sabato 29 gennaio 2011

Programmata Coincidenza (seconda parte)

Tutti le vogliono un gran bene compreso suo marito Gilles che è francese e giornalista, e ormai vive da tanti anni negli Sati Uniti.
La gattina, che si sente nominare così spesso, si stiracchia e si mette davanti a me sul tavolo guardandomi fissa negli occhi, sbattendoli piano piano. La giovane signora che si chiama Akaia mi indica il computer portatile sul tavolo e dice: "Questo pomeriggio ho dovuto finire un lavoro da consulente. I miei bambini dopo scuola me li ha tenuti un'amica, è ora che li vada a prendere, vorrei tanto che lei li conoscesse. Non ci impiegherò molto, e dato che lei e Pussycat ve la intendete a meraviglia posso chiederle di restare finchè torniamo?" Io annuisco, sì, rimango con piacere. E poi c'è questa gattina con cui sento un legame. Akaia mi porta un'altra bibita e se ne va. Com'è bello che nella lingua inglese non ci sia l'imbarazzo del tu o del lei.
Bevo e mi guardo intorno, è un'oasi quest'angolino del mondo. Le mie mani carezzano la liscia pelliccia di Pussycat. Il suo freddo e umido nasino mi pianta di nuovo un bacio sulla guancia. Riprende a guardarmi con insistenza negli occhi. Quante volte ho desiderato conoscere l'opinione degli animali sugli uomini, comunicando attraverso la lingua del pensiero. E adesso, in questo momento, succede che questo sogno si realizza. Guardandoci negli occhi ci parliamo con i pensieri che viaggiano molto più veloci della lingua parlata. Mi dice la micia: "Non è una coincidenza il nostro incontro di questo pomeriggio, sentivo che saresti passata di qui e così mi sono messa ad aspettarti sul muretto. Una volta io ero Poesjemauw e stavo con voi in Italia, ero felice, facevo parte della vostra famiglia, sarei rimasta con voi per sempre, ma dieci anni fa sono passata dalla vita terrena alla vita dopo la vita e voi mi avete sepolta sulla collina di Monte Mario, la vostra preferita. Il distacco da voi è stato forte. Sono arrivata nel paradiso dei gatti dove, a dire il vero, non stavo male, fluttuavo beata. Ma il pensiero tornava spesso a voi e la nostalgia mi assaliva. Mi sono messa nel reparto che è un specie di sala d'aspetto. Se mi si fosse presentata l'occasione di tornare sulla terra in una famiglia che somigliasse alla vostra, l'avrei presa a quattro zampette. L'aspettare non mi pesava, in paradiso non c'è cognizione del tempo. Ad un certo punto mi si presentò una famiglia dove avrei trovato le stesse qualità della vostra: padre, madre due maschietti e una femminuccia. Addirittura i suoni dei loro nomi assomigliavano a quelli dei vostri. Questo lo noterai dopo, quando incontrerai i bambini, i nomi dei genitori li sai già. Mi sono catapultata sulla terra senza indugi e adesso sono felice come quando ero con voi. Oggi ho intuito che ti avrei vista ancora una volta e ti volevo rendere partecipe del mio destino fortunato. Akaia, Gilles ed i bambini sono amabili."
Sono emozionata fin quasi alle lacrime da questa storia di Poesjemauw/Pussycat. Rievochiamo tanti eventi degli anni passati insieme finchè un allegro vociare ci sveglia dall'incantesimo. I bambini di Akaia sono bellissimi, la loro carnagione è più chiara di quella della loro mamma. Mi salutano educatamente, ma salutano con più calore Pussycat. Damien, il più grande, carezzandola dice: "How was your day, Pussycat?". Jon le da un bacio sulla fronte come faceva Jan da bambino. La piccola Sybil Anne, dai capelli crespi raccolti in tante codine chiuse con delle perline colorate e con gli occhi insolitamente azzurri, non finisce più di coccolarla. Akaia ed io li osserviamo con tenerezza. Le do tanti complimenti per i suoi adorabili bambini. E' ora di salutarci, ci ripromettiamo di vederci ancora. Pussycat ed io ci scambiamo una complice occhiata. Questa gattina, scegliendo un'altra sua breve esistenza, ha trovato il paradiso in terra.
Akaia mi accompagna fino al cancelletto. Dice: " E pensare che la nostra conoscenza è cominciata con quel sacchetto di piselli secchi. Sai, siamo vegetariani e mangiamo molti legumi."
So che è il caso, almeno oggi, di non usare la parola "coincidenza". Con passo leggero torno a casa, non vedo l'ora di raccontare a Jan di Pussycat e della mia nuova amicizia.

Programmata coincidenza (prima parte)



Questo racconto l'ho scritto a New York, a maggio del 2004. Andavo spesso in giro da sola mentre Jan era al lavoro. Poi è venuta anche Sigrid a stare con noi per due settimane ed era bellissimo, lei ed io insieme a fare le turiste. Un giorno ho cominciato a scrivere questo racconto ed ero tanto presa a mettere ordine nel groviglio di idee che capitombolavano nella mia testa che la mia mente viveva momenti di ubiquità: godeva dello stare insieme ai miei figli, partecipava ai loro discorsi e nello stesso tempo era fissata nel costruire il seguito della narrazione. A volte mi sentivo uno zombie. Camminavo, prendevo la metro, parlavo con loro.
Vivendo contemporaneamente un'altra vita. Avevo con me carta e penna e ogni tanto mi fermavo ad annotare. Quando ho finito il racconto ero di nuovo presente al 100%.
Anche Pino aveva sempre carta e penna a portata di mano; succedeva spesso che di notte accendesse la luce vicino al letto per fissare un'idea per il libro che stava scrivendo. Ho un pensiero corrente: "Peccato che non abbia potuto far leggere a Pino i miei racconti, chissà che ne avrebbe detto, gli sarebbero piaciuti?"
Ecco il mio racconto newyorchese.

