il lunedì sono tornata al lavoro tutti erano più che gentili. A casa dicevano: "Vedi che hai fatto bene?"
Il martedì di buon'ora sono partita per Firenze per sfilare a Palazzo Pitti. E' stata una settimana stancante e ci si  metteva anche un tempo afoso. Ho sfilato solo per casa M. ma dovevo essere presente di continuo nello stand per mostrare vestiti agli eventuali buyers. Non ho guadagnato niente,  mi è stato pagato il viaggio e la pensione.


Palazzo Pitti
                  

giovedì 6 dicembre 2012

Estate 1958 (1)

Nell'appartamento di Via Ruggero Bonghi Mike e Bert avevano costruito dei letti di legno e ci si dormiva sopra con i sacchi a pelo. Nella sua stanza Bert  aveva anche creato una ampia piattaforma che veniva chiamata obenta. Sopra questa obenta si mangiava insieme agli ospiti, levando le scarpe. Le foto di Pino ed io sposi sono state scattate su questo palco.
Ogni tanto ci si riuniva con variegati amici nella stanza di Mike, seduti per terra ed ovunque ci fosse posto. Venivano discussi argomenti interessanti. Naturalmente si parlava in inglese. Una volta della popolazione etrusca, un'altra volta della modernità con al centro New York, ed io, con spontaneità ho usato la parola "skyscratchers" (invece di skyscrapers), traducendola dall'olandese "wolkenkrabbers". Tutti a ridere, ma bonariamente,  perchè trovavano carina questa mia traduzione. Quando circa 6 anni fa ho pranzato da Mike e sua moglie Rhoda, lui se lo ricordava ancora.
In una sua lettera Anneke mi descriveva con sdegno una persona antipatica nel suo ufficio. Le ho risposto che leggendo il suo racconto anche io la trovavo una shitperson. Anneke è andata dal suo capo per chiedergli se sapesse dirle il significato di questa parola. Mr.W. ha fatto una risatina senza dirle niente. Dopo di che Anneke si è rivolta ad altre persone. Sorrisi e risatine, finchè finalmente un collega gliel'ha spiegato. Nella mia lettera di risposta  ho scritto che ho riso leggendo la sua avventura,  non sapevo che lei non conoscesse questa parola, io la sentivo spesso usare dai miei amici americani.  L'ho raccontato a Bert e lui si è piegato in due dal ridere. Abbiamo inventato altre storielle con simili parole che io avrei dovuto scriverle e delle quali lei avrebbe dovuto chiedere il significato a Mr.W. Certe risate. Le scrivevo  anche che in genere evitavo parole non dabbene, soltanto quando mi arrabbio dico "damn" e quando non trovo un superlativo sufficientemente forte  dico per esempio "those shit people", "those damn people", "those fuckin' people", "those fuckin' damn people". Bert e Mike trovavano molto divertente sentirmi usare queste parole. Una volta un amico loro mi ha dato un passaggio in macchina e parlando con lui ho usato una di quelle parole che per me era quella giusta nel momento giusto. Don non ha mosso ciglio, ma poi ha detto ai miei amici che si era spaventato nel sentir uscire dalla mia bocca una parola del genere. Non che Don fosse proprio un santo. Poteva essere stranoioso quando raccontava con voluttà le sue storie d'amore (vere?) con innumerevoli donne.
In quei tempi parole un pò spinte erano tabù, ovunque. Quando neanche tanti anni fa un giornalista qui in Italia ha usato una parola forte in un suo articolo - l'equivalente del membro maschile - apriti cielo, uno scandalo, tutti ma tutti lo condannavano. Adesso è una parola molto usata, scritta e parlata da uomini e donne. E con tutta ufficialità se ne sono aggiunte altre dello stesso calibro.



Sull'obenta a Via Ruggero Bonghi con Mave Grome e Bert.

