giovedì 11 dicembre 2014

Twee motten in mijn ouwe jas - Due tarme nel mio vecchio cappotto

Quando apro il mio facebook passo tanto tempo a leggere i nuovi post, spesso molto interessanti e a volte divertenti. Un'amica italiana che vive ad Amsterdam parla di una canzone che il comico olandese Tom Manders, in arte Dorus, cantava nel programma De Showboat che conduceva assieme all'organista Cor Steyn. Il programma ha inizio nel 1956 e la canzone diventa da subito un hit. Allora ero in Olanda per un anno, fino al novembre del 1957. Non so se quella canzone era già uscita ma nella mia memora esiste e me la ricordo simpatica. L'ho cercata su You Tube e ho ascoltato Dorus che canta in dialetto amsterdammese delle due tarme che abitano nel suo vecchio cappotto.
Prima di iniziare a cantare si rivolge all'organista, suo partner: "Zeg meneer Cor Steyn, neem me niet kwalijk dat ik even onderbreek, maar zou u mij misschien effe op mijn rug willen krabbelen?"...
"Signor Cor Steyn, chiedo scusa che la interrompo ma potrebbe grattarmi un pò la schiena?" "Ma Dorus non hai qualcosa di meglio da chiedermi?" "No, mi ascolti un attimo, per favore dia un occhiatina nel mio colletto, ecco qua."  E adesso comincia a cantare raccontando che nel colletto del suo cappotto ci abitano da poco due carinissime tarme (dotte van motte) ed è emozionante vedere questo tenero amore. La tarma lui divora tutto il mio cappotto solo per lei, quella tarma amorevole (dot van een mot). Io lei la chiamo Charlotte e lui Bas. Quelle due carinissime tarme (dotte van motte) nel mio vecchio capotto.
Poi Dorus racconta che all'inizio si è sentito un pò assalito, pensava che qualcosa lo stesse rosicchiando, ma scoprendo quei buchi capisce tutto perchè vede due tarme che nei buchi stanno chiacchierando. Afferra il DDT però capisce che distruggerebbe quel matrimonio e decide di lasciare i coniugi dove stanno.
A intermittenza canta e parla di quella cara Charlotte e di quel tarmoloso Bas che si riempiono la pancia con il suo cappotto, ma dopotutto anche loro devono vivere e a lui, Dorus, vagabondo solitario, fa molto piacere che nel cappotto gli facciano compagnia due tarme e i loro dieci bambini.
Ho abbreviato la canzone ed è impossibile far rivivere la rima ritmata delle parole originali. Ho visto su You Tube che questa canzone piaceva e forse piace ancora molto ai bambini.

https://www.youtube.com/watch?v=L5PbBj8gfG4 
 
Il motivo per il quale ho tirato in ballo questa canzone è il seguente. All'inizio di novembre la mia amica Junko mi ha comunicato che a giorni sarebbe partita per assistere sua figlia e il suo genero in Svezia durante e dopo la nascita della loro bambina che dovrebbe nascere alla metà del mese.
In primavera pulendo la piccola cassapanca che sta di fianco al mio letto, e rimettendoci dentro i plaids invernali e dei foglietti antitarme, ho ritrovate un pò di magliette nuovissime fatte da me qualche anno fa. Le ho tirate fuori per sceglierne una da regalare alla nipotina di Junko. Grande è stato il mio sgomento quando ho visto che le tarme avevano fatto un grande banchetto: con due magliette avevano fatto colazione, pranzo, merenda e cena, non ne rimaneva quasi niente ed erano da buttare. Altre tre, avendo le tarme la pancia già piena erano servite come abbondantì stuzzichini. Miracolosamente un piccolo cardigan era rimaso intatto e, dopo averlo lavato, l'ho dato a Junko da portare in Svezia. Ho lavato anche le tre magliette bucate per poi aggiustarle con molta pazienza, le volevo conservare perchè mi piace l'abbinamento dei colori, amo lavorare con i colori.
I miei sentimenti nei confronti di queste tarme italiane, Carlotta e Sebastiano, non sono affatto dolci.
Non so se avevano preso la pillola o se avevano proliferato, ma con la loro ingordigia danni ne avevano fatti eccome. Vado a dare un'occhiata se da un'erboristeria troverò un antitarme efficiente. Sono anti matrimonio tarmistico.