Programmata Coincidenza

Esco dalla metropolitana alla 125a Strada, seguo la  folla che sale le scale e mi ritrovo per strada, le mie gambe provate da più di cinque ore passate a girovagare per il centro della città non hanno ancora voglia di fermarsi. E' ancora presto, il clima è frizzante e dato che Jan torna tardi dal lavoro stasero decido di seguire un'altra rotta per tornare a casa. Non mi stanco di guardare l'architettura dei palazzi, osservo tutti i particolari. Anche la gente, che in questa parte della città  è prevalentemente afro-americana, cattura la mia attenzione. Arrivata al bel parco Morningside, verdissimo e curato, prendo una traversa. Anche qui le costruzioni sono di color marrone come nella strada che vediamo dalle finestre di casa di Jan. Delle scale marroni con le ringhiere nere portano all'entrata. A volte le finestre sono tondeggianti. Begli alberi rallegrano i larghi marciapiedi. Sulle scale, seduta sui gradini, la gente chiacchiera godendosi il fresco.
Ad un tratto mi fermo. Rimango di stucco. Che mi venga un accidente! A New York ho visto tanti cani, ma là sul muretto c'è il primo gatto che vedo in questa città ed è la fotocopia della nostra gattina, morta una decina di anni fa a Roma. Mi avvicino emozionata, sì è proprio lei, le macchie bianche e nere sparse sulla pelliccia allo stesso modo. Di gatti bianchi e neri ne ho visti a bizzeffe, ma mai uno identico tale e quale a Poesjemauw. I nostri occhi si fissano, lei li sbatte dolcemente in segno di saluto, si alza e la sua testolina cerca le mie mani per essere accarezzata. Non ne ha mai abbastanza. Ascolta le mie parole in italiano e in olandese come ero solita rivolgermi a Poesjemauw. Mette le zampette contro il mio petto e preme un attimo il suo naso freddo e umido contro la mia guancia, io le do un bacetto sulla fronte. Una voce ci sveglia dal duetto affettuoso: "Vedo che avete fatto amicizia."
Dallo stretto sentiero che conduce dal giardino dietro la casa alla strada viene una giovane signora. Ci sorridiamo e ci salutiamo con sorpresa perchè ci conosciamo di vista. La prima volta ci incontrammo al supermercato del vicinato, le nostre mani si allungavano contemporaneamente a prendere da uno scaffale in basso un sacchetto con dei piselli gialli secchi e ci venne da ridere. Da quel giorno ci salutiamo quando ci incontriamo. Non sapevo che abitasse qui. Mi dice: "Pussycat non viene mai a sedersi qui sul lato della strada, sta sempre in casa o nel giardino e non da mai molta confidenza alle persone che non conosce." Le voglio parlare della somiglianza con la gattina che avevamo anni fa a Roma. Lei con un grande sorriso sulla sua bellissima faccia color ebano, dove spiccano due grandi occhi egiziani, mi invita a raccontarle questa storia  nel suo giardino, per stare più comode. Apre il cancelletto e la seguo. Pussycat salta dal muretto e ci viene dietro. Grande è la mia sorpresa nello scoprire la parte del giardino non visibile dalla strada. Non è un giardino di grandi dimensioni, ma è un salotto accogliente. Nell'angolo c'è un delicato ginkgo biloba, un albero per cui ho un debole per via delle foglie dalla forma particolare; c'è un rododendro in piena fioritura e anche un'ortensia che mostra con orgoglio i suoi fiori bianchi. E poi sotto la finestra c'è una piccola aiuola di tulipani bianchi e rosa. Esprimo la mia meraviglia: non mi aspettavo un tale giardino nel retro. Si vede che a lei fanno piacere le mie parole di apprezzamento. Mi prega di sedermi su una delle sedie accostate al tavolo che sta vicino al basso muro che fa da divisorio fra una casa e l'altra. Pussycat, che mi sta girando intorno con grande impazienza, salta immediatamente sulle mie ginocchia, mi guarda in faccia e sotto le mie mani carezzevoli fa le fusa e si arrotola. La signora sorridendo guarda compiaciuta. Dice con la sua voce pacata ed elegante, come sono anche i suoi modi e la sua figura: "Vedo che Pussycat si sente a suo agio con lei." Si assenta un attimo salendo i pochi scalini che portano in casa e torna con delle bibite. Adesso le racconto di Poesjemauw e di tutti gli anni che è stata con noi. Lei a sua volta dice di come tre anni fa ha scelto Pussycat in mezzo ad una nidiata di gattini, o meglio di come i suoi figli hanno scelto questa gattina bianca e nera. Specifica che la mamma di Pussycat era una gatta proveniente dall'Europa.

giovedì 27 gennaio 2011

Central Park d'inverno








Qualche giorno fa Jan mi ha mandato una bella foto del Central Park Reservoir (serbatoio) ghiacciato.
Scrive che quel giorno, era domenica, alle otto del mattino la temperatura era di -14° Celcius. Più tardi, nel primo pomeriggio, lui e Jennifer hanno fatto una bellisima passeggiata nel Central Park. Nonostante un sole abbagliante non c'era quasi anima viva. Ed è una cosa fuori del comune camminare per i sentieri di quel parco nel silenzio assoluto. Vuol dire che la gente non aveva il coraggio di affrontare quel freddo forte. Poi hanno scattato questa foto. E la voglio mettere sul mio blog  perchè Central Park così non l'ho mai visto, ci sono stata a settembre/ottobre e una volta anche a maggio. Mi ricordo che quel maggio, era il 2004, è venuta anche Sigrid a stare due settimane con noi e mentre Jan lavorava noi facevamo le turiste e capitava che i nostri panini li mangiavamo nel Central Park sedute nell'erba vicino al lago, guardando le oche canadesi, gli scoiattoli e la gente che passava. Giorni felici. Per quelle vacanze io avevo interrotto il mio corso di Scrittura Creativa, ma camminando per le strade di Harlem mi è venuta l'ispirazione. Quel racconto lo scriverò nel prossimo paragrafo. Mi sono ricordata di quel racconto quando ieri, facendo visita a Barbara e Silvano, ho visto nel loro giardino il gattino bianco e nero (come Poesjemauw), loro ospite fisso, che si affacciava alla porta-finestra per reclamare la sua cena.
Con questa foto invernale nella mente ho fatto una ricerca e vedo che nel Central Park ci sono numerosi laghetti. Con questa prosopagnosia che mi ritrovo, non me ne ero mai accorta. Pensavo che ci fosse ùn lago e basta. Oltre al Reservoir (il più grande) c'è The Pond proprio davanti al Hotel Plaza. Poi c'è The Lake che confina con il giardino che Yoko Ono ha regalato a New York in memoria del marito John Lennon e che si chiama Strawberry Field. Un altro laghetto suggestivo è il Belvedere per la presenza, sulle sue rive, di un piccolo ma grazioso castello. Infine, nella zona più a nord del parco si trovano il laghetto Pool e l'Haarlem Meer, tra loro collegati da un piccolo, suggestivo torrente.
Intorno al Reservoir c'è una pista da jogging di 2,54 km. Vi è stato girato il film Il Maratoneta con Dustin Hoffman, la cui casa (Dakota Building), si affaccia proprio sul Reservoir, che è il luogo più suggestivo e panoramico di tutto il parco.
Stamattina, con una temperatura di 5°, attraversando Piazza Vittorio per andare al mercato, ho visto tra l'erba striminzita una famigliola di pratoline.