mercoledì 5 dicembre 2012

Primavera 1958 - Lettere


Ogni settimana scrivevo una lettera ai miei in Canada e corrispondevo anche con Anneke e con sua sorella Thea. Thea dopo aver sposato un olandese - una bellissima sposa - era tornata anche lei in Olanda, insieme al marito. Con il trasloco del 2009 mi sono disfatta di molte carte ma in una cartelletta ho ritrovato qualche lettera della nostra corrispondenza. Io scrivevo a macchina usando carta carbone per conservare una copia per il mio archivio personale e qualcosa è rimasto.
I ricordi sbiadiscono o vengono cancellati dalle onde del tempo, sono pochi i superstiti nitidi. Questo rimasuglio mi sarà d'aiuto per rievocare quei tempi lontani nel passato.
Per il matrimonio della sorella, Anneke era andata in Argentina e alla sua lettera giuntami da lì ho risposto il 26 febbraio 1958 dicendole che avevo letto la sua missiva con grande avidità. Venivo assalita da tanti sentimenti e ricordi. Quei bellissimi giorni passati insieme in Olanda e le volte che in Argentina siamo venuti a trovare lei ed i suoi nella loro accogliente casa. Quell'originale incontro camminando per Martin Coronado: una scrofa a passeggio con i suoi porcellini. La sua cara mammina, il suo spiritoso papà, il buffo fratello Tom, la vivace Thea. Quando arrivavo in bicicletta con uno dei miei fratelli non vedevate l'ora di fare un giro a pedalare con le bici che noi avevamo portato dall'Olanda. Spero che tua mamma stia meglio: auguri. Anche i  miei hanno problemi con la salute. Perbacco perchè esistono le malattie! Sono delle guastafeste. Mia madre scrive che da dieci anni non faceva così tanto freddo in Canada e che per via di tutta quella neve e quel gelo c'era molta disoccupazione. Poi, un argomento materiale: Minze e Henk hanno acquistato una macchina ciascuno, una Pontiac del '53 e una Dodge del '55. In famiglia avevano deciso che era necessario per via della buona convivenza. Perchè in  garage c'era solo una macchina decrepita che naturalmente tutti e due volevano usare nello stesso momento e così venivano a parole.
Argentina! Mi vengono in mente le festicciole che i miei fratelli ed io organizzavamo nel nostro loft a Ramos Mejia. I nostri genitori ci lasciavano lo spazio e noi con i nostri amici ballavamo tutta la sera. A fine festa solo Anneke rimaneva perchè abitava troppo lontano e noi quattro ci sdraiavamo in silenzio nella stanza ascoltando musica classica. Felici, sereni. Le palme del giardino sbirciavano attraverso i vetri.
I genitori di Anneke, saputo dalla figlia della mia intenzione di trasferirmi in Italia, l'hanno pregata con insistenza di dissuadermi dai miei piani perchè, secondo loro, in Italia molte ragazze bionde sparivano per poi finire in un harem. Sorrisi e spallucce da parte mia con l'inconscienza della gioventù.

Spiaggia di Scheveningen


All'Aja

sabato 1 dicembre 2012

Preludio, 1957

Vacanze a Cannes

Ogni settimana dall'Italia scrivevo una lettera ai miei in Canada e corrispondevo anche con la mia amica Anneke in Olanda. Ci eravamo conosciute in Argentina dove Anneke ed io lavoravamo nella Banca Olandese "Banco Holandés Unido" a Buenos Aires. Ogni tanto ci frequentavamo anche fuori dal lavoro e fra le nostre famiglie si era stabilito un rapporto amichevole. Lei abitava a Martin Coronado ed io a Ramos Mejia, tutt'altra direzione.  Poi un giorno ho saputo che Anneke è tornata in Olanda, a Schiedam, vicino Rotterdam. Anche io in quel periodo ero nei Paesi Bassi, le ho scritto ed abbiamo cominciato a vederci, spesso durante il fine settimana, prendendo un treno. La mia stanza in affitto era piuttosto spaziosa e capitava che Anneke rimanesse a dormire. Abitavo all'Aia e facevamo lunghe camminate sulla vicina  spiaggia di Scheveningen; se faceva caldo si prendeva il sole e si faceva il bagno. All'epoca c'era il pittoresco paese di pescatori che ora non esiste più. Facevamo anche gite in bicicletta. Una volta siamo andate in canoa su un ampio fiume con ai margini canne e fiori selvatici, un'avventura bellissima. Se pioveva c'erano tanti musei da visitare. O semplicemente si prendeva un tè in un locale accogliente. Una gita a Marken e Volendam non poteva mancare. Nella mia stanza era compresa la cena che era molto buona e la dividevamo aggiungendoci qualcosa. Avevamo un'esperienza Argentina in comune e argomenti su cui parlare non ci mancavano. In generale eravamo sulla stessa lunghezza d'onda anche essendo in qualche modo diverse caratterialmente.
Io avevo un ottimo lavoro, impegnativo ma a volte anche divertente, come segretaria privata del direttore del Servizio Giuridico Militare dell'Olanda.  Ho ottenuto  questo posto perchè, come ho già accennato in uno spot precedente, succede che certi incontri possono essere decisivi: un giorno mentre da poco lavoravo in un'agenzia di viaggi mi ha telefonato Steni, una ragazza conosciuta sulla nave, per dirmi che stava per sposarsi trasferendosi in un'altra città e se per caso io fossi interessata al posto di lavoro che lei lasciava. Sono andata per un colloquio con il direttore e sono stata assunta immediatamente. Mi ci sono trovata a meraviglia, l'ambiente era gradevole, andavo d'accordo con il personale degli altri uffici, il  mio capo era molto simpatico e lo stipendio alto. Ma ero irrequieta e, dopo un anno d'Olanda, un treno mi ha portata in Italia.
Le ultime parole dell'ottima lettera di referenze che mi ha lasciato il direttore dicevano: "The greatest recommandation I can give to Miss Fennema is to say that I would be pleased at any time to have her again in my employ."