P.S. Tutte queste magliette le avevo fatte a maglia per il mercatino della mia amica Eliane: un bazar in favore degli orfani in Africa e in Brasile. Andavano via come biscotti ma i nipotini delle signore/amiche che le acquistavano sono cresciuti e sono rimaste invendute perchè troppo piccole. Ho provveduto quindi a farle di qualche misura più grande. L'amica Lucia quando i suoi nipoti erano piccoli ne comprava tante, mi diceva che lei andava matta per questi miei lavori. 

giovedì 4 dicembre 2014

Scarpe e ancora buche

Quando il 2 novembre del 1957 sono venuta a Roma mi sono accorta che tutte, ragazze e donne, indossavano scarpe con tacchi, le scarpe basse erano tabù. Per me andava bene, mi ero abituata in Argentina alle scarpe col tacco alto e ci camminavo benissimo, con grazia. Ma fuori dal lavoro mi mettevo scarpe sportive per andare in bicicletta, per saltare la corda e per camminare lunghe distanze. Il mio primo paio di scarpe con tacchi l'ho avuto a 17 anni, comprate con il mio primo stipendio. Le usavo per andare alle festicciole e mi piacevano tantissimo. Erano di colore blu.

A Roma negli anni '50 vedevo già molti turisti in giro, i giovani americani vestivano in shorts, T-shirts, scarpe da ginnastica e calzerotti. I romani li guardavano con disgusto dicendo "come si vestono male".
Cinque mesi dopo essermi sposata ho preso la nave e poi il treno per andare a trovare i miei in Canada e sono tornata a Roma con un paio di belle scarpe basse grigie di camoscio che indossavo con una gonna grigia, un blazer grigio (olandese), calze a minuscoli quadretti rossi e verdi (canadesi) e in testa un berretto rosso. Un outfit allora inusuale per l'Italia. Un parente napoletano mi criticava: "Le straniere vestono male, le donne non devono usare scarpe basse, ma solo scarpe con tacco".
Dovendo prendere a New York la nave di ritorno sono stata per qualche giorno ospite di un cugino di Pino e di sua moglie nella Grande Mela e muovendomi con la metro per la città in un grande magazzino mi sono comprata un paio di bermuda che solo dopo diversi anni sono stati di moda in Italia. Con questo bermuda sono scesa dalla nave a Napoli dove Pino mi aspettava. Che felicità rivederci! Per non dare troppo nell'occhio ho dovuto aprire la valigia per mettermi l'impermeabile che mi aveva comprato mia madre in Canada per coprire gli shorts o, per meglio dire, le ginocchia, dato che indossavo calzettoni.
Leggendo l'intervista al regista Bernardo Bertolucci che ho inserito nel post precedente mi è venuto in mente che tante volte in passato sono rimasta incastrata con i tacchi nelle imperfezioni delle strade, rovinandoli. In Via Teulada tornando dal mercato tenendo con una mano il carrello della spesa e con l'altra un figlio, per circomnavigare una buca ho messo il piede in una crepa adiacente e ho preso una storta. In quei giorno la mia amica Olga si è storta un piede in una buca in Viale Angelico e non potendo lavorare per qualche settimana un amico avvocato le ha procurato un indennizzo dal Comune.
Adesso uso solamente scarpe basse, così è stato anche domenica scorsa quando sono andata ad un té-concerto nella bella casa dell'amica Allegra, al ghetto. Per tornare a casa ho preso un bus a Largo Argentina, davanti al teatro. Alla fermata, dove si fermano tanti bus, c'era la folla e molti erano i turisti. L'87 si faceva attendere e, mentre camminavo avanti e indietro aspettandolo, ho osservato che la pavimentazione a tegole era ben fatta. Una volta a casa, mentre mangiavo un piatto di verdure, ho sfogliato una rivista del 25 ottobre. Un articolo parlava dei balli delle debuttanti a Mosca e dei miliardari russi che vivono a trenta chilometri dalla città nelle loro ville-fortezze in una strada che sembra di periferia. Dice l'articolo: L'unica reale diferenza, a farci caso, è l'asfalto liscio, ben curato, sempre fresco di manutenzione. Una rarità assoluta per un paese dove, sin dai tempi delle trojke di Gogol, le condizioni delle strade sono un disastro assoluto. Questa strada nel quartiere per oligarchi è in effetti una specie di pista privata, liscia e senza buche.
Mosca e Roma hanno molto in comune per quel che concerne la pavimentazione.