Bow Bridge - Sett. 1992
A casa di Jan - Maggio 2004

lunedì 24 gennaio 2011

Goetheanum, Libera Università di Scienza dello Spirito

Goetheanum II

Il Goetheanum è la costruzione monumentale disegnata da Rudolf Steiner che si trova a Dornach vicino a Basilea, Svizzera. Il primo Goetheanum (denominato Johannesbau - edificio di Giovanni) costruito interamente in legno, venne completamente distrutto in un incendio doloso il 31 dicembre 1922.
Dopo la morte di Rudolf Steiner venne ultimato il nuovo Goetheanum che, invece delle sculture scavate e modellate nel legno, fu costruito in cemento armato con soluzioni di assoluta avanguardia tecnica e artistica. Il modello fu creato da Rudolf Steiner stesso prima di morire.
Steiner definì il Goetheanum "un edificio vivente posto all'interno di un corpo plastico". Il suo nome è un omaggio al grande scrittore romantico, filosofo e scienziato tedesco Goethe; l'edificio è stato progettato come sede per la divulgazione dell'Antroposofia e la sua struttura è un vero e proprio libro nel quale si materializza il pensiero del filosofo attraverso gli elementi architettonici, ponendo le basi all'Architettura Organica.
L'edificio è un capolavoro di design. Non ha neanche un angolo retto. La forma è stata creata per armonizzarsi con la sua funzione e con l'ambiente circostante.
Oltre al Goetheanum, nel villaggio di Dornach, vi sono altri esempi di architetture espressioniste progettate e ispirate da Steiner, in particolare: l'atelier del vetro del 1914, la centrale termica sempre del 1914, le case degli euritmisti del 1920, il trasformatore del 1921 e la casa Duldeck del 1915.
Nel Goetheanum ogni anno si tengono 700 congressi, conferenze, visite guidate unitamente a rappresentazioni teatrali.
Interno
Goetheanum I

domenica 23 gennaio 2011

Biografia di Rudolf Steiner

Rudolf Joseph Lorenz Steiner (25 febbr.1861-30 marzo 1925) è stato un filosofo, esoterista e pedagogista austriaco. E' il fondatore dell'Antroposofia (Scienze dello spirito), di una particolare impostazione pedagogica (la scuola Steineriana), di un tipo di medicina (la medicina Antroposofica o Steineriana) oltre che l'ispiratore dell'agricoltura biodinamica, di uno stile architettonico e di uno pittorico. Ha posto anche le basi dell'euritmia e dell'arte della parola insieme alla moglie Marie von Sivers. Si è occupato inoltre di filosofia, sociologia, antropologia e musicologia. Si è laureato in chimica  a Vienna e in filosofia a Rostock.
Si mise in luce ancora studente curando gli scritti scientifici di Goethe. Dal 1890 al 1987 collaborò all'Archivio di Goethe e Schiller a Weimar. Dal 1902 ebbe una più intensa attività come scrittore e conferienziere, prima nell'ambito della Società Teofisica e poi di quella Antroposofica, da lui fondata nel 1913. Oltre a una trentina di opere scritte di carattere filsofico e antroposofico, sono rimasti i testi stenografati di quasi 6000 conferenze sui più diversi rami del sapere.
Rudolf Steiner morì nel 1925 a Dornach, Svizzera, dove aveva edificato, prima in legno e poi in cemento, il Goetheanum, centro di attività scientifiche e artistiche fondate sull'Antroposofia.
Si può dire senza esagerazone che l'opera da lui lasciata, sia nel genere che nella quantità, non ha uguali nella storia dell'occidente.
Al momento della sua morte, due elementi essenziali della sua opera, che solo più tardi dovevano rivelarsi in tutta la loro ricchezza, erano ancora poco conosciuti: i suoi cicli di conferenze e il bozzetto del secondo Goetheanum.
Nel suo libro "L'Iniziazione", Steiner scrive: "In ogni essere umano esistono facoltà latenti attraverso le quali egli può giungere alla coscienza del mondo dello spirito."
Nelle sue opere decrive l'uomo visibile e invisibile, parla della guida spirituale dell'umanità, afferma che la morte è un passaggio dalla vita terrena a quella spirituale. Presenta la dottrina della reincarnazzione nella sua forma odierna, compenetrata dal cristianesimo e adatta all'uomo occidentale. Caratterizza le gerarchie celesti ed apre l'accesso ai testi sacri cristiani in una maniera fino ad ora sconosciuta all'uomo moderno.

Euritmia



L'euritmia è una forma d'arte del movimento creata da Rudolf Steiner e la moglie Marie von Sivers. L'euritmia si può discrivere come un'arte di movimento che non va però confusa nè con la danza nè con la ginnastica. Nella sua forma artistica è praticata da solisti o gruppi come parte di rappresentazioni teatrali il cui scopo è rendere visibili le leggi della parola e della musica. Oltre a questo ha una importante applicazione nel campo terapeutico, come parte della medicina antroposofica. L'euritmia, come arte pedagogica, fa parte del curriculum delle scuole Steineriane (scuola Waldorf). Inoltre essa è applicata in campo aziendale, principalmente per ristabilire l'equilibrio e l'armonia nei lavoratori che svolgono mansioni meccanico- ripetitive o stressanti.
Il linguaggio parlato e musicale viene reso visibile attraverso il movimento del corpo: ciò che normalmente è sperimentato solo dalle laringe e dall'orecchio può così risuonare nell'uomo intero.
L'euritmia nasce nel 1912 in seno all'Antroposofia (o Scienza dello spirito). I movimenti euritmici liberano Parola e Musica cosmica esistenti nell'essere umano, riversati nel suo corpo eterico. Perciò, quando si eseguono gesti euritmici, la forma cristallizzata della figura umana si scioglie, si libera dall'irrigidamento imposto dalla materia e ridiventa suono.
Il lavoro euritmico risveglia ed affina la capacità di ascolto.
Rudolf Steiner e Marie von Sivers - 1908.
La mobilità interiore risvegliata dall'euritmia rinforza la vita animica, permettendo alle forze di pensiero di trasformarsi in impulsi volitivi sulla base di un sentire sano ed equilibrato.
Chi esegue l'euritmia ha il compito di porla dinanzi al mondo, deve penetrare l'essenza, come il musicista, il pittore, lo scultore devono penetrare nell'essenza  della propria arte.
L'euritmia giova all'uomo nei tre sensi: corpo, anima e spirito.