Con Anneke








Con il mio capo


Con Anneke e Wil a Volendam


In gita per i campi di tulipani 

martedì 27 novembre 2012

In albergo


Poi con i miei amici ci siami stabiliti per i mesi invernali in un piccolo albergo a Via dei Riari. Quest'albergo d'inverno aveva pochi clienti e il propietario ci offriva ospitalità fino alla primavera ad un prezzo molto ridotto. In primavera sarebbero arrivati gruppi di turisti.  L'alberghetto era carino e semplice. La strada bella e poco frequentata. Le spese si facevano a Campo dè Fiori, attraversando il ponte. Il propietario aveva una cagnolina: Diana, lei ed io ci siamo prese a benvolere. Stava sempre con me e un giorno a sorpresa ha partorito nella mia stanza quattro cucciolotti, quattro femmine. Sapevo che per loro queste settimane con me sarebbero state sicuramente le più felici della loro vita perchè la nostra permanenza in questo albergo sarebbe stata breve e il cuoco le aveva già destinate ad amici suoi. Quando, sulla terrazza in cima  all'albergo scrivevo una lettera ai miei, la cagnolina Diana con i suoi cuccioli  Black One, Second One, Fat One e Small One giocavano vicino a me. Erano carini, gentili e fiduciosi. Il cuore mi faceva male quando pensavo al loro futuro. Secondo il mio amico Bob gli italiani vogliono bene ai loro pets finchè sono piccoli, dopo in genere non li sopportano più. Mi auguravo che il destino avesse per questi piccoli tesori solo cose buone in serbo. Bob era olandese di Haarlem e a nostra sorpresa scoprimmo che abitava come me nella Frans Halsstraat. Poi si è sposato con una ragazza australiana con la quale è andato a vivere in Australia.
Un giorno nella sala da pranzo era seduta a un tavolo una giovane coppia con il loro bambino. Parlavano a bassa voce. Ad un tratto lui si è levato la fede dal dito e l'ha porta a lei. Lo sgomento sulla faccia di lei, le sue lacrime, me lo ricordo ancora. Il bambino non si accorgeva di nulla, continuava a mangiare.
La primavera bussava alla porta portando con se tempo mite e la rinascita della natura. Un giorno di sole e aria fresca mi ritrovo su un lago nelle vicinanze di Roma con un'altra ragazza e due ragazzi. Formavamo due coppie e indossavamo vestiti estivi. Eravamo seduti in una barca e un fotografo scattava foto romantiche che sarebbero servite per farne cartoline. Il suo aiutante teneva sulle nostre teste un grande ramo di mimosa. 


