martedì 27 novembre 2012

In albergo


Poi con i miei amici ci siami stabiliti per i mesi invernali in un piccolo albergo a Via dei Riari. Quest'albergo d'inverno aveva pochi clienti e il propietario ci offriva ospitalità fino alla primavera ad un prezzo molto ridotto. In primavera sarebbero arrivati gruppi di turisti.  L'alberghetto era carino e semplice. La strada bella e poco frequentata. Le spese si facevano a Campo dè Fiori, attraversando il ponte. Il propietario aveva una cagnolina: Diana, lei ed io ci siamo prese a benvolere. Stava sempre con me e un giorno a sorpresa ha partorito nella mia stanza quattro cucciolotti, quattro femmine. Sapevo che per loro queste settimane con me sarebbero state sicuramente le più felici della loro vita perchè la nostra permanenza in questo albergo sarebbe stata breve e il cuoco le aveva già destinate ad amici suoi. Quando, sulla terrazza in cima  all'albergo scrivevo una lettera ai miei, la cagnolina Diana con i suoi cuccioli  Black One, Second One, Fat One e Small One giocavano vicino a me. Erano carini, gentili e fiduciosi. Il cuore mi faceva male quando pensavo al loro futuro. Secondo il mio amico Bob gli italiani vogliono bene ai loro pets finchè sono piccoli, dopo in genere non li sopportano più. Mi auguravo che il destino avesse per questi piccoli tesori solo cose buone in serbo. Bob era olandese di Haarlem e a nostra sorpresa scoprimmo che abitava come me nella Frans Halsstraat. Poi si è sposato con una ragazza australiana con la quale è andato a vivere in Australia.
Un giorno nella sala da pranzo era seduta a un tavolo una giovane coppia con il loro bambino. Parlavano a bassa voce. Ad un tratto lui si è levato la fede dal dito e l'ha porta a lei. Lo sgomento sulla faccia di lei, le sue lacrime, me lo ricordo ancora. Il bambino non si accorgeva di nulla, continuava a mangiare.
La primavera bussava alla porta portando con se tempo mite e la rinascita della natura. Un giorno di sole e aria fresca mi ritrovo su un lago nelle vicinanze di Roma con un'altra ragazza e due ragazzi. Formavamo due coppie e indossavamo vestiti estivi. Eravamo seduti in una barca e un fotografo scattava foto romantiche che sarebbero servite per farne cartoline. Il suo aiutante teneva sulle nostre teste un grande ramo di mimosa. 


venerdì 23 novembre 2012

1957, il mio arrivo in Italia


In un'intervista Philip Roth dice: "Abbiamo solo la fortuna o la sfortuna di fare certi incontri che possono rivelarsi buoni o cattivi." Ed è vero che il destino di ognuno di noi dipende sempre da incontri, casuali o voluti, che possono dare una svolta alle vie della tua vita. Lasciando il Canada, sulla nave verso Amsterdam ho conosciuto Bert e Steni. Attraverso Steni ho trovato un impiego molto buono all'Aia e tramite la corrispondenza con Bert che viveva a Roma mi è venuto il desiderio di vedere questa città con i miei occhi e di trasferirmici per un pò.
E così, dopo un anno in Olanda, il 2 novembre del 1957 sono arrivata in Italia. Per un breve periodo ho vissuto in una stanza in affitto a Piazza Santa Maria in Trastevere. Sentivo scrosciare dolcemente l'acqua della fontana in mezzo alla bella e tranquilla piazza con la vista sull'antica chiesa. Un suono gradevole. Roma allora era molto ma molto più tranquilla di adesso; era più romantica e in molti quartieri ci si sentiva come in un grande paese. A Trastevere vedevo sedute su una sedia davanti al loro portone delle donne che vendevano sigarette: una alla volta! Per le strade si sentiva odore di ragù, di sera le stradette erano scarsamente illuminate. C'era poca vita mondana. C'erano botteghe di artigiani e trattorie casarecce dove si mangiava per pochi soldi. C'era anche l'E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza) e là il cibo, semplice al massimo, era a prezzo incredibilmente irrisorio.  I locali dell'E.C.A. erano sparsi per la città ed erano per coloro che avevano pochi soldi a disposizione, perciò ci si vedevano i poveri ma anche impiegati d'ufficio e giovani come me ed i miei nuovi amici. Peccato che questa istituzione all'improvviso sia sparita, scomparsa per sempre, mentre adesso con  gli innumerevoli mendicanti e senzatetto sarebbe utilissima. In una trattoria frequentata per lo più da spazzini e prostitute anche là il pranzo era buono, molto economico e anche abbondante tanto che non riuscivo a finire il piatto di gnocchi servitomi. In una piazzetta c'era un piccolo ristorante dove di sera arrivavano macchine che scaricavano attori ed attrici. Voci gaie e molta luce.
Io affrontavo per la terza volta una vita ed una lingua nuove. Assorbivo con piacere l'atmosfera del mio nuovo mondo. I colori e gli odori e la gente. Mi godevo il sole. Dopo cinque anni in Argentina sapevo ancora lo spagnolo (che adesso ho del tutto dimenticato) e subito me la cavavo abbastanza bene con l'italiano. L'italiano lo paragonavo alla cannella, lo spagnolo al pepe.
Bert ed i suoi amici che sono diventati anche miei amici mi davano consigli. Ho cominciato a prendere autobus e ad orientarmi, incontrando una mentalità alla quale non ero abituata. A Via Veneto ho sfilato per un negozio di pellicce, ingaggiata insieme ad altre modelle. Uscivamo dal negozio con indosso una pelliccia e la gente che passava, incuriosita nel vedere all'improvviso tante belle ragazze impellicciate,  si fermava a guardare e frattanto i fotografi scattavano. Altri lavori simili si susseguivano.  E tutti stiracchiavano sul compenso, pagavano il meno possibile. I miei amici erano già abituati a queste usanze, per me era una novità antipatica. Ma non mi scoraggiavo.