Le materie della scuola Steineriana

Nelle scuole Steineriane le materie artistiche e manuali hanno pari dignità rispetto a quelle intellettuali: la testa, il cuore e la mano hanno un'importanza qualitativamente uguale per lo sviluppo del bambino. Ecco perchè nelle scuole Steineriane vengono stimolate nella stessa misura le facoltà cognitive, pratiche e morali.
Accanto alle materie tradizionali compaiono: due lingue straniere, lavori manuali, canto, strumento musicale, pittura, modellaggio, disegno, euritmia (arte del movimento legato alle parole e alla musica), ginnastica Bothmer (ricerca ginnica di armonia del corpo con le leggi e le qualità del tempo e dello spazio), teatro, giardinaggio e falegnameria.
Tali materie non sono di "abbellimento" al programma, ma sono sostanziali. Attraverso, per esempio, il lavoro manuale (cucito, maglia, ricamo, tessitura) non solo si educa l'abilità delle mani, ma si pongono anche le basi per lo sviluppo di un pensiero agile e mobile.
Anche le materie più "intellettuali", come la grammatica o la matematica, vengono insegnate in modo da far scaturire l'astrazione e la formalizzazione da un processo artistico e pratico. Ciò avviene attraverso il racconto di storie che evocano immagini nell'interiorità del bambino e legano il contenuto non solo al suo intelletto, ma anche alla sua emotività, garantendo in questo modo una memoria più sicura e di lunga durata. Nel processo di apprendimento si fa spesso appello alla corporeità e al movimento, oltre che all'attività percettiva. Per esempio le tabelline si imparano con movimenti ritmici del corpo, il programma di geometria poggia su anni di disegno di forme e di disegno geometrico, lo studio della fisica e della chimica è basato sulla sperimentazione.
Le scuole Steineriane riguardano l'educazione del bambino fino alla soglia dell'Università.
(tratto dal sito
http://www.rudolfsteiner.it/)

                                                                                                    

Pedagogia Waldorf

Prende il nome dalla scuola voluta da Emil Molt, direttore della fabbrica di sigarette Waldorf- Astoria di Stoccarda, per i figli dei suoi operai. La scuola Waldorf aprì le porte nel settembre del 1919 con circa 250 alunni e dodici insegnanti, sotto la condizione pedagogica di Rudolf Steiner, iniziatore dell'Antroposofia.
Oggi ci sono circa mille scuole nel mondo che si ispirano ad essa.
La presenza delle scuole ad indirizzo Steiner è più forte nei Paesi Scandinavi, in Olanda, in Germania, negli Stati Uniti, in Svizzera e nel Regno Unito ma si sta estentendo anche nel Est europeo.
La pedagogia Steineriana è approdata in Italia solo nel 1949 ed ha avuto sviluppo a partire dagli anni novanta del secolo scorso. Attualmente si contano all'incirca trenta scuole primarie, un numero più che doppio di giardini d'infanzia e una sola scuola secondaria a Milano con indirizzi scientifico ed artistico.
A meno che non siano accessibili finanziamenti pubblici, situazione oggi ancora poco frequente in Italia, tutti i costi di gestione devono trovare copertura attraverso quote scolastiche, donazioni, sponsorizzazioni ed altri contributi.
Nella maggior parte dei Paesi le scuole Steineriane ricevono finanziamenti pubblici che arrivano a coprire anche il 100% dei costi. Le scuole Waldorf sono collegate ad organismi internazionali che promuovono  l'aggiornamento e l'approfondimento delle problematiche pedagogiche e sostengono la diffusione delle scuole nei paesi in via di sviluppo, soprattutto grazie alla solidarietà interna al movimento mondiale.
La scuola steineriana è aconfessionale ma la religiosità, innata in ogni bambino, viene rispettata e coltivata attraverso una particolare cura dei sentimenti di stupore, venerazione e rispetto. Così il bambino impara a sentirsi parte dell'Universo.
L'educazione Steiner - Waldorf dovrebbe essere un diritto per tutti i bambini le cui famiglie decidono di sceglierla e affinchè la scuola Steiner - Waldorf possa assolvere a pieno e al meglio la sua missione sociale è quindi fondamentale che venga sostenuta economicamente anche al di fuori della cerchia dei genitori dei bambini che la frequentano.
L'obiettivo della scuola Steineriana: "Elaborare una pedogogia che insegni ad apprendere, ad apprendere per tutta la vita dalla vita stessa."


Una scuola Steineriana in Italia.

Riassunto della Scuola Steineriana.

L'antropologia antroposofica suddivide lo sviluppo del bambino in settenni. Nel periodo scolastico, che abbraccia all'incirca un'età compresa tra i sette e i diciotto anni, si rivelano decisivi il primo ed il secondo settennio. La nascita del corpo eterico, all'inizio del secondo settenio, si manifesta, secondo Steiner, mediante il cambiamento dei denti. Sino a questo momento il bambino ha appreso grazie a "l'imitazione e l'esempio", ora impara in virtù del "conformarsi ad un modello e dell'autorità". A questa fase si accompagna uno sviluppo potenziato delle forze interiori dell'apprendimento, in particolare della fantasia immaginativa e della memoria. La pubertà segna la nascità del corpo astrale, inizio del terzo settennio.
Ci  si rivolge al bambino dedicando pari attenzioni sia alla maturazione individuale sia a quella sociale. Questo avviene, per esempio, attraverso l'esperienza del ritmo, con l'alternarsi giornaliero di attività pratiche e creative che stimolano l'ingegno, e attraverso le celebrazioni legate alle festività dell'anno. Viene riconosciuto uguale dignità alle materie intellettuali, artistiche e manuali, con la consapevolezza che dita abili producono abilità di pensiero. La sana formazione del corpo, anima e spirito è l'intento principale della pedagogia Waldorf.
La scuola Steineriana accompagna il bambino a sviluppare, sempre armonicamente, l'attività delle mani, del cuore e della mente. Proprio su questo equilibrio poggerà la sua capacità futura di divenire un uomo libero, fiducioso in se stesso e capace di contribuire allo sviluppo della comunità umana.
Steiner ritiene inoltre imprescindibile la coscienza dei temperamenti dell'uomo, nella formulazione da lui elaborata. Come già teorizzato dai Greci, essa classifica l'uomo in quattro tipologie fondamentali: sanguinico, flemmatico, melanconico e collerico, quantunque, di regola, si presentino forme miste di queste tipologie.

Parole di Rudolf Steiner: "Esistono soltanto tre modi efficaci per educare: con la paura, con l'ambizione, con l'amore. Noi rinunciamo ai primi due."

"Il destino si compone di due ordini di fatti, i quali si fondono a formare quella unità che è una vita umana.
Il primo scaturisce dagli impulsi dell'anima, il secondo si avvicina all'uomo tramite il mondo esteriore."
Rudolf Steiner da giovane.

giovedì 20 gennaio 2011

Livia e la sua scuola

Livia - 5 anni e nove mesi.