venerdì 23 novembre 2012

1957, il mio arrivo in Italia


In un'intervista Philip Roth dice: "Abbiamo solo la fortuna o la sfortuna di fare certi incontri che possono rivelarsi buoni o cattivi." Ed è vero che il destino di ognuno di noi dipende sempre da incontri, casuali o voluti, che possono dare una svolta alle vie della tua vita. Lasciando il Canada, sulla nave verso Amsterdam ho conosciuto Bert e Steni. Attraverso Steni ho trovato un impiego molto buono all'Aia e tramite la corrispondenza con Bert che viveva a Roma mi è venuto il desiderio di vedere questa città con i miei occhi e di trasferirmici per un pò.
E così, dopo un anno in Olanda, il 2 novembre del 1957 sono arrivata in Italia. Per un breve periodo ho vissuto in una stanza in affitto a Piazza Santa Maria in Trastevere. Sentivo scrosciare dolcemente l'acqua della fontana in mezzo alla bella e tranquilla piazza con la vista sull'antica chiesa. Un suono gradevole. Roma allora era molto ma molto più tranquilla di adesso; era più romantica e in molti quartieri ci si sentiva come in un grande paese. A Trastevere vedevo sedute su una sedia davanti al loro portone delle donne che vendevano sigarette: una alla volta! Per le strade si sentiva odore di ragù, di sera le stradette erano scarsamente illuminate. C'era poca vita mondana. C'erano botteghe di artigiani e trattorie casarecce dove si mangiava per pochi soldi. C'era anche l'E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza) e là il cibo, semplice al massimo, era a prezzo incredibilmente irrisorio.  I locali dell'E.C.A. erano sparsi per la città ed erano per coloro che avevano pochi soldi a disposizione, perciò ci si vedevano i poveri ma anche impiegati d'ufficio e giovani come me ed i miei nuovi amici. Peccato che questa istituzione all'improvviso sia sparita, scomparsa per sempre, mentre adesso con  gli innumerevoli mendicanti e senzatetto sarebbe utilissima. In una trattoria frequentata per lo più da spazzini e prostitute anche là il pranzo era buono, molto economico e anche abbondante tanto che non riuscivo a finire il piatto di gnocchi servitomi. In una piazzetta c'era un piccolo ristorante dove di sera arrivavano macchine che scaricavano attori ed attrici. Voci gaie e molta luce.
Io affrontavo per la terza volta una vita ed una lingua nuove. Assorbivo con piacere l'atmosfera del mio nuovo mondo. I colori e gli odori e la gente. Mi godevo il sole. Dopo cinque anni in Argentina sapevo ancora lo spagnolo (che adesso ho del tutto dimenticato) e subito me la cavavo abbastanza bene con l'italiano. L'italiano lo paragonavo alla cannella, lo spagnolo al pepe.
Bert ed i suoi amici che sono diventati anche miei amici mi davano consigli. Ho cominciato a prendere autobus e ad orientarmi, incontrando una mentalità alla quale non ero abituata. A Via Veneto ho sfilato per un negozio di pellicce, ingaggiata insieme ad altre modelle. Uscivamo dal negozio con indosso una pelliccia e la gente che passava, incuriosita nel vedere all'improvviso tante belle ragazze impellicciate,  si fermava a guardare e frattanto i fotografi scattavano. Altri lavori simili si susseguivano.  E tutti stiracchiavano sul compenso, pagavano il meno possibile. I miei amici erano già abituati a queste usanze, per me era una novità antipatica. Ma non mi scoraggiavo.



venerdì 16 novembre 2012

Via Ruggero Bonghi

Portavo a spasso la cagnolina Seila che, sola con me a casa, mi aveva fatto intendere con piccoli gemiti che le premeva di uscire e così siamo andate insieme a fare qualche spesa finendo poi nel Parco del Colle Oppio. Ho visto che il bougainvillea aveva nuovi fiori accanto a quelli sfioriti. Turisti che fotografavano il Colosseo. Di mattina c'è meno gente seduta sulle panchine. Il tempo era bellissimo anche se l'aria era un pò più fresca. Siamo fortunati qui a Roma di poterci godere il sole così spesso. Sulla strada per tornare a casa siamo passate per Via Ruggero Bonghi e ho guardato la casa dove abitavo prima di sposarmi, al numero 27. Il caso vuole che il numero 27 sia stato diverse volte presente nella mia vita. Nella casa precedente il numero civico era 27, io mi sono sposata a 27 anni e Pino era del 1927, il compleanno di mio padre era il 27 agosto e Pino è morto il 27 agosto.
Passo spesso per questa casa e guardando in sù al quarto piano affiorara qualche lieve ricordo. Forse dovuto anche all'aria novembrina oggi il ricordo aveva appena un tocco di nostalgia. Parole di Concita De Gregorio: "Inizio autunno a Roma vuol dire tepore e allegra melanconia." 
Erano tempi belli allora ma anche difficili. Superabili perchè eravamo giovani. Come me anche i  miei amici americani con i quali dividevo l'appartamento non hanno mai voluto chiedere aiuto ai familiari, cavandocela da soli, sostenendoci. Per un certo periodo Mike e Bert hanno frequentato l'università con una borsa di studio per ex combattenti della guerra in Corea, Shirley l'Accademia di Belle Arti, Nina non mi ricordo che facesse. Facevano diversi lavori per mantenersi e poi hanno trovato la loro strada. Bert è diventato un grande yacht photographer, Mike, che da 4 anni non c'è più, uno dei maestri del suono del cinema italiano. Shirley lavorava all'Ansa. Io nei tre paesi dove avevo vissuto lavoravo in ufficio. Mi avevano sempre detto: "Tu dovresti fare la modella." Qui non sapendo la lingua ho pensato di provarci, mi andava di fare una cosa nuova e mi sono data da fare. Bert che aveva la passione della fotografia e scattava foto di ragazze e paesaggi ha inquadrato anche me, alcune delle foto sono state prese sul bel terrazzo della casa con l'aiuto di Mike che teneva alzato un telo bianco, altre nel parco del Colle Oppio e a Villa Borghese. In questo modo avevo un book da mostrare.