venerdì 16 novembre 2012

Via Ruggero Bonghi

Portavo a spasso la cagnolina Seila che, sola con me a casa, mi aveva fatto intendere con piccoli gemiti che le premeva di uscire e così siamo andate insieme a fare qualche spesa finendo poi nel Parco del Colle Oppio. Ho visto che il bougainvillea aveva nuovi fiori accanto a quelli sfioriti. Turisti che fotografavano il Colosseo. Di mattina c'è meno gente seduta sulle panchine. Il tempo era bellissimo anche se l'aria era un pò più fresca. Siamo fortunati qui a Roma di poterci godere il sole così spesso. Sulla strada per tornare a casa siamo passate per Via Ruggero Bonghi e ho guardato la casa dove abitavo prima di sposarmi, al numero 27. Il caso vuole che il numero 27 sia stato diverse volte presente nella mia vita. Nella casa precedente il numero civico era 27, io mi sono sposata a 27 anni e Pino era del 1927, il compleanno di mio padre era il 27 agosto e Pino è morto il 27 agosto.
Passo spesso per questa casa e guardando in sù al quarto piano affiorara qualche lieve ricordo. Forse dovuto anche all'aria novembrina oggi il ricordo aveva appena un tocco di nostalgia. Parole di Concita De Gregorio: "Inizio autunno a Roma vuol dire tepore e allegra melanconia." 
Erano tempi belli allora ma anche difficili. Superabili perchè eravamo giovani. Come me anche i  miei amici americani con i quali dividevo l'appartamento non hanno mai voluto chiedere aiuto ai familiari, cavandocela da soli, sostenendoci. Per un certo periodo Mike e Bert hanno frequentato l'università con una borsa di studio per ex combattenti della guerra in Corea, Shirley l'Accademia di Belle Arti, Nina non mi ricordo che facesse. Facevano diversi lavori per mantenersi e poi hanno trovato la loro strada. Bert è diventato un grande yacht photographer, Mike, che da 4 anni non c'è più, uno dei maestri del suono del cinema italiano. Shirley lavorava all'Ansa. Io nei tre paesi dove avevo vissuto lavoravo in ufficio. Mi avevano sempre detto: "Tu dovresti fare la modella." Qui non sapendo la lingua ho pensato di provarci, mi andava di fare una cosa nuova e mi sono data da fare. Bert che aveva la passione della fotografia e scattava foto di ragazze e paesaggi ha inquadrato anche me, alcune delle foto sono state prese sul bel terrazzo della casa con l'aiuto di Mike che teneva alzato un telo bianco, altre nel parco del Colle Oppio e a Villa Borghese. In questo modo avevo un book da mostrare.