Da quando Livia frequenta la scuola Steineriana, la mattina saltella per casa e non vede l'ora di andarci. E' diventata un'altra bambina. Più allegra, più espansiva e socievole. Prima il suo mondo con genitori e sorellina le bastava. In casa propria era più che contenta, non aveva desiderio di andare a giocare in casa di amichetti e se ci andava, invitata ad una festicciola, rimaneva attaccata ad uno dei suoi genitori. Adesso è lei che chiede: voglio giocare a casa di Mila, o di Luna o di Noelle o di Skye.
Due pomeriggi fa toccava a Sigrid e Kevin avere, dopo scuola, un colloquio con la maestra Daphne per parlare insieme degli sviluppi pedagogici di Livia. Daphne era contenta dei progressi che sta facendo Livia. Chiacchera e gioca con gli altri bambini. Partecipa con passione alla recita giornaliera, che non vorrebbe interrompere per dedicarsi ai lavori manuali. Ma una volta immersa nel disegnare o nello scolpire o quello che sia il lavoro di turno, è completamente assorta. Anche a scuola saltella spesso, questo è il suo modo di esprimere contentezza. Ancora però non rivolge domande alla maestra e quando l'insegnante le fa domande, non risponde. Sigrid e Kevin raccontano che questo succede anche fuori dalla scuola: ignora gli adulti estranei al suo ambiente.Come se ci fosse un muro che non riesce ad abbattere. Domande a casa ne fa tante però: sulla vita,sulla nascita,sulla morte, sull'Italia, sull'Olanda. Tante di quelle domande. Racconta di scuola, di come le piace tantissimo la recita. Ogni giorno, durante la recita, ad ogni bambino tocca un nuovo ruolo, e tra i tanti lei preferisce fare l'angelo. Le piace anche l'euritmia, una materia tipica della scuola steineriana. La maestra consiglia di far seguire a Livia, entro l'ora scolastica, un'extra piccola lezione di euritmia, per aiutarla ad aprirsi di più.
E' stato un bel colloquio. Sigrid e Kevin sono felicissimi di aver optato per questa scuola, vedendo i risultati con Livia. E non si sarebbe potuto trovare una maestra migliore.
La mia idea è che tutte le scuole dovrebbero addottare il metodo steineriano, se non del tutto, almeno in parte. Quanti bambini andrebbero più volentieri a scuola. Ci sarei andata con piacere anch'io da bambina e ci avrei mandato i miei figli. Ma non sapevo dell'esistenza di questa scuola così speciale.


Livia - 5 anni e mezzo.

lunedì 17 gennaio 2011

Nuovo Mercato Esquilino


Quasi tutti le mattine vado al mercato. Spesso faccio prima il giro di Piazza Vittorio per dare un'occhiata alle bancarelle sotto i portici, anche se non mi interessano più come all'inizio, la loro merce è ripetitiva. Ogni quindici giorni però ci sono degli artigiani che espongono i loro prodotti e ho preso l'abitudine di comprare da un apicoltore dell'ottimo miele "integrale". L'anno scorso ho imparato da Jan, a New York, che "raw honey", cioè miele crudo non pastorizzato, fa benissimo alla salute, combatte tante malattie, persino l'allergia. Là i supermercati ne sono ben forniti, qui lo trovo, in asssortimento, a due passi da casa.
Il  mercato, che è molto bello e vasto, mi ha fatto impiegare un pò di tempo per orientarmi nei suoi sentieri. Adesso va tutto liscio. Compro sia dagli Italiani che dagli stranieri.
Ecco la storia del Nuovo Mercato Esquilino.
Nel 2001 il mercato che stava intorno ai giardini di Piazza Vittorio, è stato, per bonificare la piazza, trasferito  dopo polemiche, progetti, tentativi, compromessi da parte dell'amministrazione comunale, nei locali dell'ex caserma Guglielmo Pepe. Oggi ci si parla soprattutto bengalese, cinese, pakistano, filippino e tutti i dialetti dell'Africa e del Sud America.
Questo grande mercato è diviso in due sezioni. Una è per l'abbigliamento, tessuti, borse e scarpe. L'altra parte offre cibarie varie: pesce, carne, pane, frutte, verdura e spezie da tutti gli angoli del mondo.
Il mercato dell'Esquilino custodisce un tesoro prezioso: un mondo in piccolo sotto lo stesso tetto. Tra i suoi colori, odori e sapori è possibile viaggiare attraverso continenti e culture lontane, spesso a volte sconosciute e fraintese.
Sui banchi si vedono ortaggi noti e sconosciuti ammonticchiati gli uni accanto agli altri, estranei tra loro ma accomunati dal poter finire nei piatti e negli stomaci.
Oggi diverse specie di questi ortaggi esotici vengono coltivate nelle nostre regioni: Sicilia, Lombardia etc., mutando non solo i mercati, ma anche il paesaggio delle colture tradizionali.
Ho letto su Internet che lo scorso dicembre al Nuovo Mercato Esquilino c'è stata una manifestazione di degustazioni gastronomiche legate a diverse culture, nonchè dimostrazioni di cucina internazionale e mostre a tema. Quest'evento era intitolato "Assaggia il Mondo". Spero che si ripeterà, vorrei assistervi per assaggiare nuovi sapori ed imparare nuove ricette. Per sperimentarle quando i miei figli vengono dall'estero. Una cosa è certa. Al mercato vado volentieri.

Eureka

Via Govoni - 1 Settembre 1985.


Sigrid - 17 Luglio '84


Sono già quasi due anni che abitiamo all'Esquilino. C'è chi dice che è il rione più bello di Roma. E non ha tutti i torti. I palazzi costruiti dopo il 1870 sono per lo più eleganti e solidi. Alla Balduina/Belsito, la strada dove abitavamo prima era definita la più bella di Monte Mario, con oleandri sui marciapiedi, altissimi pini canadesi, terrazze piene di piante e arbusti. I palazzi signorili, con grandissime finestre. Questi palazzi erano però costruiti con materiale così così. L'ho saputo ad una festa di compleanno di una mia compagna del corso "Scrittura Creativa". Un signore presente, sentendo dove abitavo, mi ha detto di aver participato alla costruzione dei palazzi dell'INA in quella strada. Vedendo il materiale che veniva usato, perplesso suggeriva di adoperarne di migliore qualità. La risposta fu: "Perchè? Si venderà lo stesso." Infatti c'era sempre qualcosa che si rompeva. A Roma dicono: palazzi fatti con lo sputo. Quelle case dell'INA circa dieci anni fa sono state messe in vendita e, a quel punto, eravamo certi di poter comprare, con un mutuo,  il nostro appartamento, Pino ci teneva tanto a rimanere li, come quasi tutti gli altri inquilini, in più c'era anche il diritto di prelazione. E' sucesso però che senza dire niente a nessuno l'INA ha venduto tutto in blocco alla Pirelli e la Pirelli dopo poco tempo ha venduto il malloppo alla Fondiaria. E la Fondiaria non vendeva più. Ha restaurato tutti gli appartamenti, con grande disagio per noi inquilini: per mesi operai in casa dalla mattina alla sera, la porta sempre spalancata, tanti giorni senza finestre, calcinacci, polvere. Il nuovo affitto più che raddoppiato non ce lo potevamo permettere. David ed io abbiamo cercato in tutta Roma un appartamento alla nostra portata, da acquistare. Con i risparmi di una vita. Girando Roma per almeno tre anni, alla fine ci siamo concentrati sull'Esquilino dove i prezzi erano stati abbassati per via dei tanti abitanti di questo rione, che, con l'avvento dei Cinesi, si erano trasferiti altrove.
Questo appartamento, molto luminoso, ci è piaciuto subito. Il calvario del cercare era finito.
Eravamamo molto affezionati al quartiere di prima. Ma adesso sappiamo che la vita qui è molto più facile. Qui non si aspettano i mezzi di trasporto per, spesso, moltissimo tempo. Siamo collocati molto meglio, con autobus e Metro che ti portano ovunque. Parchi e negozi nelle vicinanze. Per il mercato non devo prendere l'autobus come una volta. Ci si arriva a piedi in dieci minuti. Nel prossimo capitolo parlerò del mercato, Mon Amour.