Colle Oppio


Villa Borghese




Sul terrazzo


mercoledì 7 novembre 2012

Statua della Libertà e ricordi

29 Settembre 2012

Quando a settembre stavo da Jan a New York, un giorno siamo andati al Dumbo Art Festival a Brooklyn. Abbiamo camminato lungo il fiume. C'era il bellissimo spettacolo di Manhattan dall'altra parte dell'East River e in lontananza la Statua della Libertà.
Ci siamo ricordati le due volte che siamo arrivati a New York con la nave, passando vicino alla Statua della Libertà, entrando nell'Hudson River. La prima volta, era il 13 giugno del 1965, Jan era troppo piccolo per ricordarsi qualcosa. David aveva 4 anni e mezzo. Io vedo nel mio diario che Pino era entusiasta quando lasciammo il mare per entrare nel fiume: la Statua, i grattacieli, l'emozione di entrare in un altro mondo.
La seconda volta era il 29 luglio del 1970. Sigrid aveva 22 mesi, Jan 6 anni, David 9 anni. Quando la nave alle 4.30 di mattina è entrata nel fiume Hudson siamo saliti tutti quanti in coperta. Pino è andato a prendere pizza calda per i bambini. E tutti noi a guardare come entravamo nel porto di New York. Faceva un caldo bestiale. David e Jan se lo ricordano ancora. Come la prima volta abbiamo aspettato, vagabondando per New York, il treno diretto in Canada per andare dai miei.
Mi ricordo anche la volta che io con i miei genitori ed i miei due fratelli abbiamo lasciato l'Argentina per trasferirci in Canada. Era il 1955. Da Buenos Aires a New York abbiamo viaggiato su una nave da carico. Un'emozione anche allora l'approccio con New York. E aspettando il treno per il Canada abbiamo assaggiato la Grande Mela. Sono piuttosto vaghi i miei ricordi e  ho perduto i diari di quei tempi, ma ricordo che mio padre ci ha introdotto in un locale dove suonavano jazz, musica nuova per le nostre orecchie ormai abituate ai tangos argentini. Per strada c'erano ragazze molto belle, slanciate ed eleganti. Pensavo che a Buenos Aires fossero eleganti ma qui le superavano.
Siamo tutti pieni di ricordi. Ognuno di noi è diverso non soltanto per l'aspetto esteriore ma anche per i ricordi che ospita nel cervello. A volte penso, vedendo per strada tante persone che camminano davanti a me: "Involucri pieni di pensieri, gioie, preoccupazioni, dubbi, certezze, speranze, rassegnazioni. E ricordi." Più viviamo più ci riempiamo di ricordi. E c'è posto per loro. Ma è vero anche che molte cose sbiadiscono o ci sfuggono e questo fa sì che ci sia di nuovo un vuoto da riempire. Ricordi, ricordi: sorrisi, melanconie. Ricordi da cancellare, da ricordare.
Belle le parole del giornalista Giacomo Papi in un suo articolo: "Il passato ci gonfia, e ci abita, ci esiste in segreto davanti, senza mai rivelarci che siamo già avvenuti."
Il poeta giapponese Junichiro Kawasaki dice: "Il presente è una scorreggia del passato che si disperde nel futuro."
 
 