Colle Oppio


Villa Borghese




Sul terrazzo


mercoledì 7 novembre 2012

Statua della Libertà e ricordi

29 Settembre 2012

Quando a settembre stavo da Jan a New York, un giorno siamo andati al Dumbo Art Festival a Brooklyn. Abbiamo camminato lungo il fiume. C'era il bellissimo spettacolo di Manhattan dall'altra parte dell'East River e in lontananza la Statua della Libertà.
Ci siamo ricordati le due volte che siamo arrivati a New York con la nave, passando vicino alla Statua della Libertà, entrando nell'Hudson River. La prima volta, era il 13 giugno del 1965, Jan era troppo piccolo per ricordarsi qualcosa. David aveva 4 anni e mezzo. Io vedo nel mio diario che Pino era entusiasta quando lasciammo il mare per entrare nel fiume: la Statua, i grattacieli, l'emozione di entrare in un altro mondo.
La seconda volta era il 29 luglio del 1970. Sigrid aveva 22 mesi, Jan 6 anni, David 9 anni. Quando la nave alle 4.30 di mattina è entrata nel fiume Hudson siamo saliti tutti quanti in coperta. Pino è andato a prendere pizza calda per i bambini. E tutti noi a guardare come entravamo nel porto di New York. Faceva un caldo bestiale. David e Jan se lo ricordano ancora. Come la prima volta abbiamo aspettato, vagabondando per New York, il treno diretto in Canada per andare dai miei.
Mi ricordo anche la volta che io con i miei genitori ed i miei due fratelli abbiamo lasciato l'Argentina per trasferirci in Canada. Era il 1955. Da Buenos Aires a New York abbiamo viaggiato su una nave da carico. Un'emozione anche allora l'approccio con New York. E aspettando il treno per il Canada abbiamo assaggiato la Grande Mela. Sono piuttosto vaghi i miei ricordi e  ho perduto i diari di quei tempi, ma ricordo che mio padre ci ha introdotto in un locale dove suonavano jazz, musica nuova per le nostre orecchie ormai abituate ai tangos argentini. Per strada c'erano ragazze molto belle, slanciate ed eleganti. Pensavo che a Buenos Aires fossero eleganti ma qui le superavano.
Siamo tutti pieni di ricordi. Ognuno di noi è diverso non soltanto per l'aspetto esteriore ma anche per i ricordi che ospita nel cervello. A volte penso, vedendo per strada tante persone che camminano davanti a me: "Involucri pieni di pensieri, gioie, preoccupazioni, dubbi, certezze, speranze, rassegnazioni. E ricordi." Più viviamo più ci riempiamo di ricordi. E c'è posto per loro. Ma è vero anche che molte cose sbiadiscono o ci sfuggono e questo fa sì che ci sia di nuovo un vuoto da riempire. Ricordi, ricordi: sorrisi, melanconie. Ricordi da cancellare, da ricordare.
Belle le parole del giornalista Giacomo Papi in un suo articolo: "Il passato ci gonfia, e ci abita, ci esiste in segreto davanti, senza mai rivelarci che siamo già avvenuti."
Il poeta giapponese Junichiro Kawasaki dice: "Il presente è una scorreggia del passato che si disperde nel futuro."
 
 

lunedì 5 novembre 2012

Visita non gradita di Sandy

Ci sono amici che mi chiamano per sentire come stanno Jan e Jennifer dopo l'uragano Sandy che ha tormentato New York lunedì scorso, il 29 ottobre. David ed io siamo in contatto con Jan attraverso telefono e computer e ci tranquillizza. Loro due stanno lontano dalla costa e da corsi d'acqua e di questa tempesta furiosa hanno sofferto minimamente. Mi scrive Jan il giovedì:  "Ciao mamma, qui tutto o.k., noi ad Harlem abbiamo sofferto pochissimo, mentre dalla 34a Strada in giù è tutto chiuso, senza elettricità, tanti senza acqua nè telefono, un bel casino. Ieri ho fatto un giro a piedi nel Village ed era spettrale, nessuno in giro, tutto buio. Anche Dumbo ha sofferto come vedi dalla foto incredibile della giostra. L'acqua nella piazza dove siamo stati per l'Art Festival arrivava fino al petto e sono rimasti i segni della marea sulle mura dei palazzi, quasi tutti senza elettricità, anche il mio ufficio, dove sono entrato solo grazie ad una torcia elettrica. Lavoro bloccato quindi, c'è poco da fare a parte attendere che le cose migliorino. Ci sentiamo presto, un bacio."
L'ufficio di Jan si trova a Brooklyn vicino al Manhattan Bridge e il quartiere DUMBO era tutto allagato. L'uragano Sandy ha spinto l'acqua di mare nei tunnel e molte metropolitane sono rimaste inondate. (costringendo migliaia di ratti ad uscire all'aperto).
Molte persone delle zone basse di New York sono state costrette ad evacuare. Sono stati aperti 72 rifugi ed anche i pets erano benvenuti.
Il ciclone si è sviluppato da un'onda tropicale allungata nel Mar dei Caraibi Occidentale il 22 ottobre. Dopo aver colpito la Giamaica, Cuba, Bahamas, Haiti e la Repubblica Domenicana ha raggiunto New York City la sera del 29 ottobre. A Lower Manhattan e in altre aree della città numerose strade e tunnel sono allagati. L'oceano ha sommerso interi quartieri con un metro e mezzo di acqua, come anche le piste dell'aeroporto Kennedy e quelle del La Guardia. Grazie alle pompe messe da subito in funzione i trasporti metropolitani potrebbero ripartire in breve tempo, anche se limitato per alcuni giorni. Ma New York aspetta ancora giorni e notti difficili.
Jennifer mi ha fatto sapere che si ritiene fortunata perchè la sua casa si trova sulla costa Sud della Giamaica e Sandy ha fatto danni solo nella parte Nord dell'isola.

Carousel (giostra) semi sommerso
 


L'uragano Sandy
Il tunnel sotto l'East River si riempie di acqua
Giamaica

L'acqua che invade un tunnel