David e Jan 11-6-1980

Trasloco 2009.

domenica 16 gennaio 2011

L'Esquilino oggi

Camminando per le strade dell'Esquilino incontri dappertutto gente di etnie diverse: Rumeni, Bengalesi, Somali, Afghani, Filippini, Etiopi, Indiani, Srilankesi, Sudamericani, Cinesi. Sui marciapiedi vicino al mercato coperto si formano dei gruppi di uomini che stanno là a parlare tra di loro per ore. Non danno fastidio a nessuno, stanno là e parlano. Delle volte ti chiedi: "Ma in quale paese mi trovo?" Perchè di Italiani ne vedi pochi. Il mercato è ben fornito di frutta, verdura e spezie - anche esotiche - e i venditori, per lo più stranieri, sono tutti gentilissimi. Quello che trovo sbagliato è che ci sono troppe bancarelle con la stessa merce: sempre frutta e verdura. C'è un solo posto dove vendono esclusivamente pane in assortimento, pizze e tanti tipi di dolci. Dicono che se ne aprirà un altro, e sarà un sollievo, si aspetterà di meno il proprio turno.
Adesso vedo quello che dicono i giornalì sul rione Esquilino. Non passa giorno che i quotidiani non dedichino un articolo a questo quartiere. Purtroppo spesso negativo.
Il quartiere più emblematico di Roma è l'Esquilino dove ormai con i Romani di Roma vivono e convivono mille popoli. Sono scomparsi quasi tutti i negozi e le botteghe artigiane tradizionali. Per mutazione etnica. Al loro posto tanti nuovi immigrati all'anno. Molti residenti hanno preso la fuga, cominciando dalla fine degli anni '80. L'Esquilino è diventato un quartiere multiculturale.
Negli anni '90 le insegne in lingua cinese hanno fatto la loro comparsa, prima in modo isolato, diffondendosi poi a macchia d'olio. Infatti la parte del leone in campo affaristico la fanno i Cinesi. Sono rari i punti vendita non asiatici sopravvisuti alla "presa di Pechino". Vestiti, scarpe accessori, ma anche alimentari, prodotti per la casa e cianfrusaglie di ogni genere e sorta. La questione dei negozi cinesi, la loro "invasione", la scomparsa di qualsiasi altro genere di attività ha creato dei disagi non indifferenti e forzature di mercato nella zona. La vulgata è che i Cinesi arrivano, pagano in contanti, pagano tanto da invogliare il futuro ex propietario a vendere il negozio o appartamento di turno.
Nel quartiere dell'Esquilino è stato scoperto già da tanti anni un fiorente traffico illegale sotto la guida della camorra napoletana alleata alla mafia cinese. E il riciclaggio di denaro sporco, da parte della criminalità cinese, per centinaia di milioni di euro.
Vivendo qua non ci si accorge di niente. I Cinesi li vedi tranquilli, ben vestiti. Formano una comunità chiusissima. Qualche rara volta si vede una coppia mista: un ragazzo italiano abbracciato ad una ragazza cinese. Melting Pot inevitabile.


giovedì 13 gennaio 2011

L'Esquilino



Sono già quasi due anni che abitiamo su questo colle romano che si chiama Esquilino. Ho voluto fare una piccola ricerca e il risultato eccolo.
Il nucleo abitato dell'Esquilino ha origini risalenti al VIII secolo a.C., quando gli abitanti costituivano una sorta di sobborgo della città palatinia. In origine era un corpo unico con gli altri colli, formando un unico altopiano che, successivamente, in seguito all'erosione prodotta dai vari corsi d'acqua e dopo il sollevamento dei sediamenti fluviali del Tevere che ha inciso il tufo solido e gli altri tufi antichi, si è diviso in valli ed alture dando alla zona l'aspetto attuale. I tradizionali colli di Roma sono: Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale e Viminale.
Su questi sette colli venne fondata Roma. L'Esquilino, il più alto ed il più esteso dell'Urbe, era formato da tre alture: l'Oppio nel settore meriodonale, il Fagutal in quello occidentale, confinante con la Velia, ed il Cispio nella parte settentrionale, dove si trova attualmente la basilica di Santa Maria Maggiore. A partire della sua annessione alla città verso la metà del VI secolo a.C. dal re Servio Tullio, il colle si avviò a diventare uno dei più popolari di Roma, privo di monumenti ma con alcuni templi dedicati principalmente a culti popolari ai quali si aggiunsero altri templi di divinità orientali. In epoca imperiale parte dell'Esquilino era adibito a cimitero. Dagli inizi del II secolo a.C. la necropoli iniziò ad essere abitata da poveri e i morti sepolti in fosse comuni. La vasta opera di risanamento intrapresa e condotta a termine da Mecenate intorno al 35 a.C. dette l'avvio alla costruzione di grandi ville e giardini.
A partire dal 1870 tutte le ville furono distrutte per avviare l'urbanizzazione intensa dell'Esquilino. Ci vanno ad abitare gli austeri burocrati scesi da Torino al seguito del governo reale di Vittorio Emanuele II, per cui diviene il quartiere piemontese, e a tutte le strade del quartiere furono cambiati i nomi: Via Cavour, Via Carlo Alberto, Via Principe Amedeo etc.
Qui trovavano posto la famosa "Domus Aurea", le terme di Tito e Traiano, acquedotti, giardini, il portico di Livia. Tra le chiese più importanti, la basilica di Santa Maria Maggiore, San Pietro in Vincoli, Santa Croce in Gerusalemme.
Ci soni diverse interpretazioni della provenienza del nome Esquilino. Forse la più probabile è l'affermazione che gli "exquilini" AESQUILAE erano gli abitanti della fascia suburbana per distinguerli dagli "inquilini" che risiedevano nell'urbe.