lunedì 5 novembre 2012

Visita non gradita di Sandy

Ci sono amici che mi chiamano per sentire come stanno Jan e Jennifer dopo l'uragano Sandy che ha tormentato New York lunedì scorso, il 29 ottobre. David ed io siamo in contatto con Jan attraverso telefono e computer e ci tranquillizza. Loro due stanno lontano dalla costa e da corsi d'acqua e di questa tempesta furiosa hanno sofferto minimamente. Mi scrive Jan il giovedì:  "Ciao mamma, qui tutto o.k., noi ad Harlem abbiamo sofferto pochissimo, mentre dalla 34a Strada in giù è tutto chiuso, senza elettricità, tanti senza acqua nè telefono, un bel casino. Ieri ho fatto un giro a piedi nel Village ed era spettrale, nessuno in giro, tutto buio. Anche Dumbo ha sofferto come vedi dalla foto incredibile della giostra. L'acqua nella piazza dove siamo stati per l'Art Festival arrivava fino al petto e sono rimasti i segni della marea sulle mura dei palazzi, quasi tutti senza elettricità, anche il mio ufficio, dove sono entrato solo grazie ad una torcia elettrica. Lavoro bloccato quindi, c'è poco da fare a parte attendere che le cose migliorino. Ci sentiamo presto, un bacio."
L'ufficio di Jan si trova a Brooklyn vicino al Manhattan Bridge e il quartiere DUMBO era tutto allagato. L'uragano Sandy ha spinto l'acqua di mare nei tunnel e molte metropolitane sono rimaste inondate. (costringendo migliaia di ratti ad uscire all'aperto).
Molte persone delle zone basse di New York sono state costrette ad evacuare. Sono stati aperti 72 rifugi ed anche i pets erano benvenuti.
Il ciclone si è sviluppato da un'onda tropicale allungata nel Mar dei Caraibi Occidentale il 22 ottobre. Dopo aver colpito la Giamaica, Cuba, Bahamas, Haiti e la Repubblica Domenicana ha raggiunto New York City la sera del 29 ottobre. A Lower Manhattan e in altre aree della città numerose strade e tunnel sono allagati. L'oceano ha sommerso interi quartieri con un metro e mezzo di acqua, come anche le piste dell'aeroporto Kennedy e quelle del La Guardia. Grazie alle pompe messe da subito in funzione i trasporti metropolitani potrebbero ripartire in breve tempo, anche se limitato per alcuni giorni. Ma New York aspetta ancora giorni e notti difficili.
Jennifer mi ha fatto sapere che si ritiene fortunata perchè la sua casa si trova sulla costa Sud della Giamaica e Sandy ha fatto danni solo nella parte Nord dell'isola.

Carousel (giostra) semi sommerso
 


L'uragano Sandy
Il tunnel sotto l'East River si riempie di acqua
Giamaica

L'acqua che invade un tunnel

giovedì 25 ottobre 2012

David professore

Dopo aver vinto un concorso 22 anni fa, quest'anno finalmente gli è arrivata la convocazione: è stato assunto come docente di ruolo in un liceo artistico romano nella materia Discipline Pittoriche. Da settembre insegna nel Liceo Mario Mafai che fa parte di un comprensorio di quattro scuole superiori che nell'insieme si chiama Caravaggio.
Da sempre David è provvisto di un magnetismo che attrae bambini e giovani. Senza far niente di speciale. Come anche certi fiori attraggono più api che non altri.
Gli chiedo spesso: "Come è andata oggi a scuola?" E lui racconta che ci sono ragazzi e ragazze che disegnano molto bene e che hanno voglia di impegnarsi e imparare cose nuove. Ma nella prima classe alcuni ragazzi non ne vogliono sapere, stanno là senza fare niente e danno fastidio agli altri. Uno si chiede perchè abbiano scelto questo liceo.
Capisco dai suoi racconti che è già benvoluto dai suoi alunni. Una ragazza gli ha detto che quando torna a casa di buon umore la madre osserva che sicuramente ha avuto lezione col nuovo professore.
L'insegnante di sostegno si trattiene nelle classi della scuola per rendersi utile in caso di problemi. Una mattina, nell'intervallo, si è avvicinato a David per dirsi piacevolmente stupito del suo metodo d'insegnamento, cioè che si mette in mezzo ai ragazzi e li segue uno per uno durante il lavoro pittorico.
Ha fatto impressione ai ragazzi quando hanno saputo che la mamma di David è olandese. Uno gli ha detto: "Perciò è così alto."
Da  qualche giorno è subentrato l'orario definitivo: prima era martedì il giorno libero di David, mentre adesso è il sabato. Domani, venerdì, finite le lezioni, prende il treno per andare a Barbarano.
L'ultimo turno di lavoro di Laura era stamattina e così lei oggi pomeriggio si è già avviata a Barbarano, insieme alla cagnolina Seila.
 