Quando a settembre ero da Jan per un mese, prima di partire mi ha comprato un paio i scarpe da ginnastica, ormai anche qui le chiamano sneakers, e come me le sto godendo, sono comodissime e carine.  





lunedì 1 dicembre 2014

Buche e disabili: Roma Capitale bocciata

Cliccando su altri siti che parlano di buche nelle strade di Roma incontro un avvertimento scritto su un giornale straniero e diretto agli invalidi che hanno in mente di passare un periodo di vacanza a Roma: sappiate che troverete molti ostacoli. Per prima cosa ci sono le innumerevoli buche sui marciapiedi e sulle strade che impediscono il passaggio alle carrozzelle, pochi autobus sono forniti di un saliscendi e molte stazioni della metro non hanno un ascensore; se c'è una scala mobile succede spesso che sia fuori uso. Inoltre, anche se d'estate fa molto caldo, Roma è una città provvista di pochissime piscine pubbliche all'aperto. 
Il regista Bertolucci, costretto da anni su una sedia a rotelle ha realizzato, filmando in prima persona, un cortometraggio intitolato Red Shoes - Scarpette Rosse, che è un grido di dolore contro la Capitale che umilia i disabili. Bernardo Bertolucci seduto sulla sua carrozzina filma con rassegnazione e rabbia denunciando le strade devastate di Roma. Si vedono solo le punte delle sue scarpe: rosse.  La telecamera si concentra sulle ruote della carrozzina che cerca una stabilità impedita da sampietrini sconnessi, buche, tombini e rifiuti lasciati per strada. Il rumore del motore della carrozzina viene coperto dalla voce di Charles Trinet che canta "Je chante, je chante."
Dice il regista: "Lo scorso anno a Venezia il tema dei supercorti era dove va la cultura. Ed io ho voluto ricordare che la cultura finisce tra i sampietrini abbandonati di Trastevere, vergognosamente dissestati. "Io canto" dice Trenet nella sua bella canzone, in realtà verrebbe la voglia di dire "Io piango."
Racconta Bertolucci degli anni vissuti a Parigi. "Parigi è come una grande storia d'amore. Ma niente nostalgie. Roma è più bella, più struggente ma la qualità della vita è peggiore. Parlo di me, parlo di tanti come me che vivono in carrozzina. Ma parlo anche di mamme con i bimbi piccoli in braccio costrette a camminare su strade ridotte a crateri vulcanici. Ma anche di chi si appoggia ad un bastone e di chi si avventura nelle notti di Trastevere con un tacco 15. Questa è una città segnata come unfriendly per i portatori di handicap. Lo sanno tutti, tranne il Comune. Ma non mi meraviglio, fa parte della nostra cultura, non siamo storicamente attenti al mondo di chi non è autosufficiente."
Nelle rampe laterali della bellissima Via Garibaldi si contano 3.254 sampietrini mancanti, 6 buche, 25 tombini saltati e 10 rattoppi di asfalto. E' Trastevere ma potrebbe essere un quartiere di qualsiasi altra città italiana.
Tanti altri personaggi in vista si esprimono con sdegno sull'abbandono in cui versa la pavimentazione italica. Sorge spontanea una domanda: ma gli introiti derivati dalle multe, somme enormi, dove vanno a finire? E quelli ricavati dal Contributo di Soggiorno imposto ai turisti che affollano la città  in tutti i mesi dell'anno? Questo contributo è entrato in vigore dal 1° gennaio 2011 ed è richiesto a chi soggiorna nelle strutture ricettive presenti sul territorio della città Roma Capitale, con la sola eccezione degli ostelli. Tutte queste entrate non erano destinate alla manutenzione delle strade? E allora che fine fanno?"
Altre osservazioni su Internet: "Ho viaggiato sulle strade dell'Europa del nord, mai visto nulla di simile."  "All'estero, nei paesi d'oltralpe, assai più colpiti dal maltempo non ho mai visto buche del genere nelle città e sulle autostrade. Verranno utilizzati materiali più costosi e di miglior qualità dei nostri."  "Qui in Inghilterra in quanto a neve, ghiaccio, sale e acqua piovana non ci batte nessuno. Resta da capire quali miracolosi materiali usano qui, come anche in Spagna e in Francia." "Mai visti in Germania i crateri che ci sono in Italia". "Perchè gli italiani non vanno a studiare all'estero come costruire una strada?".


Trastevere





New York


New York 




Roma



Roma






Roma