lunedì 10 gennaio 2011

Toccata e fuga

Venerdì sera alle 7 sono arrivati da noi Jan e Jennifer e stamattina, domenica, alle 11.30 sono ripartiti. E' stata una toccata e fuga, un soffio nel tempo infinito. In questa casa è un via vai di figli che vengono e vanno. David e Jan hanno chiaccherato su tutto, è un bene che ogni tanto i due fratelli si vedano e si parlino. Anche con Sigrid, al telefono, Jan ha parlato a lungo. I disegni di Livia ancora attaccati al frigorifero. I nostri racconti sulle nostre vicissitudini con Kevin, Sigrid, Livia e Flaminia. Jan che è venuto con me al mercato. Jan e Jennifer che hanno riportata la musica classica nella mia vita, mettendo in azione due stazioni musicali sul mio computer: "Venice classic" e Classical 102". Posso ascoltare musica con o senza cuffia. Anche lo SKYPE hanno messo in funzione, per adesso solo voce.
Intorno al tavolo Jan e Jennifer hanno raccontata la loro "Via del vino", che è stata un'impresa intensa ma fatta con tutta calma. Il loro viaggio è cominciato il 25 di dicembre partendo da New York. All'aeroporto di Roma hanno preso la coincidenza per Catania. Lì hanno preso in affitto una macchina. La rotta seguente è stata: Catania, Siracusa, Ragusa. Il capodanno l'hanno passato a Siracusa con una giovane coppia di produttori di vino e i loro familiari, onorati della presenza dei due ospiti venuti da lontano. I giovani sposi fra non molto saranno ospiti da Jan e Jennifer a New York. Poi hanno proseguito il loro viaggio per il continente: Calabria, Basilicata, Puglia, Campania e Lazio. Dei paesaggi erano entusiasti, quanta bellezza lungo la strada. Jennifer ci ha descritto a lungo Matera, con le case nelle rocce. Di Alberobello erano alquanto delusi perchè diventato troppo turistico.
Da tutti i dodici produttori da loro visitati Jan e Jennifer hanno trovato tanta ospitalità e gentilezza. Ma anche il personale negli alberghi, Bed & Breakfast, ristoranti e trattorie era molto gentile. Si aspettavano al Sud della gente chiassosa, perciò sono rimasti colpiti che negli alberghi e ai tavoli dei ristoranti tutti si comportavano in modo discreto e si parlava sottovoce.
In un ristorante un cuoco è uscito di corsa appositamente per acquistare al mercato vicino gli ingredienti necessari per preparare uno squisito piatto vegetariano per Jan. La gente seduta ai tavoli vicini a quello di Jan e Jennifer vedendo quella pietanza appetitosa faceva cenno al cameriere di portare loro un piatto identico.
Adesso il menue di questo ristorante si è arrichito di un nuovo piatto a base di verdure.
Jan tornerà in aprile in Italia per presenziare Vinitaly a Verona e per qualche giorno starà di nuovo con noi a Roma. Momenti miliari.


giovedì 6 gennaio 2011

Brancaleone

Con lo zio David, qui a Roma, Livia e Flaminia hanno visto un pezzo del film "Brancaleone alle crociate". Ne sono rimaste impressionate e attratte. Dopo il film Livia ogni tanto cantava "Branca Branca Branca leon leon leon".
Tornata a casa in Olanda, Flaminia, salendo per andare al piano di sopra, sugli scaffali lungo le scale ha visto un libro mezzo rivolto verso di lei. Sulla copertina c'era un uomo vestito pressapoco come Brancaleone. Con entusiasmo ha esclamato: "Bancaleone! Bancaleone!" E' riuscita a levare il libro dallo scafale e a trascinarlo nel soggiorno. Rivolgendosi al personaggio sulla copertina ha esclamato: "Bancaleone, piedi nudi, fuoco, male, tuffo acqua." Portando una piccola palla vicino al libro ha bofonchiato: "Questa piace a Bancaleone." Ha continuato ad andare avanti e indietro mettendo a fianco del libro almeno 25 giocattoli e oggetti, ogni volta ripetendo: "Questo piace a Bancaleone."
Noi pensiamo che abbia voluto consolare Brancaleone per il male sofferto camminando a piedi nudi sui tizzoni ardenti.
E' un fatto che gli adulti pensano che i bambini non vedano niente. Invece colgono tutto, sono ultraricettivi.

Flaminia, due anni e mezzo.
                

Moreen ed altro

Il caso vuole che sul mio pianerottolo abitino con i loro "padroni" ben due gatti.  Prima ce n'erano tre, ma come ho già raccontato il gattone Ugo non c'è più, è morto dopo una caduta dal balcone del sesto piano.
La vicina di casa, Rosa, prima di partire a trovare i suoi familiari in Calabria per festeggiare insieme il Capodanno e la Befana, mi ha chiesto se io potessi badare alla sua gatta Moreen. Per me andava bene, l'ho fatto già altre volte d'estate.
Il giorno prima della loro partenza, mentre Sigrid e Kevin uscivano per l'ultima volta da soli, ho portato con me le nipotine per svolgere il mio compito. Flaminia va matta per gli animali, ci parla sui libri e si china per schioccare dei bacioni sulle loro figure. Con entusiasmo andava dietro Moreen, provando di prenderla in braccio, ma Moreen si divincolava, non si fidava di quel piccolo essere vivace. Flaminia, alzando le spalle e facendo un gesto di delusione, ha detto: "Non vuole le mie braccia." Moreen si nascondeva sotto il letto matrimoniale, anche Flaminia si ficcava sotto. A un certo punto Flaminia è riuscita comunque a piazzare due grossi baci sulla schiena di Moreen.
Siamo rimaste ancora un pò di tempo nella casa di Rosa perchè le due bimbe hanno scoperto le stanze da letto dei figli. Letti in alto, con delle scalette. Si sono levate le scarpe e come si divertivano a portare in sù
i tanti peluches trovati per casa. Correvano da un letto all'altro. Che avventura. Dopo un'oretta ho interrotto  il loro gioco, mi ero stancata di stare là con mille occhi e braccia a badare che non cadessero. David frattanto era tornato e così  le  bimbe rotolavano da un gioco all'altro.
Il giorno prima sono andate coi loro genitori al Museo dei Bambini  "Explora". Là si sono scatenate a più  non posso, come tutti gli altri bambini presenti. C'era tanto da vedere e da fare durante la visita che dura
un'ora e tre quarti ( bisognava prenotare). Una volta a casa Livia non smetteva di ripetere che ci voleva tornare la prossima estate.
Adesso vado da sola da Moreen, ma domani è già la Befana. Il giorno dopo torna la "padrona".
E il 7 gennaio Jan e Jennifer staranno con noi.