 

Ottobrata Monticiana

Sabato scorso, come quasi tutti i sabato, è venuta Junko da me a pranzo. Il tempo era incredibilmente mite, veniva la voglia di uscire all'aria aperta e siamo andate a camminare per il rione Monti, il quartiere più antico di Roma, con il suo dedalo di lunghe vie strette tempestate di negozietti di ogni tipo. Fra il 1924 e il 1936 un'ampia porzione della parte bassa del rione fu distrutta per costruire Via dei Fori Imperiali. La zona della Suburra è stata risparmiata (tra Via Nazionale e Via Cavour). Nella Suburra si trovavano - e qualche traccia la si trova ancora - i bordelli più malfamati, le bettole e le locande più insicure. Giulio Cesare qui vide i natali. E anche il regista Mario Monicelli. Della Suburra i turisti amano molto il pittoresco: strade strette che salgono e scendono, boutiques con creazioni originali, botteghe di artigiani, piccole gallerie d'arte, trattorie tipiche, ristoranti, cafè e bars. Sulla porta d'entrata di un bar di Via dell'Angeletto era affissa la scritta: "Per deputati e senatori il prezzo del gelato è di 30 euro". Dopo aver salutato Fernanda nel suo negozio di antiquariato in Via del Boschetto, passando per Via Panisperna (pane e prosciutto) e Via Baccina, abbiamo visto che in Via dei Serpenti stavano mettendo su un palco per la musica e così abbiamo scoperto che quel fine settimana c'era la festa del quartiere, chiamata "Ottobrata Monticiana". Nella piazzetta della Madonna dei Monti c'erano bancarelle con gioielli fatti a mano, vestiti vintage e tanti altri oggetti. Ci sono piaciuti molto collane e orecchini fatti con bottoni attempati. I loro creatori, un giovane studente e la sua ragazza erano molto simpatici. Mi sono innamorata di queste collane originali (e della simpatia di questi due ragazzi). Il loro prezzo era 15 e 20 euro. Non avevo soldi con me. Il giorno dopo sono tornata con la mia amica Flavia e dopo aver vagabondato per le straduzze affollate ho acquistato una bellissima collana double- face (20 euro) che voglio regalare a Sigrid.
Il nome "Monti" deriva dal fatto che comprendeva il Colle Esquilino, il Viminale, parte del Quirinale e del Celio. Oggi il Quirinale, Castro Pretorio e il Celio non gli appartengono più, ma il nome è rimasto.

mercoledì 24 ottobre 2012

Panchine a Roma

Venerdì scorso sono andata al mio vecchio quartiere di Piazza Medaglie d'Oro a prendere la mia carissima amica Barbara per camminare nel Parco di Monte Mario. Sono salita su per la bella scalinata di Via Prisciano. Sulle tappe di questa scala ci sono delle panchine di legno e, andando indietro col pensiero, ricordo che queste panchine hanno da sempre avuto la visita notturna dei vandali e, di volta in volta venivano aggiustate o rimpiazzate da nuove. Questa volta ne ho viste due di danneggiate e,  in cima ai due lati della rampa, due nuove, ognuna collocata su un nuovissimo minuscolo terrazzino. Molto carino. La buca vicino al primo gradino che scende era ancora là, da sempre. Quando vivevo lì ho fatto sempre molta attenzione a non inciamparci per poi rotolare giù.
Ci siamo godute la passeggiata nel bellissimo parco, ammirando le piante, gli alberi e la bella vista e anche i tanti cani che passeggiavano con i loro padroni. Meno male che le panchine sui viali erano intatte.
Guardando su Google ho visto che il fenomeno delle panchine rovinate o divelte dai vandali è un virus italico. Sorprendere i malfattori sul fatto è pressochè impossibile perchè agiscono di nascosto.
E perchè lo fanno? Che cosa hanno in corpo? Perchè questa voglia di distruggere? Ci saranno diversi motivi ed uno di essi è sicuramente LA NOIA.
 J.Edgar Hoover, capo della FBI stava senz'altro dalla parte della ragione quando disse le seguenti parole: "Se le comunità in tutta la nazione provvedessero a più sane strutture ricreative per i giovani, la delinquenza si sarebbe ridotta." La convinzione di Hoover che la ricreazione è una grande risposta è stata ripresa da  giudici, esperti di guida infantile e funzionari di polizia da costa a costa.
Dal 1903 i parchi giochi sono entrati ufficialmente nel panorama delle città americane. Adesso nella sola New York ci sono 700 playgrounds, centinaia di campi da pallacanestra all'aperto, diverse piscine dove si danno lezioni di nuoto gratis, cominciando dall'età di un anno e mezzo e centinaia di campi di handball. Di questi ultimi solo nel Central Park ce ne sono 12: basta portarsi una palla e giocare a volontà. Questo sport è stato importato dagli Irlandesi. Poi ci sono persino dei giardini giochi su alcuni tetti.




lunedì 22 ottobre 2012

Panchine e sedie a New York

Secondo il sociologo William H.Whyte, molti architetti dello spazio urbano hanno spesso lesinato sui posti a sedere negando l'importanza del didietro umano, lasciando che la gente si apppoggiasse a sporgenze, a fioriere, portando con sè sedie pieghevoli e piegato cappotti per alleviare il dolore da sbarre di ferro. Da un paio di anni però New York ha iniziato a riconoscere le esigenze della sedentarietà temporanea e sta sempre di più diventando una città ideale per sedersi. Dappertutto sono stati collocati blocchi di pietra grigia, lastre di granito ed altre possibilità di sedersi. E in tutta la città sono state aggiunte tantissime panchine a quelle già esistenti. Di tanti angoli e di tante strade ampie una parte è stata chiusa al traffico e sono state sistemate sedie e tavolini a disposizione di tutti. Perchè dopo tanto stare in piedi è bello potersi sedere un pò. Sedersi nei parchi e nelle zone chiuse al traffico è un'azione sociale. I Neworchesi possono attraverso il sito web richiedere al Department of Transportation una locazione per un elegante e scultorea panchina disegnata da Ignacio Ciocchini.
Non ho visto nessuna panchina vandalizzata.

sabato 20 ottobre 2012

Prima impressione


La prima impressione quando David ed io siamo scesi dallo shuttle in Via Marsala non era gradevole: sporcizia per strada, una grande pozzanghera nella quale galleggiavano lattine e bottigliette, una forte puzza di urina, miseri, poveri uomini sperduti, dei perdenti, seduti su un basso muretto, per loro mi assaliva un senso di dispiacere. Bottiglie di birra vuote, cicche di sigarette, cartacce e buste di plastica ovunque. Le strade vengono pulite regolarmente ma in poco tempo lo sporco si ci sparpaglia come prima.
Ci sono i bei palazzi umbertini di Piazza Vittorio, ma sotto le loro arcate il pavimento a mosaico in molte parti è rotto e si sono formate delle buche. Ovunque buche, anche il marciapiede di  Piazza Dante si trova in uno stato disastroso.
Adesso è più di una settimana che sono tornata a Roma, vado spesso al mercato e diverse volte mi sono trattenuta nel Parco del Colle Oppio portando con me un libro e Seila, il cane di Laura. Il parco è bellissima ma anche qui c'è qualcosa da obiettare: le solite buche.
Un paio di giorni fa ho attraversato Piazza Re di Roma. La piazza è bella ma dopo un mese di piazze e parchi di New York l'ho trovata disadorna di verde e.....con enormi buche. Bambini che andavano in bicicletta, signori che chiaccheravano seduti sulle panchine circondati dalla bruttezza. Credo che non se ne accorgano neanche talmente sono abituati a vivere in questo squallore.
Si dice che il comune provvederà a riempire le buche di tutta la città, e mi ricordo di tanti anni fa quando la lira esalava il suo ultimo respiro; anche allora le buche venivano riempite, secondo i giornali spendendo un miliardo (o più) di lire. Arrivavano uomini con divise approssimative, con carretti primitivi, e le buche venivano livellate con una sostanza ibrida: dopo qualche mese di pioggia le buche si  riformavano. Una volta hanno aggiustato Via Prisciano levando tutto l'asfalto e ci  hanno impiegato tanti mesi. Un'estate che sono andata a trovare i miei in Canada ho visto una mattina, andando al mercato,  alcuni operai che avevano cominciato a rinovare una larga strada curva nel quartiere. Canadesi e Portoghesi in tute bianche impeccabili, un casco in testa, lavoravano cantando e fischiettando. I macchinari erano modernissimi (là ogni anno viene messa a nuovo una certa quantità di strade). Il secondo giorno pioveva forte e il lavoro era fermo. Il terzo giorno passando per questa strada nel tardo pomeriggio ho visto che i lavoratori stavano ultimando il manto stradale. Un lavoro fatto alla perfezione. Tornando a casa ci ho trovato uno dei miei fratelli in visita. Ho espresso la mia meraviglia che in solo due giorni la strada X fosse stata rimessa a nuovo. Mia madre e mio fratello si sono meravigliati della mia meraviglia. Per loro era una cosa normale.
Camminando un mese per New York in tantissime zone non ho visto neanche un marciapiede con crepe o buche. E i parchi sono bellissimi e curati con amore.