Una volta.......

Helen e John con Daniel 15, Lauren 13, Ryan 9.

Neanche tanto tempo fa era un rito di spedire prima di Natale tante cartoline in tante parti del mondo e un pensiero volava via con loro. Ne arrivavano in tale quantità che le fissavo a dei nastri. Questi nastri allegri venivana attaccati nell'ingresso in modo che entrando in casa l'occhio ne veniva subito attratto.
Pino (mio marito) preparava un grande presepio in un angolo del soggiorno. Quasi tutte le statuine erano acquistate con cura negli anni, da quando i figli erano piccoli, alle bancarelle di Piazza Navona. L'albero di Natale era da parecchio tempo sostituito con una grande pianta grassa, sempreverde, presa dal balcone.
Quest'anno c'era sul tavolo della cucina un alberello di cartone e nell'entrata, sulla cassapanca, un piccolo presepe. Le bambine si divertivano a spostare le statuine a loro piacere. Le poche cartoline arrivate sono state attaccate al frigorifero e le guardiamo come una preziosità. Ogni anno ne arrivano sempre meno. Una ragione è che molte persone non ci sono più, un'altra è che il più degli auguri arriva con gli e-mails e (ancora) le telefonate. Dal Canada solo da mia cognata Elma sono arrivati i "best wishes" per posta. Sul computer insieme agli auguri c'erano delle foto dei figli delle mie nipoti Helen e Sharon. Non li avrei riconosciuti tanto sono cresciuti e cambiati. L'ultima volta che sono stata in Canada, nel 2002, erano ancora bambini. Adesso non ci vado più. Mia madre teneva unita la famiglia; lei è morta nel gennaio del 2004, a 95 anni. La sua casa non c'è più. Mio fratello Minze, il papà di Diane, Helen e Sharon, anche lui se ne è andato. Le cose cambiano. Io sono senza Pino. Non vado più in Canada ma a New York e a Haarlem.
A Sigrid quando ha visto le foto sul computer è venuto la voglia di andare in Canada con la sua famigliola per rivedere cugini e zii. Quando Livia e Flaminia saranno un pò più grandi.


Mikayla 14
Kyle 11
Janine 8
Mikayla, Kyle e Janine sono figli di Sharon e Jeff.



domenica 2 gennaio 2011

Il giorno dopo

Dopo che ieri David ha sgombrato il terreno mettendo sull'armadio della mia stanza, ben sistemati, il lettino di Flaminia, un piumone, il passeggino delle bambole etc., stamattina ha passato tutta la casa con l'aspirapolvere. In seguito io ho lavato per terra e la bravissima lavatrice si dà da fare pure lei. Nei posti più impensati abbiamo trovato nascosti ad una prima visione dei piccoli giocattoli: tenere tracce di piccoli ospiti.
L'estate che viene staranno di nuovo con noi. E spero più a lungo. Ospiti più che graditi.



Con Sigrid ci sentiamo per telefono praticamente tutti i giorni. Mi ha spedito sul computer delle foto scattate da lei qui a Roma. C'è Kevin che con le sue figlie costruisce un puzzle. Le bambine nell'angolo giochi a Piazza Vittorio. Flaminia che prima della partenza ha cominciato a riempire il suo lettino con giocattoli. Si intravede il Cane Morbido (al quale oggi ho fatto il bagno). Livia, ridendo della sua buffa sorellina, si è arrampicata nel lettino. In giornata ho portato indietro nei giardini di Piazza Vittorio i sassi che Flaminia aveva portato a casa, li ficcava in borse, scatole, scarpe (David ne sa qualcosa) e posti a sorpresa. Per adesso basta il bicchiere con i sassi di Livia, la prossima estate si troveranno degli altri ancora più belli.


sabato 1 gennaio 2011

Il 1° gennaio 2011


E' la prima volta che scrivo la data col nuovo anno. Voglio raccontare che oggi, il primo giorno dell'anno nuovo, è cominciato con un addio. Stamattina alle 10 meno un quarto David ed io abbiamo accompagnato al treno Sigrid, Kevin, Livia e Flaminia. La stazione è così vicina che ci andiamo a piedi. Flaminia nel passeggino. A casa le bambine hanno giocato fino all'ultimo e noi adulti eravamo presi dagli ultimi preparativi e ad essere pronti per uscire. Non c'era tempo per pensieri tristi. Il treno partiva alle 10.22, siamo arrivati in anticipo tanto che David ha scattato qualche foto mentre camminavamo in stazione ed è la prima volta che io appaio nelle foto di queste due settimane. Anche sul treno David ha fatto un paio di foto. Le bambine sono l'oggetto preferito della macchina fotografica e siamo contenti quando Livia non fa obiezioni correndo via o coprendosi la faccia. E' arrivato il momento degli abbracci e baci, come siamo stati bene insieme, queste due settimane bellissime sono state troppo brevi. Occhi rossi. Salutare con le mani quando il treno partiva. Sentire un vuoto. La camminata di ritorno, il tempo grigio e mite. David mi ripeteva che gioia fosse avere la casa piena della presenza delle bambine. Siamo proprio matti di queste due nipotine.
Ci siamo dati da fare per far tornare la casa all'aspetto consueto: il divano letto di nuovo chiuso, via l'extra letto sotto il mio letto e mille altre cose. Sul suo letto Livia aveva messo a dormire delle bamboline in fila con delle calde copertine. Il Cane Morbido l'ho stretto un attimo a me. Ho pulito la cassapanca e messo dentro come in un puzzle tutti i giocattoli.
Ordinando la casa ho messo le ghirlande natalizie, sparse ovunque, di nuovo nella loro scatola. In quel mentre ho visto sul fondo un mucchietto di cartoline di Natale con un nastro intorno della cui esistenza mi ero scordata:  le più belle conservate negli anni. I pensieri sono andati a ritroso, a facce e luoghi. Mi ha invaso un'onda calda di nostalgia che saliva dai piedi, passava per tutte le parti sensibili, infuocava la testa riempendola di ricordi palpabili, di visioni di Natali felici passati con le persone più care. Con le lacrime al cuore coccolavo e abbracciavo questa sensazione, la volevo tenere per ancora due attimi prima di tornare all'adesso. Frattanto è arrivata la sera, ogni tanto ho pensato a quel momento magico. Una leggera nostalgia mi è stata compagna a tratti.
Ho chiamati mio fratello in Canada, è stato bello sentirlo.
Alle 5 meno un quarto ha telefonato Sigrid per far sapere che erano arrivati bene. Ci rivedremo fra non molto. Fine aprile vado a stare con loro per almeno un mese. Meno male, ma anche purtroppo, il tempo passa veloce.